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I rischi del Ttip? Semplice: la perdita del patrimonio agroalimentare italiano

Oltre che la scomparsa dei prodotti Dop in Europa. La Campagna Stop Ttip presenta 2 rapporti sulle ripercussioni che il Trattato commerciale tra Usa e Ue potrebbe avere sulla qualità dei prodotti europei e, in particolare,  su quelli italiani, baluardi mondiali del cibo

Forse non è un caso che i movimenti contrari all'accordo commerciale Usa-Unione Europea (l'ormai celebre TTIP) scendano spesso in piazza con un enorme cavallo di Troia, che diventa la rappresentazione simbolica di tutti i rischi che quell'intesa contiene rispetto all’agricoltura europea. Insomma, alla domanda: il Ttip fa bene all’agricoltura italiana?: si risponde con i capitoli di due rapporti diffusi dalla Campagna Stop Ttip che, per inciso, per domani, 7 maggio dalle 14, ha indetto una manifestazione a Roma con un corteo da piazza della Repubblica a San Giovanni, dove già dalla mattina avrà luogo il "TTIP free Bio&Eco Market", lezioni in piazza e un concerto.

I titoli dei due capitoli. Il primo titolo evidenzia gli eventuali danni sulla salute dei consumatori e dell’economia alimentare dell’intera Unione europea, qualora il Ttip venisse firmato.  Il secondo si riferisce al pericolo di perdere la specificità originale dei prodotti dell’ agroalimentare italiano.   

Ttip: un cattivo affare per il cibo europeo. Il rapporto Contadini europei in svendita. I rischi del Ttip per l’agricoltura europea, redatto da Friends of the Earth Europe e pubblicato in Italia in collaborazione con l’associazione Fairwatch, mette in luce i danni che l’applicazione del Trattato transatlantico tra Stati Uniti e Ue potrebbe apportare al commercio di cibo e, quindi, alla salute dei cittadini della Comunità europea. Secondo gli studi analizzati nel report, mentre il contributo dell'agricoltura al Pil europeo potrebbe diminuire dello 0,8%, con conseguente perdita di posti di lavoro, quello statunitense aumenterebbe dell'1,9%.

Una vera ristrutturazione del mercato. Che avrebbe effetti anche sulla gestione del territorio e sulle caratteristiche del tessuto produttivo agricolo europeo. “Si prevede, che il Ttip porterà molti agricoltori d’Europa a confrontarsi con una maggiore concorrenza e prezzi più bassi da parte dei competitor Usa – spiega la coordinatrice del rapporto per l’Italia Monica Di Sisto di Fairwatch, portavoce della Campagna Stop Ttip Italia -  minacciando le aziende agricole di tutta l’area dell’ Unione”.

Scompe la Denominazione d’origine protetta. Qualora il TTip venga ratificato, i pregiati alimenti a denominazione d’origine protetta dell’area europea  rischiano di essere confusi con prodotti analoghi, prodotti anche negli Usa e non nei luoghi d’origine, realizzati con norme igieniche più blande di quelle vigenti oggi in Ue in materia di cibo. La lista proposta dal Ttip di prodotti Dop e Doc europei da tutelare supera di poco il numero di 200 marchi, mentre in Ue se ne preservano oltre 1500. Il numero è insufficiente, dice il Rapporto della Campagna europea StopTtip: la Denominazione d’origine protetta perderà la propria specificità. Gli Stati Uniti producono già, nei loro confini, alimenti assai vagamente simili a quelli europei, ma con l’approvazione del Ttip essi potranno circolare liberamente anche in Ue e confondersi con gli originali. A scapito non soltanto della questione etica del cibo protetto, ma soprattutto del rispetto e della tutela della salute dei consumatori.

Carni, formaggi, pollame maiale. Gli studi nel Rapporto prevedono che, se le tariffe dell' Ue verranno eliminate come previsto, ci saranno aumenti significativi delle importazioni di carne bovina statunitense verso l'Europa. Gli allevamenti di manzo Ue, che producono carne controllate da rigide regole sanitarie, potrebbero essere messi a rischio. Lo stesso trattamento verrebbe riservato a latte e formaggi: in questo settore le esportazioni Usa potrebbero aumentare fino a 5,4 miliardi di dollari in più, mentre quelle europee al massimo di 3,7 miliardi di dollari.

Il nodo della questione. Riguardo le carni bianche, il Report riferisce che, al momento, non vi è un commercio elevato di prodotti avicoli o uova tra Stati Uniti e UE, ma gli Usa vorrebbero utilizzare il Ttip per aprire il mercato Ue nel settore, con il già citato rischio di abbattere gli standard di sicurezza alimentare europei. La produzione di carne di maiale europea, infine,  è il doppio di quella degli Stati Uniti e ha regole severe sul benessere degli animali. Il nodo della questione è la ractopamina:  tra il 60% e l' 80% dei suini negli Usa è trattato con questo ormone vietato nella zona europea, perché danneggia il sistema endocrino umano. Oltre  la completa eliminazione delle tariffe, il Ttip potrebbe importare maiali statunitensi trattati con l’ormone.

Il "Made in Italy" del cibo parla anglo-americano. “Il Ttip rischia di modificare per sempre il modo in cui si lavora la terra, si alleva e si trasforma, nel Bel Paese, e di lasciare per strada tutti coloro che non si adegueranno al cambiamento imposto”. Così è scritto nel Rapporto Il Ttip fa bene all’agricoltura italiana?, redatto anch’esso da Monica Di Sisto.

Le 5 domande per capire il Ttip. Il Rapporto Il Ttip fa bene all’agricoltura italiana? risponde a 5 domande chiave per comprendere i rischi del Trattato rispetto alla nostra economia e alla qualità degli alimenti:
 
   •    Le esportazioni agroalimentari bastano ad assicurare la tenuta dell’agricoltura italiana?
Secondo le ricerche riportate nel Report, no. Con il Ttip, bestiame d’allevamento statunitense, così come i fiori, la maggior parte delle verdure, la frutta fresca e secca, gli olii vegetali, potrebbero liberamente circolare nei paesi Ue senza pagare alcun dazio. È vero che l’Ue chiede che nel Trattato venga specificata la tutela di alcuni alimenti del vecchio continente, ma non è detto che gli Stati Uniti acconsentano, segnala il rapporto. Il che comporterebbe la perdita di specificità e di sicurezza che contraddistingue il cibo Ue, in particolare quello italiano.
 
    •    Gli Usa sono il partner potenzialmente più interessante per l’agrifood italiano?
La Sace (Società di Cassa Depositi e Prestiti) assicura le esportazioni private e, seguendo i risultati di un suo Rapporto presentato a Expo 2015, a questa domanda risponde di no: gli Stati Uniti  sono un mercato maturo,  aperto all’export italiano di settore, ma molto più influenti per la nostra economia sono Germania, Inghilterra e l’area dei Paesi arabi. Negli ultimi dieci anni, l’export italiano verso l’Ue  è cresciuto di circa il 70% e la sua “capienza” verrebbe messa alla prova dalla crescita dell’export americano.

    •    La liberalizzazione offre maggiori opportunità di scelta ai consumatori europei e statunitensi?;
No, li mette a rischio, secondo la campagna Stop Ttip: perché quello che più limita il commercio agroalimentare tra Usa e Ue sono le regole che proteggono la sicurezza dei prodotti.

    •    Il Ttip ci aiuterà a proteggere meglio i prodotti di qualità e a Indicazione geografica protetta?;
Al momento, no. Seguendo la proposta europea in merito alla tutela dei prodotti, qualora il Ttip venga adottato, l’Italia vedrebbe tutelati soltanto 41 dei suoi marchi protetti (sui 269 attualmente riconosciuti dall’Ue) e soltanto quei 41 potranno essere altrettanto preservati anche negli Stati Uniti. Tutti gli altri prodotti di qualità del nostro paese rischiano di essere contraffatti e di poter circolare liberamente, con reciprocità, nel mercato transatlantico.
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    •    Il Ttip è una grande occasione per le piccole e medie imprese del settore?
Ultimo e definiti no del Rapporto, perché 2/3 delle imprese dell’ agrifood italiano esportano pochissimo della loro produzione. Tra l’altro, soltanto lo 0,7% delle Pmi (Piccole e medie imprese) europee esporta verso gli Stati Uniti e il valore di beni e servizi esportati è inferiore al 2% del valore aggiunto prodotto dalle Pmi Ue nel loro complesso. Il comparto alimentare italiano, spiega il Sace, conta circa 58.000 imprese. Un’azienda su 20 vanta dimensioni da grande impresa, contribuendo a 1/3 del valore aggiunto del settore ma, nella metà dei casi, è a controllo estero. Le imprese alimentari che esportano sono meno del 12%, con un fatturato medio verso l’estero pari a circa 1/7 delle loro vendite. I restanti 6/7 li produce l’ Italia. Quale sarebbe il vantaggio per l’Italia? Chiede il report della Campagna Stop.

Le prospettive negative. Il Rapporto si conclude con una serie di prospettive negative, riservate ad alcuni prodotti d’eccellenza dell’agroalimentare italiano, qualora il Ttip venga approvato: olio, vino, carne, latte e formaggi.

Contro le imitazioni dei prodotti agricoli italiani. "Se passa questo Trattato,  le aziende Usa che ci hanno imitato fino a oggi, potranno continuare a farlo e il diritto alla reciprocità, garantito dal Ttip, permetterà loro di far circolare, con piccole correzioni, quei prodotti contraffatti in Italia, insieme a tonnellate di formaggi, carni, salumi, cereali e latte in polvere di bassa qualità. I medi e i piccoli produttori

saranno sopraffatti. Per questo, il 7 maggio, insieme a loro, ai lavoratori del settore, a quelli dei servizi pubblici e ai cittadini saremo a Roma, in una grande manifestazione per dire no a un Trattato che potrebbe incidere molto negativamente sulla nostra economia ".

(Marta Rizzo - www.repubblica.it)



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