FATTI E PERSONE
Quando lo chef è al supermercato

Il boom del cibo pronto, veloce e pratico da consumare ovunque, è uno dei fenomeni del momento in Italia. Ed è un business in crescita anche nella GDO, dove le vendite di ready-to-eat sono cresciute del +12,3% in un anno.

L’approfondimento dell’Osservatorio Immagino sul “food to go”.

Il pasto fuori casa? Si compra sempre più spesso al supermercato, dove l’offerta è in continua crescita e segmentazione e riesce così a soddisfare ogni esigenza: dal consumatore vegano a quello intollerante al lattosio, dal salutista alla ricerca di un pasto light all’appassionato di sapori etnici (come sushi e falafel), magari anche certificati halal.

A fotografare realtà, andamento ed evoluzione del “food to go” nella GDO è l’ultima edizione dell'Osservatorio Immagino Nielsen GS1 Italy, che ha dedicato un approfondimento al boom dei prodotti alimentari confezionati ready-to-eat acquistati in supermercati e ipermercati di tutta Italia: nel 2018 le vendite sono aumentate del +12,3% rispetto all’anno precedente, arrivando a superare 1,3 miliardi di euro.

Un risultato che si deve all’impegno dei produttori alimentari e delle catene distributive nel modulare l’offerta in modo da cogliere molte e diverse occasioni d’uso. Infatti, i prodotti food to go non sono destinati solo al consumo fuori casa, ma risolvono anche il problema di pranzi e cene domestiche pronti in tempi record. E sempre più spesso, soprattutto nelle aree urbane, rappresentano una “soluzione pasto” comoda, sfiziosa e conveniente in tante situazioni, dalla pausa pranzo lavorativa al consumo in viaggio.

L’Osservatorio Immagino è andato oltre il dato quantitativo e ha realizzato anche un’analisi nutrizionale dei prodotti ready-to-eat presenti nel suo basket, arrivato ora a 72.100 prodotti alimentari confezionati di largo consumo.

Ne è emerso che questi prodotti hanno più calorie, grassi, proteine e fibre rispetto al prodotto alimentare medio venduto nella GDO (il “metaprodotto Immagino”) e meno carboidrati e zuccheri semplici. Anche se sono proprio questi due ultimi nutrienti ad essere cresciuti maggiormente nel 2018, principalmente per l’aumento delle vendite di primi piatti pronti, snack salati, cereali, sushi e zuppe pronte.

Monitorando i claim presenti sulle confezioni dei prodotti a scaffale (Figura 1), l’Osservatorio Immagino ha rilevato che un quarto del valore delle vendite è generato dai prodotti posizionati nel mondo del “free from”, che accomuna il 22,4% dei prodotti a scaffale. Ed è anche il segmento a maggior crescita annua (+13,6%). Tra i claim più diffusi ci sono “senza additivi” e “senza glutammato”, presenti soprattutto sulle confezioni di zuppe pronte e secondi piatti pronti.

Il secondo segmento a valore è quello dei prodotti accompagnati da un claim legato al lifestyle, in particolare veg (+14,4% di vendite rispetto al 2017) e halal (+94,4%). A questo paniere si deve il 22,8% delle vendite del food to go, in aumento del 9,7% rispetto al 2017, e il 22,1% dei prodotti in commercio.

Un altro 16,6% di vendite proviene da quel 13,8% di prodotti che richiama l’italianità in etichetta e che ha registrato un aumento annuo del +3,9%. Il claim più diffuso è “prodotto in Italia”, presente soprattutto su primi piatti pronti, primi pronti vegetali e pizza.

Il quarto “universo” per contributo alle vendite è quello dei prodotti rich-in, con una quota del 16,4% e un tasso di espansione del giro d’affari del +9,2% sul 2017. I claim più forti sui prodotti (16,5% dei prodotti a scaffale) sono quelli relativi al contenuto di vitamine, fibre e calcio, e sono tutti cresciuti nel corso del 2018. Meno diffusi sono i claim “integrale” e “Omega 3”.

I prodotti adatti a chi soffre di intolleranze alimentari coprono il 13,0% del sell-out e il 14,7% dell’assortimento. E l’anno scorso hanno messo a segno un brillante +12,2% annuo come sell-out. Il claim trainante è “senza glutine”, particolarmente presente in secondi piatti pronti, snack e frutta secca senza guscio.

Da ultimo, l’Osservatorio Immagino ha inquadrato il segmento dei prodotti ready-to-eat che rientrano nell’area della corporate social responsibility (CSR): è ancora molto limitato (0,9% di quota sulle vendite e 2,2% dei prodotti) e ha perso in un anno il 16,0% di vendite nel food to go.

Per scaricare il quinto numero dell’Osservatorio Immagino: osservatorioimmagino.it

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