FATTI E PERSONE
Biowaste, una filiera da 2,5 miliardi di euro e 5.000 posti di lavoro

Il biowaste è la filiera del riciclo a più alta crescita e a maggior potenziale futuro, ma è necessario investire in nuovi impianti, lavorare su una strategia nazionale e non escludere sfalci e potature dal campo di applicazione dei rifiuti, dice il Consorzio Italiano Compostatori

È il settore del riciclo a più alta crescita e a maggior potenziale futuro, con quasi 6 milioni di tonnellate di rifiuti organici intercettati e trattati nel 2014, rispetto alle 12,5 milioni di tonnellate dell’intera filiera degli imballaggi. Stiamo parlando della filiera del biowaste che costituisce il 43% della raccolta differenziata e che, nel solo 2014, ha generato un volume di affari di 1,6 miliardi di euro, con circa 12.000 addetti. Per il 2020 si parla di 8 milioni di tonnellate di rifiuti organici raccolti e di un giro d’affari che potrebbe aumentare di 300 milioni, senza dimenticare la creazione di altri 5.000 nuovi posti di lavoro considerando l’indotto e benefici netti per il sistema Paese, solo con compostaggio e digestione, per 2 miliardi e mezzo di euro cui andrebbero, in prospettiva futura, aggiunti 1,3 miliardi di euro di ricadute economiche ed occupazionali della innovativa filiera del biometano. 

A fare il punto, dati alla mano, è stato il Consorzio Italiano Compostatori (CIC), nel corso dell’annuale Assemblea dei Soci svoltasi a Firenze che ha visto anche la rielezione a presidente di Alessandro Canovai che ha dichiarato: “Quella del rifiuto organico è una filiera che rappresenta un volano per occupazione e investimenti nonché un settore cruciale per la politica dei rifiuti in Italia”. Eppure, ora, lo scontro è proprio con la politica: con la formulazione dell’articolo 41 del Disegno di Legge (Collegato Agricoltura, AS 1328-B) si dispone l’esclusione degli sfalci e le potature di parchi e giardini dal campo di applicazione dei rifiuti.  

L’emendamento è attualmente in esame al Senato ma “se l’ipotesi si concretizzasse, verrebbe a mancare un importante ingrediente del processo di compostaggio: lo strutturante che permette di compostare scarti alimentari (FORSU) ed altre matrici ad elevata putrescibilità. Si renderebbe così critico e difficoltoso il processo di compostaggio e digestione anaerobica, determinando un ostacolo invalicabile allo sviluppo della raccolta differenziata ed al raggiungimento dei target di riciclo”, ha spiegato Canovai. “Considerando che su 5,7 mln di tonnellate di rifiuti organici, 1,9 milioni di tonnellate provengono dal verde, quindi più del 33%, questa iniziativa che nasce per fini di lobby potrebbe avere un effetto nefasto su un settore che è solido, strutturato e virtuoso”. Allo stesso tempo “non solo esporrebbe il nostro paese ad un’altra procedura di infrazione europea, ma comporterebbe anche un incremento dei costi di trattamento dei rifiuti urbani e delle tariffe per i cittadini, oltre ad avere numerosi effetti negativi con ricadute sull’impresa, l’occupazione, e non ultimo l’ambiente”. Sarebbe, secondo il CIC, “un autogol per i Comuni, gli Ambiti e la gestione pubblica dei rifiuti”.  

Tanto lavoro c’è inoltre da fare per quanto riguarda l’impiantistica: “bisogna investire in nuovi impianti su tutto il territorio e lavorare su una strategia nazionale di waste management per valorizzare e favorire la crescita della filiera, uscire da logiche territoriali e locali per misurarsi su scenari europei e farsi promotori di politiche europee”, ha commentato Massimo Centemero, direttore del CIC. Anche per questo “stupisce la scarsa considerazione della politica al ruolo del settore del biowaste. Le aziende CIC da più di vent’anni creano green jobs, sono coerenti con i principi dell’economia circolare e di fatto sono state le prime bioraffinerie ante litteram”.  (Franco Brizzo - www.lastampa.it)



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