SALUTE E BENESSERE
Bibite zuccherate: le tasse abbassano i consumi

In Messico con l'aumento del 10% del prezzo gli acquisti si sono ridotti del 12% in un anno. Ma le imposte da sole non bastano a combattere l'obesità

In Messico è obeso il 26,8% degli uomini e il 37,5% delle donne secondo le stime più recenti di World Obesity riferite al 2012. Il Messico ha anche i livelli più alti di diabete nel mondo. Si capisce perciò come in questo paese siano particolarmente urgenti interventi di correzione delle abitudini alimentari e di prevenzione del sovrappeso. Il governo si è impegnato su questo fronte istituendo, nel 2014, una tassa sulle bibite zuccherate ritenute, insieme ai cibi grassi e all'inattavità fisica, tra le principali responsabili dell'epidemia di obesità che sta investendo il mondo. Ora uno studio pubblicato dal British Medical Journal analizza i primi risultati del provvedimento.

Se il prezzo sale i consumi scendono

Secondo gli autori la tassa, che ha provocato l'aumento del 10% del prezzo delle bibite, è stata associata a una riduzione complessiva del 12% nelle vendite di questi prodotti, affiancata a un aumento del 4% negli acquisti di bevande non tassate a un anno dall'entrata in vigore della norma. 

Utilizzando dati rappresentativi a livello nazionale sugli acquisti di prodotti alimentari di oltre 6.200 famiglie messicane in 53 città sopra 50.000 abitanti, i ricercatori hanno confrontato i volumi di bevande tassate e non tassate acquistati nel 2014 (periodo post-tassa) con i volumi stimati che sarebbero stati previsti senza la tassa in base alle tendenze precedenti alla sua entrata in vigore. Grazie a un modello statistico in grado di regolare alcune variabili influenti tra cui l'età e il sesso dei membri della famiglia e lo status socio-economico (basso, medio e alto), e altri fattori economici contestuali quali l'occupazione e il salario e dove la gente viveva, gli autori hanno potuto trarre le loro conclusioni.

Gli acquisti di bevande tassate sono diminuiti in media del 6% nel 2014, rispetto agli acquisti attesi senza la tassa. Inoltre, la riduzione è aumentata nel tempo, raggiungendo un calo del 12% a dicembre 2014. In pratica, nel corso del 2014, la popolazione urbana messicana ha acquistato 4,2 litri di bevande zuccherate a testa in meno. Al contrario, gli acquisti di bevande non tassate sono aumentati del 4% trainati principalmente da un aumento del consumo di acqua naturale in bottiglia. I messicani hanno quindi consumato meno zucchero, alcuni molto meno di altri. In particolare la riduzione è stata maggiore tra le famiglie di basso livello socioeconomico, dove si è registrato in media un calo del 9% nel 2014 che ha raggiunto il 17% a fine anno.


Le imposte non sono una bacchetta magica

Trattandosi di uno studio osservazionale, avvertono gli autori, non è possibile trarre delle conslusioni definitive circa il rapporto causa/effetto tra tassa e riduzione dei consumi. Tuttavia questo cambiamento nelle abitudini di acquisto a breve termine "è moderato, ma importante" e sarà necessario un monitoraggio continuo "per comprendere i trend a lungo termine, le potenziali sostituzioni, e le implicazioni per la salute".

Nonostante le polemiche ideologiche sull'opportunità di agire sul prezzo dei prodotti per scoraggiarne il consumo, dobbiamo quindi concludere che le tasse sulle bibite zuccherate funzionano? Una cosa molto giusta la dice Franco Sassi, senior health economist dell'OCSE, nell'editoriale che accompagna l'articolo sul BMJ. Le tasse possono essere parte di una strategia per la salute pubblica, ma non vanno viste come una bacchetta magica nella lotta contro l'obesità. Altri provvedimenti complementari sono necessari, comprese misure di regolamentazione, educazione sanitaria sulle scelte alimentari, incentivi per la ricerca e lo sviluppo nella produzione alimentare e cambiamenti nell'ambiente in cui vengono scelti gli alimenti.

"Le tasse", spiega Sassi, "hanno un posto in una strategia più ampia in paesi che si trovano ad affrontare danni sproporzionati a causa della cattiva alimentazione, ma dover far pagare i cittadini per le loro scelte di consumo potenzialmente non sane non è un successo per la salute pubblica". E conclude: "Se tutte le politiche sopra elencate fossero utilizzate in modo sistematico ed efficace, il focus del dibattito politico potrebbe in futuro allontanarsi dalle tasse". Insomma le tasse sono lo strumento più rozzo in un arsenale ben più ampio a disposizione di chi deve prendere decisioni per la salute dei cittadini.

(Marta Buonadonna - www.panorama.it)



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