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Per il mondo contadino l’11 di novembre era un giorno importante, si stilavano i bilanci dell’annata e venivano rinnovati i contratti agrari. Veniva così celebrato con banchetti e grandi bevute, in un’atmosfera festosa. Eco di antichi culti agrari, questa data, in Sicilia, è un’occasione ancor oggi di ritrovo in cui si brinda stappando il vino novello. Molte sono le cantine che aprono le loro porte per le degustazioni ed una passeggiata fra i vigneti A tavola però trionfa il maiale, che da nord a sud è considerato l’ingrediente di base della cucina tradizionale contadina. Immancabile nelle tavole delle osterie non disdegna quelle più raffinate dei ristoranti stellati dove tutte le sue parti vengono interpretate in modo originale. In realtà sono due i periodi dell’anno in cui esso viene maggiormente esaltato in cucina: le due settimane che si separano dal Carnevale e nei giorni vicini alla festa di San Martino.

“Un proverbio siciliano – ci racconta Gianni Giardina, uno dei più noti macellai siciliani- recita a San Martino s’ammazza lu porcu e si sazza lu vinu. Un proverbio che ci riporta soprattutto nel passato a quando, in occasione di questa ricorrenza, in molte famiglie siciliane ricominciava la macellazione del maiale per farne prosciutti, salami e salsicce da spruzzare di vino novello appena spillato durante la cottura. Una tradizione viva ancora in alcuni centri della Sicilia, soprattutto dell’entroterra. Facciamo tesoro della nostra tradizione gastronomica! Che ben vengano a tavola i piatti gustosi a base di maiale – aggiunge Giardina, noto in Sicilia come il macellaio con la coppola -, dal ragù alla cotenna al sugo, buonissimi poi i piedi di maiale con i ceci, così come la semplice e succulenta pancetta al forno impiegando la pancia del suino, da accompagnare con patate o verdure miste”.

Ma San Martino porta con sé anche tante dolcezze come i biscotti di San Martino. Nel palermitano si mangia u viscottu di San Martino abbagnatu, biscotti rotondi aromatizzati con semi d’anice da gustare inzuppandoli nel vino moscato: era la classica merenda dell’11 novembre dei nobili palermitani. A Palermo, dove la tradizione dolciaria barocca è ancora molto viva, questi biscotti vengono impreziositi da un velo di glassa decorata e farciti dentro con una confettura di cedro. Esiste infine un’altra versione di questi biscotti, resi ancora più gustosi da un ripieno di dolce ricotta. Diffusissime in tutta la regione poi le Frittelle, dolci rotondi, soffici e fritti ricoperti di zucchero con dentro semi di finocchietto e la cui ricetta varia da famiglia a famiglia.

Gianna Bozzali – ASA