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Contro crollo allevamenti nasce l'Associazione Coniglio Italiano 

La “fattoria Italia” sta perdendo pezzi importanti con il numero di conigli allevati che è praticamente dimezzato, in calo del 47 per cento negli ultimi 25 anni. E’ quanto è emerso dallo studio presentato dalla Coldiretti ad Expo in occasione della giornata del coniglio con la presentazione della nuova associazione del Coniglio italiano alla presenza tra gli altri del presidente della Regione FVG, Debora Serracchiani, del presidente Coldiretti Nazionale, Roberto Moncalvo, del presidente dell'Associazione Coniglio Italiano, Zeno Roma.

I compensi riconosciuti agli allevatori non coprono i costi necessari per garantire la qualità del prodotto italiano con il risultato che, secondo le analisi della Coldiretti, il numero di conigli presenti in Italia è passato da 12,3 milioni del 1990 ai 7,2 milioni del 2010 per scendere attorno ai 6,5 milioni nel 2015, nonostante si assista alla riscoperta e valorizzazione da parte di chef e nutrizionisti in tutto il mondo per le proprietà salutistiche e dietetiche della carne.

Malgrado il crollo l’Italia si conferma primo produttore europeo e sfida la Cina nel primato mondiale anche se ad insediare la posizione ci sono - sottolinea la Coldiretti - il Venezuela e la Bolivia. L’allevamento del coniglio in Italia fa parte di una delle tradizione più consolidate del Paese con un forte presenza di allevamenti familiari che nel passato hanno spesso garantito il fabbisogno alimentare in molte realtà rurali.

A scomparire sono stati molti piccoli allevamenti destinati al consumo casalingo dove si trasmettevano antiche ricette conservate gelosamente da generazioni, dal coniglio in salmi a quello alla cacciatora fino a quello all’ischitana che è diventato addirittura il simbolo culinario dell’isola ma anche tante specialità territoriali che sono state preparate all’Expo nella giornata dedicata al coniglio.

Oggi sono in molti a mantenere vivo questo patrimonio della cucina italiana, dagli agriturismi ai grandi chef, anche con l’introduzione di elementi di innovazione per renderne più facile il consumo che è stimato attorno ad un chilo per persona all'anno.

“Per difendere il valore tradizionale e gastronomico dell’allevamento del coniglio a cui sono dedite non solo aziende professionali, ma anche una miriade di aziende/famiglie a fini di autoconsumo, occorre sensibilizzare i cittadini sull’alto contenuto nutrizionale e salutistico della carne ma anche lavorare sulla trasparenza con la tracciabilità dell’origine” ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo.

Ad oggi - denuncia Moncalvo – non è obbligatorio indicare in etichetta la provenienza della carne di coniglio con il rischio che venga spacciata per italiana quella importata. L’Italia che è leader europeo nella produzione - conclude Moncalvo - ha il dovere di lavorare per accelerare il percorso comunitario che ha già portato all’etichettatura obbligatoria degli altri tipi di carne, da quella bovina a quella di pollo.

Un obiettivo che potrà più facilmente essere raggiunto con la nascita della nuova associazione del coniglio italiano che si pone tra i propri obiettivi la redazione di un disciplinare volontario per le carni di coniglio e la contestuale proposta di utilizzo di un marchio distintivo “coniglio italiano”. (www.ilpuntocoldiretti.it)

 



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