DAL MONDO DEL VINO E DELLA VITE
A cura di Roberto Rabachino / presidente@asa-press.com

Quando il vino invecchia male



Prima di acquistare un vino in bottiglia trasparente pensateci due volte. E no, comprare una bottiglia di pregiatissimo vino per la nascita di vostro figlio con l’idea di stapparla ai suoi 18 anni non è una buona idea. A meno che non abbiate una cantina sotto casa, potreste rovinargli proprio il giorno del passaggio alla maggiore età. Nella seconda giornata del Food&Science di Mantova il ricercatore della fondazione Edmund Mach, Panagiotis Arapitsas, ha parlato di come si conserva la bevanda più amata dagli italiani (e non solo).
 
Arapitsas, che dal 2010 lavora nel dipartimento Qualità del cibo e nutrizione del centro di ricerca di San Michele all’Adige, ha illustrato i risultati di uno studio pubblicato nel 2014 secondo il quale l’età chimica del vino conservato in casa è quattro volte superiore rispetto alla conservazione in cantina. Significa che invecchia prima. E che invecchia male: il ricercatore ha fatto passare tra il pubblico di Mantova due bicchieri di Sangiovese (da odorare, non da bere). Stesso vino; odori e colori diversi.
 
Il ricercatore greco e il suo team, infatti, hanno conservato per due anni 200 bottiglie di Sangiovese nella cantina del centro di ricerca in condizioni ideali (temperatura tra i 15 e i 17 gradi e umidità al 70%) e altre 200 a una temperatura tra i 20 e i 27 gradi a seconda delle stagioni, per simulare le condizioni domestiche. Il risultato è quello che si è potuto notare al Food&Science: il vino conservato in casa aveva un colore più chiaro e un odore che ricorda quello del cavolfiore. Fenomeni dovuti alla formazione di composti che nascono dall’unione dei tannini e l’anidride solforosa. Non è un caso che i cavolfiori contengano molti composti dello zolfo: proprio quelli sono i responsabili del cattivo odore che emana l’ortaggio durante la cottura.
 
Arapitsas ha anche fatto odorare al pubblico tre bicchieri di Chardonnay. I vini appartenevano a tre bottiglie trasparenti: una esposta per due settimane alla luce del sole, una sotto a una lampada, un’altra non esposta alla luce. Anche in questo caso, riconoscere il vino peggio conservato è stato facile: l’odore di cavolo bollito ha aggredito le narici.

Due consigli per non bere vino “allo zolfo”. “Negli ultimi anni le bottiglie trasparenti sono sempre più diffuse - ha spiegato Arapitsas - per motivi economici ma anche di marketing: il consumatore infatti preferisce vedere con i propri occhi il contenuto di ciò che acquista. In realtà commettiamo un grave errore a comprare bottiglie di questo tipo, perché la luce e i raggi del sole le aggrediscono più facilmente, innescando reazioni chimiche che ne compromettono la qualità”. Meglio scegliere una bottiglia opaca.
 
È una questione di qualità, certo, ma anche di portafoglio: “Bastano due anni di conservazione sbagliata per rendere un vino da 100 euro un prodotto da 20 euro” ha spiegato il chimico. Secondo Arapitsas “il modo migliore per conservare un vino è berlo: lasciamo che siano i produttori e le enoteche ad occuparsi del suo invecchiamento”.
 
Ma non è solo colpa nostra: un esperimento condotto alla Edmund Mach - ancora in corso - sta evidenziando come il vino sia conservato male anche nei supermercati. “Abbiamo ricreato uno scaffale da supermercato nel nostro centro - spiega il ricercatore - e stiamo notando che nelle bottiglie trasparenti le prime reazioni chimiche iniziano dopo due sole settimane, a prescindere dalla posizione che occupano nello scaffale, se in alto o in posizione più bassa”. Insomma, se a casa ci capita di bere un vino di scarsa qualità, è molto probabile che il produttore sia innocente. I primi indiziati sono la grande distribuzione e, ovviamente, noi stessi.

Fonte www.nationalgeographic.it