IL FALSO ITALIANO
A cura di Roberto Rabachino / presidente@asa-press.com

Formaggio Pecorino: taroccati 7 su 10 negli USA



Negli Stati Uniti 7 pecorini di tipo italiano su 10 sono “tarocchi” nonostante il nome richiami esplicitamente al Made in Italy. E’ quanto denunciano i pastori che hanno lasciato le campagne per portare le pecore al pascolo al Foro Traiano nel centro storico di Roma per difendere il lavoro, gli animali, le stalle e i pascoli custoditi da generazioni.

Il riconoscimento, la tutela e la valorizzazione della nuova denominazione “Cacio Romano DOP” è importante anche nei confronti dell’agropirateria internazionale diffusa pure negli Usa dove la produzione di imitazioni dei pecorini italiani nel 2015 ha raggiunto il quantitativo di quasi 25 milioni di chili, con una crescita esponenziale negli ultimi 30 anni, mentre gli arrivi dei prodotti originali dall’Italia sono risultati pari a 10,81 milioni di chili nello stesso anno.

Oltre la metà della produzione di Romano cheese e similari viene realizzata in Wisconsin, ma ingenti quantità si producono anche in California e nello Stato di New York. Se il nome è simile, le caratteristiche sono profondamente differenti perché il formaggio Made in Italy originale deve rispettare rigidi disciplinari di produzione con regole per l’allevamento e la trasformazione e un rigido sistema di controlli, a differenza di quello realizzato negli Stati Uniti che peraltro non contiene neanche una goccia di latte di pecora ma è ottenuto da quello vaccino. Le imitazioni del pecorino nostrano con prodotti cosiddetti “italian sounding” riguardano in realtà diversi continenti.

Dal Romano cheese degli Stati Uniti, anche già grattugiato o in mix con il parmesan, al pecorino Friulano del Canada dove si vendono anche il Crotonese e il Romanello, tutti rigorosamente fatti da latte di mucca come il Sardo argentino o il Pecorino cinese, dove una mucca sorridente si trova pure in etichetta incurante del significato del nome pecorino, sono alcuni delle imitazioni dei formaggi italiani smascherati dai nostri controlli (Fonte Coldiretti)