QUALITA'
Grass fed: anche in Italia arriva la carne bovina sostenibile da animali allevati al pascolo e senza mangimi

Sono sempre più insistenti le spinte verso un cambiamento del modello di allevamento dei bovini, attaccato su più fronti per le criticità collegate al cambiamento climatico, al consumo eccessivo di acqua e di mangimi a base di cereali altrimenti destinabili all’alimentazione umana. Sulla base di questi elementi che porterebbero a considerare gli allevamenti di bovini “insostenibili”, in Danimarca è stata proposta una tassa sulla carne rossa. Un altro spunto di cambiamento è il crescente interesse verso modelli di allevamento alternativi, come il grass fed, che anche in Italia comincia a reclutare simpatizzanti e a diffondersi tra i consumatori.

Quando si parla di allevamento grass fed, si intende un sistema di crescita  particolare che vede la possibilità per i bovini di restare al pascolo per l’intero ciclo di vita dalla nascita alla macellazione. Grass fed significa letteralmente “nutrito ad erba” e, infatti, le uniche fonti di cibo consentite sono l’erba dei pascoli e il fieno dato agli animali nella stagione invernale. Nell’allevamento convenzionale, invece, gli animali spesso vengono nutriti con cereali e mangimi, poco adatti all’alimentazione dei bovini,  ma in grado di garantire una crescita e un ingrasso rapido, riducendo i costi e permettendo la vendita a prezzi inferiori.

Il sistema grass-fed, oltre ad essere più rispettoso del benessere animale, risulta anche meno impattante perché l’impiego di mangimi a base di mais e soia negli allevamenti convenzionali,   in molti paesi contribuisce al consumo di suolo strappato alle foreste e comporta grandi volumi  di acqua per l’irrigazione dei campi. Un altro problema è lo smaltimento di migliaia di tonnellate di liquami prodotti dagli allevamenti tradizionali.

Un aspetto positivo del sistema grass fed è l’assenza di antibiotici, utilizzati più di frequente nelle aziende agricole extra-europee (in Italia e in Europa, l’uso di antibiotici in zootecnia è sottoposto a prescrizione veterinaria ed è autorizzato solo in caso di patologie). Fermo restando il problema, va detto che dagli animali trattati con antibiotici in modo sistematico come pratica zootecnica, non si ottengono carni contaminate, perché i bovini vengono sottoposti a un periodo di sospensione prima della macellazione per dare modo ai medicinali di essere metabolizzati ed eliminati.

A questo propostito Consumer Report, una delle più importanti associazioni di consumatori americana, un anno fa aveva testato 300 campioni di carne trita di diversa provenienza (allevamenti convenzionali,  aziende grass fed e produttori di carni  biologiche) alla ricerca di  batteri patogeni e antibiotico-resistenti. I risultati dell’indagine non hanno sorpreso: la presenza di batteri antibiotico-resistenti appare maggiore nei campioni di carne da allevamento convenzionale, dove l’uso continuativo di antibiotici a basso dosaggio può selezionare con il tempo ceppi di batteri resistenti.

Da un punto di vista nutrizionale, la carne degli animali allevati esclusivamente al pascolo ha un contenuto di grassi saturi paragonabile a quello della carne tradizionale, ma un contenuto superiore di acidi grassi monoinsaturi e polinsaturi omega 3. La carne grass fed è anche più ricca di ß-carotene, da cui deriva la vitamina A, e vitamina E molto presente nell’erba fresca, rispetto ai cereali. Queste peculiarità ha reso la carne di manzo allevato a erba particolarmente ricercata tra i cultori della dieta paleo.

La criticità del sistema  grass fed sono i tempi lunghi di ingrasso e, di conseguenza il prezzo di vendita sensibilmente superiore rispetto alla carne convenzionale. Per esempio un hamburger di bovino adulto bio costa circa 13 €/kg da Auchan e 19 presso una macelleria italiana specializzata nella vendita di carne grass fed. Tutto sommato, considerando l’impatto sulla salute delle carni rosse e i problemi ambientali, forse converrebbe mangiare meno carne bovina ma più sostenibile e probabilmente più saporita?

Al momento in Italia non esiste un’associazione degli allevatori grass fed, e nemmeno una sorta di certificazione o marchio.

(Giulia Crepaldi - www.ilfattoalimentare.it)



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