SALUTE E BENESSERE
Attenzione a sushi e sashimi per la presenza di Anisakis

Spatola, suro, sgombro, merluzzo, scorfano e alici possono contenere parassiti dannosi anche per l'uomo. La marinatura, le tecniche del carpaccio e della tartara non rappresentano un metodo sicuro per la bonifica del pesce infestato

Il Centro di referenza nazionale per le Anisakiasi (C.re.n.a), che ha sede all’Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Sicilia, ha effettuato un monitoraggio per comprendere quanti parassiti vi sono nei pesci, cercando quindi di comprendere i potenziali pericoli per l'uomo.

Non tutti sanno infatti che gli appetitosi piatti della cucina giapponese a base di sushi, sashimi e uramaki, possono contenere dei parassiti trasmettibili all’uomo molto più facilmente di quanto si creda, se non vengono osservate alcune norme.

"La presenza di questi parassiti nel pesce è assolutamente normale, perché fa parte del naturale processo ecologico dei principali sistemi acquatici marini” spiega Salvatore Seminara, commissario dell’Istituto Zooprofilattico, che vuole evitare qualsiasi inutile allarmismo.

Dalle analisi di circa 8 mila campioni, provenienti da tutte le province siciliane, è emerso che il pesce più infestato da queste larve è la spatola, seguito da suro, sgombro, merluzzo, scorfano e alici.

Il rischio maggiore è rappresentato da Anisakis, un parassita ospitato nelle viscere e nei muscoli di molte specie marine. L’organismo reagisce con dolori addominali, nausea, disturbi intestinali, a volte febbre, sintomi tipici della Anisakiasi, ai quali possono associarsi manifestazioni di orticaria-angioedema, nota come “Anikasiasi gastro-allergica”. Nelle forme meno gravi è sufficiente una terapia sintomatica, ma la maggior parte delle volte si deve intervenire chirurgicamente per rimuovere le larve.

Il metodo più efficace per scongiurare ogni pericolo è la cottura superiore ai 60 gradi centigradi per almeno un minuto fino al cuore del prodotto. Nel caso di pesce destinato a essere consumato crudo, i ristoranti, i sushi-bar devono avere l’abbattitore termico (strumento in grado di abbassare rapidamente la temperatura degli alimenti), utile per portare il pesce a -20 gradi per almeno 24 ore. Nel caso, invece, di consumo domestico, per evitare l’Anisakiasi si deve congelare il pesce in un freezer (contrassegnato con tre o più stelle) a temperature ancora più basse (-17 gradi) per almeno 96 ore.

Dallo studio dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale è emerso anche che la marinatura, le tecniche del carpaccio e della tartara non rappresentano un metodo sicuro per la bonifica del pesce infestato.

(T N - www.teatronaturale.it)



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