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I produttori di carne italiani si difendono: “Consumiamo meno acqua di altri”

Rispetto alla media mondiale di 15.415 litri di acqua per 1 kg di carne bovina, l’Italia impiega 11.500 litri di acqua, di cui l’87% è costituito da “green water”, ovvero acqua proveniente da fonti rinnovabili

Essere al di sotto della media può essere anche un vantaggio: la produzione di carne in Italia, infatti è tra le più virtuose, presentando consumi idrici inferiori alla media internazionale. In occasione della Giornata Mondiale dell’Acqua Carni Sostenibili, iniziativa delle principali associazioni di categoria delle tre filiere italiane della carne - Assocarni, Assica, Unaitalia -, evidenzia i dati sul water footprint della produzione di carne in Italia, per illustrare in modo puntuale gli impatti ambientali del settore, a partire dalla produzione bovina. 

“In merito agli impatti ambientali delle produzioni zootecniche è opportuno fare un po’ di chiarezza in quanto si leggono spesso dati fuorvianti che possono confondere il consumatore – ha dichiarato Ettore Capri, Direttore del Centro di ricerca per lo sviluppo sostenibile (Opera – UCSC). – La quantità di acqua impiegata nella produzione di carne, che include anche il dato relativo alle coltivazioni agricole finalizzate a produrre alimenti per animali, è infatti costituita per la maggior parte da ‘green water’ (ovvero acqua piovana), fonte rinnovabile e tra le più sostenibili. L’acqua effettivamente consumata per produrre carne (“grey” e “blue” water) si riduce quindi a delle quantità nettamente inferiori rispetto al dato complessivo. Inoltre, l’impiego di tecnologie avanzate di gestione dell’acqua (come il recupero e la depurazione) e di un suo corretto utilizzo durante la produzione agricola, contribuiscono a renderle più sostenibili”.  

Il water footprint della produzione di carne bovina in Italia si attesta a 11.500[1] litri di acqua per produrre 1 kg di carne (il 25% in meno rispetto ai 15.415 della media mondiale), e solo il 13% (1.495 l) di questa viene effettivamente “consumato”. Il restante 87%, è quindi costituita da “green water”, ovvero l’acqua piovana impiegata nella coltivazione delle materie prime per l’alimentazione degli animali.  

Considerando la quantità di carne bovina consigliata in una dieta equilibrata (2 porzioni da 70- 100 g alla settimana), emerge che mangiare carne in giusta quantità non comporta un aumento significativo dell’impatto ambientale, arrivando ad un consumo effettivo di circa 300 litri di acqua alla settimana.  

Le ragioni del minore volume di acqua impiegata nelle produzioni italiane, sono da ricercarsi nel sistema zootecnico nazionale che, essendo basato sulla combinazione di allevamenti estensivi ed intensivi, permette di ottenere una buona efficienza in termini di risorse impiegate per kg di carne prodotta. Oltre a questo è da osservare come la produzione bovina italiana avvenga prevalentemente nelle zone più vocate e con la maggiore disponibilità di acqua (ad esempio lungo il fiume Po e dei suoi affluenti). 

Il water footprint è dato dalla somma di tre contributi in parte reali e in parte virtuali: l’acqua di evapotraspirazione utilizzata dalle piante per vivere (green water), l’acqua effettivamente utilizzata dai processi produttivi o per irrigare i campi (blue water) e l’acqua virtualmente necessaria a diluire e depurare gli scarichi (grey water). Per i prodotti agroalimentari, la componente di “acqua verde” è di gran lunga la più significativa delle tre, arrivando a costituire la quasi totalità dell’impatto. 

A livello complessivo l’intero settore delle carni ( bovino, avicolo e suino) impiega per l’80-90% risorse idriche che fanno parte del naturale ciclo dell’acqua e che vengono restituite all’ambiente come l’acqua piovana; solo il 10-20% dell’acqua necessaria per produrre 1 kg di carne viene quindi effettivamente consumata . 

(www.lastampa.it)



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