L’acqua, elemento di vita e alimento liquido per eccellenza! La Regione Campania è sempre stata famosa per le sue acque. Basti pensare alle sorgenti dell’acqua Lete e Ferrarelle in provincia di Caserta e l’Acetosella di Castellammare tanto per fare qualche nome e luogo, ma se qualcuno ci parla ancora oggi dell’acqua “Suffregna”(sulfurea in italiano) di Napoli immediatamente pensiamo al borgo di Santa Lucia e alle calde estati del lungomare partenopeo.
L’acqua sulfurea di Santa Lucia era una delle bevande preferite dei napoletani e divenne per lungo tempo la principale fonte di sostentamento per gli abitanti del borgo e delle zone circostanti che si attrezzavano con banchetti e recipienti per guadagnarsi la giornata.
Chioschi addobbati con grappoli di limoni, arance, blocchi di ghiaccio e altri attrezzi riuscivano a preservare intatte le proprietà e la freschezza di quest’acqua sempre frizzante che di solito veniva servita con un pizzico di bicarbonato e una spremuta di limone per renderla ancora più gustosa. Gli acquaiuoli divennero dei veri e propri mestieranti e figure immancabili in una città che percorrevano in lungo e in largo con i loro carrettini dove caricavano le cosiddette “mummare”, dei grandi vasi in creta con due manici dove l’acqua manteneva la sua fresca temperatura anche nelle giornate più torride.
La storia ci dice che con l’unità d’Italia e le nuove leggi che classificarono l’acqua come risorsa da dare in concessione a privati per fini economici, il popolo venne allontanato dalla sua acqua preferita e gli alberghi che venivano edificati sul lungomare ottennero le licenze per sfruttarla a fini turistico termali. Sparì cosi un intero piccolo mondo economico, l’acqua ferrata e le sue sorgenti, malgrado le proteste del popolo per contrastarne la chiusura. La possibilità di un possibile contagio di colera nell’estate del 1973 fece desistere la popolazione dalle sue rimostranze e l’accesso alla grotta, attraverso l’unico suolo di proprietà pubblica fu negato, la sorgente manomessa e il luogo dimenticato.
A distanza di 50 anni, la falda è stata ritrovata e irregimentata con i tubi, grazie al progetto di recupero portato avanti da Abc, Azienda speciale dell’acqua pubblica del Comune di Napoli e da vari comitati civici. Ritrovata dopo 4 anni di ricerche e studi in collaborazione con vari Enti, questa fonte insieme ad altre sarà oggetto di domanda di riconoscimento Unesco delle antiche acque sorgive di Napoli. Esistono analisi chimico fisiche e batteriologiche che attestano che questa storica acqua non solo è pura, potabile e dalle proprietà organolettiche molto positive, ma che è indicata per le patologie gastrointestinali, epatiche e per l’anemia Mediterranea essendo ricca di ferro. Nei trattati dell’ottocento veniva descritta come una “sorgente di acqua bicarbonata di abbondante portata, frizzante con alte percentuali di ferro, sgorgante a 16 gradi Celsius, limpida di odore pungente, di sapore ferrigno che riesce ricostituente e tonica”. Restituire ai napoletani questo autentico pezzo di storia e farne assaporare di nuovo il sapore antico è certamente un operazione non solo pregevole dal punto di vista culturale e sociale, ma può rivelarsi soprattutto una grande iniziativa commerciale e turistica, alimentando un indotto che il tempo e le vicende sociali avevano cancellato dalla memoria della Città.
La referenza campana dell’Associazione Stampa Agroalimentare sarà attivamente impegnata a dare notizia degli sviluppi di questa straordinaria iniziativa, per tutti coloro che vorranno provare questa esperienza immersiva nel gusto e nel sapore antico di una Città che riserva sempre sorprese.