4 min di lettura

È la seconda DOCG più piccola in Italia, i produttori sono in tutto ventitré, diciannove dei quali fanno parte del Consorzio di Tutela. Con dei numeri così bassi non è facile farsi conoscere in maniera capillare, ma loro ci provano con passione e tenacia perché sono convinti, ed hanno pienamente ragione, di essere ambasciatori e custodi di un vero gioiello enoico dalle caratteristiche uniche.

Si tratta del Moscato di Scanzo DOCG, vino passito che viene prodotto nell’area dell’antico borgo di Scanzorosciate in provincia di Bergamo. Il Consorzio di Tutela, nato nel 1993, riuscì ad ottenere la Doc nel 2002 e, il 12 febbraio 2009, il Ministero alle Politiche Agricole, sentito il parere del Comitato Nazionale Vini, accoglieva la richiesta del Consorzio, attribuendo al Moscato di Scanzo la Denominazione di Origine Controllata e Garantita (Docg), divenendo in tal modo la prima e unica Docg di Bergamo e la quinta della Regione Lombardia.

Il Moscato di Scanzo Docg nasce da un vitigno a bacca nera, ed è uno dei pochissimi se non l’unico Moscato passito rosso in Italia.

La zona di produzione si sviluppa su tutto il paese di Scanzorosciate e, seppur piccola, è variegata e ricca di sfaccettature, dai rilievi al vento il clima offre la possibilità ai produttori di strutturare vini personalissimi ma tutti possono godere di una caratteristica che rende molto vocato il territorio; nella zona è presente il Sasso di Luna, una formazione calcareo marnosa molto particolare che affiora sulle colline scanzesi. Una roccia di incredibile durezza e resistenza che, una volta esposta al tipico microclima e agli agenti atmosferici, si sgretola diventando polvere. Il terreno acquisisce così un’alta mineralità e una scarsa disponibilità idrica: due caratteristiche fondamentali per questo tipo di uva che diventa, nel tempo, molto resistente alla siccità, più sana, profumata e ricca di aromi riconducibili alla famiglia dei Moscati.

I grappoli vengono lasciati a lungo nei vigneti, finché sono molto maturi, e vengono raccolti a fine settembre inizio ottobre in maniera completamente manuale. La buccia degli acini è molto sottile e per non danneggiarla è necessaria una raccolta delicata e attenta, dopodiché i grappoli vengono adagiati in cassette e messi nei locali di appassimento in maniera distanziata e lasciati asciugare per periodo minimo di 21 giorni. Durante questo periodo l’uva perde l’acqua e si concentrano gli zuccheri e la parte acida che questa uva mantiene in maniera particolarmente piacevole rispetto ai classici passiti, con un risultato unico di freschezza e non stucchevolezza.

Il vino a denominazione di origine Moscato di Scanzo Docg deve essere sottoposto ad un periodo di affinamento di minimo due anni e, malgrado il disciplinare non lo vieti, nessuno fa uso delle botti in cantina perché l’aroma del legno coprirebbe i profumi dell’uva, così vengono utilizzati solo contenitori di acciaio.

Oggi il Consorzio Tutela Moscato di Scanzo è impegnato attivamente per la sua valorizzazione, divulgazione e promozione attraverso azioni dalle molteplici sfaccettature. Dal 2021 il Presidente è Francesca Pagnoncelli Folcieri, produttrice ed erede di una delle famiglie che contribuirono all’operazione di salvataggio e di rilancio del vitigno.

La famiglia Pagnoncelli Folcieri si stabilisce a Scanzorosciate verso la metà dell’Ottocento. Giancarlo Pagnoncelli Folcieri, farmacista di terza generazione, nel 1962, produce il suo primo Moscato di Scanzo ricavandolo da un vigneto posto nella migliore e più felice posizione collinare, area che oggi, con terminologia francese, potrebbe essere definita come premier cru della zona, noto allora come “il vigneto del parroco”, poi come “vigneto del farmacista”. Francesca, ex architetto, ha lasciato la sua professione per dedicarsi, insieme al marito Massimo alla produzione e valorizzazione del Moscato di Scanzo Docg.

di Clara Mennella – ASA

Foto: Consorzio Tutela Moscato di Scanzo e Clara Mennella