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Comunemente conosciuta come uvetta, si tratta di uva sottoposta a un procedimento di disidratazione. La più nota è l’uva sultanina (della specie Vitis vinifera, famiglia Vitacee), uva bianca originaria di Grecia, Turchia e Iran ma coltivata anche in Italia e Australia, con acini senza semi. Esistono però altre varietà: la Corinto, dagli acini piccoli e di colore scuro tendente al violaceo; la Malaga, prodotta anche in Italia, dagli acini chiari; la Smirne, dai grossi acini scuri; la Moscato e la Zibibbo, entrambe piuttosto dolci e di produzione siciliana. Il trattamento di disidratazione priva l’uva del suo contenuto di acqua e ne concentra gli zuccheri, rendendola piuttosto calorica. In media, 100 g di uvetta producono circa 280-300 calorie, ma è anche ricca di sali minerali (di cui potassio in elevata quantità) e fibre.

L’uvetta è spesso utilizzata per la preparazione dei dolci, in particolare quelli invernali e del periodo natalizio, oltre che come un sano e piacevole spuntino a metà giornata. Compare spesso anche nella preparazione di ricette in agrodolce, in abbinamento a spinaci e cavolfiore, per esempio, o nel couscous o in aggiunta alle insalate, anche di frutta, che arricchisce con le sue proprietà nutrizionali.

L’ACQUISTO

Gli acini dell’uvetta devono essere dolci, scuri, opachi, rugosi, leggermente elastici e non troppo morbidi o umidi. L’uvetta eccessivamente chiara e dorata è probabilmente stata trattata con conservanti o lucidata con olio vegetale mentre un aspetto leggermente “polveroso” è tipico di un prodotto più naturale, così come la presenza di residuo di pedicelli (i piccoli steli che tengono uniti gli acini al grappolo) che, inoltre, ne prolungano la durata ma vanno tolti al momento del consumo.

LA CONSERVAZIONE

Se l’uvetta è confezionata, vale la data di scadenza indicata sulla confezione. Una volta aperta la confezione si può trasferire l’uvetta in un vasetto di vetro chiuso con un coperchio o con un pezzo di tela, in questo secondo caso solo se le condizioni dell’ambiente sono ottimali, cioè un luogo fresco, buio e lontano da fonti di calore per evitare la formazione di parassiti. Il frigorifero può essere una buona alternativa, ma in tal caso è bene chiudere l’uvetta in un contenitore ermetico per proteggerla dall’umidità. Adatti per la conservazione anche sacchetti di tela o di carta. In ogni caso l’uvetta si conserverà a lungo ma è comunque consigliabile controllare spesso i contenitori per verificare segni di eventuale deterioramento.

IN CUCINA

Prima dell’utilizzo l’uvetta va lavata sotto l’acqua corrente per eliminare eventuali impurità, quindi reidratata lasciandola in ammollo in acqua tiepida per circa 15 minuti. Per vivacizzarne il gusto si può sostituire l’acqua con succo di frutta, ugualmente tiepido, oppure rum o brandy, ma in questo secondo caso è utile fare prima un ammollo nella sola acqua perché il solo alcol ne impedisce la perfetta idratazione.

Prima di unirla all’impasto scolate e strizzate l’uvetta con cura, poi infarinatela leggermente per impedire che finisca tutta sul fondo del dolce. Se invece dovete aggiungerla a una preparazione molto liquida potete evitare l’ammollo ma lavatela comunque con acqua calda, strizzatela e asciugatela prima di unirla agli altri ingredienti.


A cura di Enza Bettelli / asa.web@asa-press.com