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Microalghe, un ruolo fondamentale nell'economia circolare: dalla riduzione dell'impatto ambientale dei reflui zootecnici all'impiego nella cosmesi.
 
Il Polo delle Microalghe, progetto guidato dell'Istituto Spallazani di Rivolta d'Adda (CR), e finanziato dalla Fondazione Cariplo e da Regione Lombardia, si presenterà a Cremona in occasione di BioEnergy Italy, Green Chemistry Conefrence and Exhibition, e Food Waste Management Conference (20-22 aprile 2016).
 
 
Un progetto importante, che partirà entro il 2016 e durerà tre anni, il cui valore complessivo non sarà inferiore ai 2 milioni di euro. Un milione e 50 mila euro saranno stanziati dalla Fondazione Cariplo, 450mila euro dalla Regione Lombardia, mentre della parte rimanente si faranno carico tutti i partner coinvolti, a iniziare dal capofila del progetto, l’Istituto sperimentale italiano Lazzaro Spallanzani di Rivolta d’Adda, provincia di Cremona.
Il suo titolo è “Il polo delle microalghe – Le microalghe per il trattamento e la valorizzazione di reflui e sottoprodotti agrozootecnici e caseari” e sarà al centro di un workshop in calendario il 20 aprile 2016 nell’ambìto dei tre Saloni contemporanei di CremonaFiere dedicati alle potenzialità della bioeconomia: BioEnergy Italy, Green Chemistry Conference and Exhibitions, e Food Waste Management Conference (20 al 22 aprile 2016).
 
Il Progetto dell’Istituto Spallanzani punta a realizzare un Centro di consulenza destinato a chi vorrà investire nell’economia circolare
“La finalità di questo lavoro – ci spiega Katia Parati, Responsabile Area Acquacoltura dell’Istituto Spallanzani – sarà quello di creare un Centro di consulenza destinato a chi vorrà percorrere con investimenti e ricerca la strada della cosiddetta economia circolare, all’interno della quale l’impiego delle microalghe potrà rivelare tutto il suo potenziale. L’obiettivo è infatti quello di mitigare l’impatto ambientale dei reflui zootecnici valorizzandoli nei settori agricolo, mangimistico, energetico, esattamente come intendiamo fare con i sottoprodotti delle produzioni lattiero-casearie dai quali, sempre impiegando le microalghe, è possibile ottenere molecole bioattive di pregio da impiegare nel settore cosmetico. Il tema dello smaltimento dei reflui, e più nello specifico dell’impatto che l’azoto in essi contenuto ha sul terreno, è al centro del dibattito da diversi anni. Un tema che soprattutto in Pianura Padana assume un ruolo molto rilevante.
 
Le biomasse ottenute con l’impiego delle microalghe possono essere destinate alla produzione di fertilizzanti organici, bioplastiche, mangimi, cosmetici oltre ad alimentare impianti a biogas
“I limiti allo spandimento imposto dalla Direttiva Nitrati nella Pianura Padana, considerata zona vulnerabile, sono particolarmente stringenti – continua Parati – e purtroppo i 170kg/ha di azoto/anno, se confrontati con il quantitativo totale prodotto anche e solo nella provincia di Cremona, sono abbondantemente superati. La sola Lombardia importa ogni anno dall’estero qualcosa come 60mila tonnellate di azoto derivanti dalla rete alimentare, costituite per la maggior parte da farina di soia destinata all’alimentazione animale. Se a questo aggiungiamo che quello derivante dalla fertilizzazione chimica, in Lombardia, somma a 100mila tonnellate, si fa presto a capire quanto sia necessario trovare una soluzione a un problema che invece rischia di rimanere irrisolto e a cui la stessa Europa chiede di far fronte. Una strada percorribile è allora quella dell’utilizzo delle microalghe, microrganismi che, come è già stato scientificamente dimostrato, crescono sui reflui creando delle biomasse grazie ai nutrienti in essi presenti. Queste biomasse – riassume infine Katia Parati - potranno essere allora destinate alla produzione di fertilizzanti organici, bioplastiche, mangimi, prodotti cosmetici, nonché all’alimentazione non convenzionale di impianti a biogas. In buona sostanza, ogni frazione proveniente dagli allevamenti e dalle lavorazioni lattiero-casearie potrà essere utilizzata in un processo circolare, dove ciò che dalla terra arriva alla terra ritorna, producendo un beneficio e non più un danno ad ambiente e terreno”.
 
Paolo Bodini
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