Sono il risultato del progetto europeo PRIMA Fedkito coordinato dall’Università di Pisa; sperimentata anche l’aggiunta di biosensori per controllare la presenza di contaminanti
In spray, liquido, pellicola o in vaschette ecco gli eco-imballaggi a base di chitosano ricavato dall’esoscheletro di insetti come la mosca soldato nera. L’innovazione per ridurre l’uso della plastica nel packaging arriva dal progetto europeo PRIMA Fedkito appena giunto a conclusione e coordinato dalla professoressa Barbara Conti del dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali dell’Università di Pisa.
“Il chitosano è una sostanza del tutto naturale e biodegradabile che ha molteplici usi in agricoltura biologica e nell’industria cosmetica, farmacologica, medica, veterinaria e tessile – spiega Barbara Conti – Generalmente si ricava dall’esoscheletro di crostacei o dalle pareti cellulari dei funghi, ma anche da insetti. Seguendo un criterio di economia circolare noi per produrlo abbiamo utilizzato le pupe di Hermetia illucens (Diptera Stratiomyidae), conosciuta anche come mosca soldato nera, allevata su scarti organici della filiera alimentare”.
In generale, gli imballaggi messi a punto sono stati pensati a seconda delle caratteristiche dei cibi. Si va dalla pellicola alle vaschette sino allo spray per proteggere frutta, verdura, carne formaggi e prosciutti in stagionatura.
Per potenziare gli effetti protettivi del chitosano, i ricercatori hanno inoltre sperimentato l’aggiunta di oli essenziali che già da soli hanno proprietà insetticide e fungicide. Il risultato sono stati imballaggi aromatizzati in modo diverso, con un valore aggiunto dal punto di vista sensoriale, come ad esempio uno spray al chitosano e pepe nero per esaltare le caratteristiche organolettiche e l’aspetto brillante e fresco di piccoli hamburger.
Un ulteriore passo avanti della sperimentazione è stata la produzione di imballaggi non solo sostenibili ma intelligenti. L’unità di ricerca dell’Università di Bologna diretta dalla professoressa Elisa Michelini ha infatti messo a punto dei biosensori di nuova generazione, economici e molto semplici da usare, da applicare sulle confezioni in chitosano per monitorare la presenza e la quantità di contaminanti, batteri, micotossine, ma anche la qualità del cibo confezionato.
Oltre all’Università di Pisa, il consorzio del progetto Fedkito comprende le Università di Bologna, Hassan II di Casablanca in Marocco, Tessaglia in Grecia, la Sorbona e il Centre Technique Industriel de la Plasturgie et des Composites per la Francia, il Centro di Biotecnologia di Borj Cedria in Tunisia e, come partner aziendali due italiane, Gusto parmigiano e Azienda Agricola Salvadori Furio.