SALUTE E BENESSERE
Via libera del Ministero all’acqua ossigenata per abbellire l’aspetto dei molluschi: nessun problema per la salute dicono gli esperti

La miscela con acqua ossigenata verrà usata solo per molluschi cefalopodi come totani, seppie e polpo

La Direzione generale per l’igiene e la sicurezza degli alimenti e la nutrizione del Ministero della salute ha deciso di autorizzare – previo parere da parte del Consiglio Superiore di Sanità – l’uso di «una soluzione contenente perossido di idrogeno (acqua ossigenata, ndr) nei prodotti della pesca destinati al consumo alimentare umano». La nota ministeriale muta completamente le norme  contenute nel precedente documento del 2010, dove si diceva che l’acqua ossigenata non poteva essere «in alcun modo utilizzata sul pesce fresco né essere posta a contatto con esso mediante diluizione in soluzione acquosa». L’operazione è resa possibile grazie all’utilizzo di una miscela  denominata Aquactive 3S  contenente acqua ossigenata, acido citrico e citrato di sodio. Il prodotto è destinato solo al trattamento dei molluschi cefalopodi, una specie che comprende: seppie, polpi, calamari, totani e moscardini.

A richiedere l’ok al Ministero della salute per l’Aquactive 3S è stata Assoittica, l’associazione di categoria che racchiude tutte le imprese operanti nel settore. L’appello è stato accolto, purché il prodotto sia usato «come coadiuvante tecnologico» soltanto per la «lavorazione dei molluschi cefalopodi eviscerati da commercializzare decongelati o congelati», a patto che «il contenuto di acqua ossigenata sia inferiore all’otto per cento e quello di acido citrico e citrato di sodio non superiore al quindici per cento». Sull’etichetta dell’Aquactive 3S devono essere indicati il «tempo di contatto» con gli alimenti e le «modalità di risciacquo con acqua prima della commercializzazione al consumatore finale» per «garantirgli un elevato livello di protezione». Ma quali strumenti ha il consumatore o il gestore di una pescheria per riconoscere un calamaro  trattato? «Non ci sono strumenti – precisa Vittorio Maria Moretti, direttore della scuola di specializzazione in allevamento, igiene, patologia delle specie acquatiche e controllo dei prodotti derivati all’Università Statale di Milano – perché visivamente mancano segni per distinguere i molluschi trattati con una miscela diluita di acido citrico e citrati dagli altri. Questa aggiunta, però, non modifica i caratteri tipici relativi alla freschezza del pescato come la rigidità cadaverica e l’odore».

L’impiego di  Aquactive 3S non comporta rischi sanitario, così si esprime un documento diffuso dalla Regione Piemonte  quando scrive che «...non si ritiene sia violata alcuna norma, né di tipo sanitario né di tipo commerciale, in quanto non è compromesso l’obiettivo di sicurezza alimentare, quello di informazione per il consumatore».  L’Aquactive 3S potrà essere utilizzato soltanto nei molluschi cefalopodi e secondo Alberto Mantovani, dirigente di ricerca presso il dipartimento di sanità pubblica veterinaria e sicurezza alimentare dell’Istituto Superiore di Sanità, «in queste specie non esiste il rischio di produzione di alte dosi di istamina». Quanto all’acido citrico, «l’Efsa l’ha valutato come una sostanza di minima tossicità, che in breve tempo viene metabolizzata in anidride carbonica e acqua». Quasi da escludere è anche il rischio che alcuni consumatori sviluppino una forma di allergia nei confronti dei tre componenti del prodotto. «Acido citrico e citrati sono additivi ammessi e non sono riportati episodi allergici, resta comunque l’obbligo di dichiararli in etichetta – afferma Cristian Bernardi, ricercatore in ispezione degli alimenti di origine animale all’Università Statale di Milano -. Mentre il perossido di idrogeno (acqua ossigenata)  se usato come coadiuvante tecnologico, non lascia residui al termine della lavorazione dei cefalopodi». Trattandosi di un acido, però, esiste una possibile preoccupazione per l’azione irritante su occhi, pelle e mucose. «Potrebbe essere opportuno un uso cauto e con protezioni anche per gli operatori che “spruzzano”  il prodotto sul pescato», prosegue Mantovani.

L’Aquactive 3S è la soluzione per andare oltre i limiti del Cafodos (un altro prodotto non commercializzabile in Italia, ma facilmente reperibile online): il suo utilizzo era stato proibito sei anni fa dopo averne scoperto l’impiego (in tonni, sardine, alici) «per ottenere nel pesce fresco un effetto conservante e sbiancante e, nel pesce azzurro, un effetto brillante». Il Cafodos rappresentava il mezzo per garantire lunga vita al pescato visto che l’acqua ossigenata ha infatti il pregio di rendere più bianche le carni (dall’esterno). In realtà il suo utilizzo non controllato può essere ingannevole, «perché il fenomeno di degradazione interna prosegue», chiosa Mantovani. «Il suo impiego ha inoltre rappresentato un rischio per la salute dei consumatori, perché il deperimento del pesce è innescato da un’aumentata produzione di istamina da parte delle masse muscolari e l’intossicazione da sgombroidi è provocata da un eccessivo introito di istamina, che in persone anziane o cardiopatiche può risultare molto grave». Da qui la stretta imposta nel 2010 dal Ministero della salute e soltanto parzialmente rivista adesso, con l’ok all’utilizzo dell’Acquactive 3S, ma solo per i cefalopodi dove non c’è il problema dell’istamina.

(Fabio Di Todaro - www.ilfattoalimentare.it)



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