Questa varietà di riso è particolarmente fragrante e delicata, e infatti Basmati significa “regina della fragranza” in lingua Hindi. Da secoli il riso Basmati viene coltivato in India e Pakistan, dove sembra sia stato importato dall’Afghanistan, e oggi è coltivato anche in Tailandia e Stati Uniti. Ne esistono innumerevoli varietà; la più pregiata è la Dehra Dun, coltivata ai piedi dell’Himalaya, in un’area denominata Terai; quella coltivata nel Bengala Occidentale prende invece il nome di Patna.
I chicchi del Basmati sono lunghi e sottili, diventano ancora più lunghi a fine cottura e sono bianchi e cristallizzati, oppure ambrati se il riso è integrale.
Il riso Basmati ha caratteristiche nutrizionali simili a quelle del normale riso e apporta circa 360 calorie per 100 grammi, ma ha un indice glicemico inferiore (soprattutto quello integrale) e un interessante indice insulinico, caratteristiche che lo rendono un alimento molto adatto non solo per celiaci e diabetici, ma anche per chi è in sovrappeso.
L’ACQUISTO
Il Basmati è piuttosto costoso e vale quindi la pena spendere qualcosa in più per scegliere un riso di qualità, non eccessivamente sbiancato, operazione che ne diminuisce fragranza, qualità e nutrienti. Le confezioni molto economiche possono contenere chicchi spezzati o deteriorati.
LA CONSERVAZIONE
In un recipiente a chiusura ermetica, in un luogo asciutto e buio. Si può conservare per uno o più anni e questo riposo ne accentua qualità e fragranza.
IN CUCINA
I chicchi del Basmati si mantengono consistenti e ben staccati dopo la cottura, caratteristica che rende questo riso perfetto per contorni e insalate e per piatti unici della cucina indiana e orientale in genere, come per esempio i vari tipi di curry e il riso alla cantonese. Bisogna però evitare di cuocerlo troppo a lungo e di mescolarlo eccessivamente o i chicchi si ammasseranno divenendo appiccicosi.
Prima della cottura è necessario lavare il riso più volte, eliminare l’amido. Così sciacquato il riso si può cuocere a vapore oppure semplicemente in acqua bollente addizionata con qualche goccia di olio e un pizzico di sale.
La cottura con il metodo pilaf è un po’ più lunga ma è l’ideale per mantenere intatte le caratteristiche del riso. Prima di tutto misuratelo in un contenitore calcolando 100 g di riso a porzione e misurate anche il doppio del suo volume di acqua e tenete da parte. Lasciate quindi il riso a bagno in abbondante acqua fredda per un massimo di 20 minuti, poi sciacquatelo più volte, finché l’acqua risulterà pulita. Scaldate poco burro (meglio se chiarificato) in un recipiente che possa andare in forno, gettatevi il riso ben scolato e mescolate finché sarà lucido. Intanto fate bollire l’acqua misurata tenuta da parte con un pizzico di sale, versatela sul riso e mescolate bene. Non appena inizia il bollore coprite con il coperchio e cuocete a fuoco moderato per 6-8 minuti senza mai mescolare. Spegnete il fornello non appena l’acqua sarà completamente assorbita e solo a questo punto mescolate con cura: i chicchi devono essere ben staccati e ancora un po’ al dente. Mettete di nuovo il coperchio e fate riposare nel forno riscaldato a massimo 100 °C per 30 circa mezz’ora, ma potete tenere il riso al caldo fino a 90 minuti circa, a seconda di quando dovete servire il riso.
Per arricchire il pilaf, quando versate il riso nel recipiente aggiungete anche alcune spezie, come cumino, cardamomo, chiodi di garofano, anice stellato e erbe aromatiche come alloro e timo. Per dargli invece un bel colore brillante aggiungetevi dello zafferano o della curcuma precedentemente diluiti nell’acqua che verrà utilizzata per la cottura.
A cura di Enza Bettelli / asa.web@asa-press.com