In attesa dell’approvazione da parte del Comitato Vini dell’Asti Rosé – «progetto in itinere che deve affrontare il duplice step fondamentale, di ordine burocratico e tecnico-produttivo per cui è già stata avviata una sperimentazione», come riferisce il presidente Lorenzo Barbero – il Consorzio Asti Docg archivia un 2023 complicato per i vini italiani e in chiaroscuro anche per la denominazione piemontese regina delle bollicine aromatiche. Il focus sui fondamentali della Docg – vendemmia, produzione, export – e sui piani futuri – a partire proprio dal progetto della versione rosè che unisce due vitigni aromatici come il bianco Moscato e il rosso Brachetto, unicum nel suo genere in Italia – sono stati diffusi dall’ente in mattinata.
Oltre 90 milioni di bottiglie di Asti Docg nel 2023 L’Asti Docg saluta il 2023 superando quota 90 milioni di bottiglie prodotte (-11,8% sul 2022), con l’imbottigliato di Asti Spumante che sfiora il tetto di 61 milioni di pezzi mentre il Moscato d’Asti si ferma appena sotto i 30 milioni (29,3). La denominazione piemontese, pur registrando un calo di volumi rispetto allo scorso anno, si conferma comunque in equilibrio con valori in linea con la media produttiva degli ultimi dieci anni (2014-2023). In crescita l’Asti Spumante di quasi il 6% rispetto alla media dell’ultimo decennio (57,5 milioni di bottiglie) mentre sconta invece un calo in parte fisiologico il Moscato d’Asti (-12,6%) che paga un eccesso di stock dopo l’exploit del triennio 2020-2022, da record per la tipologia.
L’export dei primi 10 mesi Supera la soglia dei 138 milioni di euro l’export di Asti Spumante nei primi dieci mesi del 2023, in crescita del 5,2% rispetto al pari periodo 2022. La principale area di sbocco – secondo le elaborazioni del Consorzio Asti Docg su base Istat – si conferma l’Europa Orientale che rappresenta, a valore, oltre il 40% del totale delle esportazioni (con Russia e Lettonia che da sole occupano oltre un quarto del mercato complessivo) seguita dall’Europa Occidentale che incide per il 30% e Nord America appena sotto il 15%. A chiudere il risiko dell’export, l’Asia e l’Australia con un’incidenza di poco superiore al 5% e il Sud America con il 3,3%.
Export 2023 vs 2019: cosa cambia per l’Asti Spumante Dal pre-Covid (2019) a oggi le esportazioni a valore dell’Asti Spumante nel mondo sono aumentate di oltre il 33% spostandosi sempre più ad Est e nel Vecchio Continente con l’Europa Orientale che nei primi dieci mesi 2023 cresce del 63%, quasi il doppio rispetto alla crescita complessiva sul pari periodo 2019. Tra gli incrementi principali, quelli di Russia e Lettonia (quest’ultimo hub verso Mosca), +43%, e Polonia, +100%. Luce verde anche per l’Europa Occidentale che registra un aumento del 32% grazie soprattutto alle performance rilevanti di Regno Unito (+76%), Belgio (+142%) e Austria (+97%).
Exploit del Sud America che segnala una crescita di circa il 44% dove sovraperformano Messico (+54,5%) e Perù (+93%); resta in terreno positivo anche il Nord America (+1,5%) nonostante il calo fatto registrare dagli Stati Uniti (-8%), uno dei mercati consolidati per la denominazione. In contrazione invece l’area asiatica e australiana che cedono più del 14%, con la significativa decrescita di una delle piazze di riferimento come quella giapponese (-16%).
La vendemmia 2023 dell’Asti Sono oltre 838 mila i quintali di uve Moscato bianco raccolti nel 2023, per un potenziale produttivo di 83 milioni di bottiglie. A questi si aggiungono i quasi ottomila quintali destinati alla produzione del Canelli Docg – lo scorso anno alla sua prima raccolta – per un corrispettivo potenziale di 785 mila bottiglie da 0,75 litri. È questo il consuntivo della vendemmia 2023 dell’Asti Docg, secondo le elaborazioni dell’omonimo consorzio di tutela su base SIAN. E se dal punto di vista qualitativo le uve si attestano in ottimo stato fitosanitario, sul fronte quantitativo si registra un calo del 10,8% rispetto al 2022.
«Una riduzione del raccolto, quella del 2023 – spiega il Consorzio di tutela presieduto da Lorenzo Barbero – dovuta ad un anno complesso dal punto vista meteorologico caratterizzato da periodi di caldo estremo e siccità prolungata alternati a fenomeni avversi come le grandinate di luglio e agosto che hanno colpito, seppur marginalmente, la denominazione piemontese. A questi ha fatto seguito anche un’estate settembrina con sole e caldo sopra la media che ha sì influito in maniera positiva sulla qualità delle uve ma ha contribuito ad un alleggerimento dei frutti sulla pianta”.
Fonte Italia a Tavola