FATTI E PERSONE
Cibi pronti e trasformati fanno l’export italiano

Casalini: «Il made in Italy è dato dalla qualità delle imprese di trasformazione alimentare»

Ci sono cioccolato, tè, caffè, spezie e soprattutto piatti pronti tra i prodotti del Made in Italy più esportati nel mondo e che hanno registrato una crescita importante nel 2017, +8,6%. Non mancano pane e prodotti di pasticceria (+10,8%), lattiero-caseari (+10,4%) e prodotti per l’alimentazione degli animali (+9,3%). Tutti alimenti trattati e confezionati dall’industria alimentare italiana, a conferma dell’alto valore qualitativo della nostra filiera.

E’ quanto emerge da elaborazioni della Camera di Commercio di Milano Monza Brianza Lodi su dati Istat, che ha certificato il record storico per l’esportazione del cibo italiano nel 2017: 40,2miliardi di euro, +5,5% rispetto all’anno precedente. «Sono cifre che certificano la qualità dell’industria di trasformazione alimentare italiana», ha spiegato Antonio Casalini, presidente nazionale di UnionAlimentari, che si è detto «soddisfatto perché ad elaborare i dati è stato un ente ufficiale neutro. Per gran parte dei prodotti trasformati elencati nello studio – ha quindi aggiunto Casalini – la principale materia prima è importata a conferma che a fare il made in Italy è la qualità della trasformazione alimentare delle nostre industrie».

La Camera di Commercio ha quindi elaborato un focus sui principali Paesi che acquistano italiano: Germania, Francia, Stati Uniti, Regno Unito e Spagna concentrano la metà dell’export. Tutte le principali destinazioni sono in crescita, in particolare la Spagna con 1,6 miliardi (+13,3%) supera quest’anno la Svizzera. Prima la Germania (+2,5%) seguita da Francia (+8,1%), Stati Uniti (+4,9%) e Regno Unito (+2,7%). In forte crescita la Russia 17° (+23,8%) e la Cina 20° (+14,8%). Ma i prodotti “made in Italy” raggiungono anche Canada (11°), Giappone (12°), Australia (16°). E se la Germania e la Francia sono i primi acquirenti per quasi tutti i prodotti, gli Stati Uniti eccellono per vini, acque minerali e oli, la Spagna per pesce fresco, le Filippine e la Grecia per alimenti per animali. L’Austria è al secondo posto per cereali e riso, il Regno Unito per frutta e ortaggi lavorati e conservati. In forte crescita la Russia per bevande (+46%), alimenti per animali (+51%), il Portogallo per cioccolato, caffè e spezie (+57%), la Turchia per granaglie (+63%), l’Algeria per oli (+128%), Hong Kong per carni (+30%), l’Albania per pesci lavorati e conservati (+33%), Giappone e Cina per gelati (rispettivamente: +57%, +46,1%).

I maggiori esportatori italiani? Verona con 3 miliardi di euro circa, Cuneo con 2,8 miliardi e Parma con 1,7 miliardi, Milano è quarta con 1,5 miliardi, il 4% del totale, +6,5%. Bolzano 5°, Salerno 6° e Modena 7°. Tra le prime venti posizioni la maggiore crescita ad Alessandria (+28,3%), Mantova (+17,5%) e Ravenna (+12,6%). La Lombardia con 6,4 miliardi di export rappresenta circa un sesto del totale italiano. Oltre a Milano, 4° in Italia, tra le prime 20 ci sono anche Bergamo 12° e Mantova 14° (era 18° lo scorso anno). A crescere di più sono Lodi (+34,1%), Monza e Brianza (+19,1%), Mantova (+17,5%) e Cremona (+15,2%). Como leader italiana in pesci, crostacei lavorati e conservati (32,1%, +10,8%) con Brescia 10° e Milano 19°, Lodi prima per prodotti lattiero-caseari dove rappresenta il 9% del totale nazionale, +40,6% con Mantova 3°, Cremona 6°, Brescia 7°, Bergamo 9° e Milano 15°. Pavia eccelle invece per granaglie, amidi e prodotti amidacei (16% nazionale), Milano è seconda per prodotti da forno e terza per cioccolata, caffè e spezie.

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