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Di Saverio Scarpino

L’innovazione tecnologica è sinonimo di progresso, e questo vale in tutti i settori. Infatti, le aziende che investono nella ricerca scientifica, e in modo particolare sull’innovazione tecnologica, riescono più delle altre a ottenere importanti risultati, sia economici sia di immagine. Questo significa che con prodotti o servizi innovativi si possono creare concreti presupposti per una più ampia soddisfazione dei bisogni dei consumatori. Negli ultimi decenni, grazie alle nuove tecnologie, la nostra vita quotidiana è molto cambiata. Stiamo godendo di privilegi e opportunità che le generazioni del passato potevano soltanto sognare. Nel settore agroalimentare, per esempio, le tecnologie avanzate consentono oggi un’agricoltura di precisione, per una gestione più efficiente delle risorse e quindi una maggiore produzione. Analogamente agiscono le biotecnologie agricole, che aumentano la resistenza delle piante contro l’attacco degli insetti o delle condizioni ambientali avverse. Il risultato dell’impiego delle biotecnologie nel settore agricolo è direttamente misurabile con il miglioramento delle rese e la migliore qualità delle colture. Nell’ambito degli allevamenti di animali la tecnologia di precisione consente di monitorare la salute e il benessere degli animali, riducendo cosi la necessità della somministrazione di antibiotici, mentre per assicurare la tracciabilità alimentare viene in aiuto la tecnologia blockchain, che attraverso la gestione delle banche dati aumenta la trasparenza dei processi produttivi e la sicurezza dei prodotti. Tra le ultime innovazioni introdotte nell’agroalimentare c’è la robotica agricola che permette l’esecuzione di colture complesse, il relativo monitoraggio e lo sviluppo di nuove frontiere per un’alimentazione addirittura alternativa. In tutto il mondo i più grandi gruppi di ricerca scientifica stanno conducendo studi mirati per scoprire nuove fonti di proteine per l’alimentazione umana, come insetti, piante e carne coltivati in laboratorio. Queste sono alcune delle numerose innovazioni che hanno trasformato il settore agroalimentare negli ultimi decenni. La ricerca scientifica è in continua evoluzione e l’innovazione giocherà un ruolo cruciale nei prossimi anni, perché dovrà assicurare più efficienza, più sostenibilità e più sicurezza nella produzione alimentare destinata ai quasi otto miliardi di persone che fra non molto popoleranno il nostro pianeta.

Tuttavia, come l’esperienza ci ha dimostrato, i cambiamenti non sono stati sempre accolti con unicità di vedute, anzi, spesso si sono formate forti contrapposizioni tra i sostenitori delle idee innovative e i suoi detrattori. Umberto Eco, già qualche anno fa, osservando le reazioni sollevate dall’avvento dei nuovi media, individuava e categorizzava due posizioni estreme: i catastrofisti, cioè coloro che tendono a percepire i cambiamenti come una minaccia o come un’apocalisse imminente, e gli integrati, coloro che accettano e abbracciano i cambiamenti sociali, culturali e tecnologici come inevitabili e positivi. In effetti non esiste a priori una prospettiva dominante. Di volta in volta si formano fronti contrapposti, e quasi sempre purtroppo, in forma manichea a sostegno di un’unica visione, se non addirittura di un’unica prospettiva di futuro possibile. In questi giorni si fa un gran parlare, e forse anche giustamente, della produzione di cibo artificiale e ci si chiede dove porterà la strada appena imboccata dalla Food and Drug Administration americana, che lo scorso novembre ha dato il primo via libera all’iter approvativo per lo sviluppo, produzione e commercializzazione della carne prodotta in laboratorio. Viene subito da chiedersi come si comporterà l’Europa, e quale potrà essere la reazione degli Stati membri a questa decisione. Il Governo italiano, secondo quanto pubblicamente manifestato dal Ministro dell’Agricoltura e della Sovranità Alimentare e delle Foreste Francesco Lollobrigida, è indirizzato a promuovere in via legislativa provvedimenti per vietare nel nostro Paese sia la produzione sia l’uso di cibo artificiale, nello stesso tempo però consentendo la ricerca scientifica in questo campo. Analoga posizione hanno assunto alcune associazioni dell’agroalimentare o dei consumatori perché considerano il cibo artificiale una minaccia per l’agricoltura, per la tutela della biodiversità e per la salute. Certamente l’impatto di decisioni così importanti sulla nostra vita quotidiana non può essere valutato in un arco temporale ristretto, e nemmeno i benefici che potrebbero averne molte comunità, se non a breve, ma a medio e lungo termine. Questo genere di innovazioni, apporteranno cambiamenti di grande portata e marcheranno un passaggio epocale che sicuramente condizionerà, sia nel bene che nel male, il nostro futuro e quello delle prossime generazioni.

Il cibo artificiale quindi potrebbe arrivare sulle nostre tavole e modificare le nostre abitudini alimentari. Che sia solo una possibilità questo non importa, ma ciò che è certo è che la battaglia tra i catastrofisti e gli integrati è già iniziata.

Nella convinzione dei catastrofisti, la produzione di cibo artificiale potrebbe mettere a rischio la sopravvivenza di molti agricoltori, addirittura di intere comunità rurali. Il costo di produzione previsto, sebbene sia oggi significativamente più alto rispetto a quello della produzione di cibo tradizionale, produrrebbe un impatto sociale molto elevato a causa di una prevedibile riduzione della domanda dei prodotti agricoli attuali. Inoltre, il valore nutrizionale degli alimenti che oggi portiamo a tavola può rappresentare una sfida difficilissima da superare specialmente se pensiamo anche all’aspetto visivo, al profumo e al sapore degli alimenti. Per non parlare poi dei problemi etici o degli interrogativi che il cibo artificiale solleva sulla sicurezza e la salute umana, mentre la produzione di cibo tradizionale segue processi più naturali come la crescita delle piante e l’allevamento degli animali, che la maggior parte dei consumatori considera più autentici e salutari. L’agricoltura tradizionale consente una maggiore diversità alimentare con una vasta gamma di colture, contribuendo così alla sostenibilità dei sistemi agricoli, al mantenimento del legame con la terra, alla coesione e all’identità delle comunità locali.

Gli integrati invece, cioè i favorevoli al cibo artificiale, sottolineano almeno tre buoni motivi per il prosieguo dello sviluppo della tecnologia per la produzione dei cibi artificiali: in primis combattere la scarsità di cibo, poi, contribuire a combattere il cambiamento climatico con minore produzione di co2, e non ultimo per importanza, migliorare la sicurezza alimentare. Secondo alcuni studi, la produzione del cibo di laboratorio richiederebbe meno terreno, meno acqua e meno risorse rispetto all’agricoltura tradizionale. La produzione di cibo artificiale contribuirebbe, di fatto, alla riduzione dell’impatto ambientale complessivo del settore alimentare: si otterrebbe una resa più elevata rispetto all’agricoltura tradizionale e si ridurrebbe lo spreco di importanti risorse come l’acqua e l’energia. Ancora tra i vantaggi del cibo prodotto artificialmente, secondo i fautori di questa nuova tecnologia, ci sarebbe anche il miglioramento della sicurezza alimentare perché l’attività produttiva, avvenendo in ambiente controllato, porterebbe minor rischio di contaminazione degli alimenti da agenti patogeni e pesticidi.

In conclusione mi sembra utile considerare che la produzione di cibo artificiale e la produzione di cibo tradizionale non sono necessariamente esclusive l’una dell’altra. Entrambe le metodologie potrebbero coesistere e contribuire a consolidare un sistema alimentare globale più sostenibile e sicuro, a seconda delle esigenze e delle circostanze specifiche.

La popolazione mondiale a breve supererà gli otto miliardi di persone e il fattore demografico condizionerà gran parte delle attività umane. Per questo motivo non possiamo pensare che la produzione di cibo artificiale sia spinta soltanto da mera speculazione economica ma certamente anche da esigenze e problematiche che dovremmo assolutamente, e per tempo, affrontare e superare. Per raggiungere questi importanti obiettivi c’è soltanto una via: il dialogo. I catastrofisti e gli integrati dovranno trovare un punto di convergenza sul fatto che nessuna tecnologia dovrebbe esclude le altre. Il nostro futuro lo costruiremo giorno per giorno, e sarà fortemente condizionato dalle scelte che sapremo fare.

Saverio Scarpino – Presidente Nazionale ASA

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Saverio Scarpino
Giornalista Pubblicista dal 2004. Si immerge nelle sfide della comunicazione passando dal mondo pubblicitario a quello della qualità del prodotto. Dopo aver conseguito la laurea in Scienze della Comunicazione presso l’Università di Perugia coltiva la sua passione per la narrazione del Settore Agroalimentare: palcoscenico perfetto per approfondire la conoscenza dell’enogastronomia ed esplorare i segreti dei sapori e delle tradizioni dei territori italiani. Ha operato sulle pagine del magazine “Il Sommelier” Fisar, trasmettendo la bellezza, l’evoluzione e la complessità del mondo del vino, e per diversi anni ha condiviso la sua conoscenza con gli aspiranti sommelier illustrando loro, attraverso l’analisi sensoriale, le peculiarità del mondo della viticoltura italiana e internazionale. La sua dedizione lo ha portato a diventare membro del Direttivo di ASA (Associazione Stampa Agroalimentare Italiana), culminando a Presidente Nazionale nel 2022.