FATTI E PERSONE
Ttip, nuovo round di trattative. Scontro su agricoltura e arbitrati Stati-imprese

I lavori per il trattato di libero scambio tra Usa e Unione europea faticano a decollare, mentre crescono le opposizioni all'accordo. Prossimi incontri a Miami: gli Stati Uniti partono da una posizione di vantaggio perché hanno siglato l'intesa con i Paesi del Pacifico e accusano l'Europa di non avere idee chiare

Le trattative per il Ttip, il trattato di libero scambio tra Stati Uniti ed Unione europea, si spostano a Miami per il penultimo round negoziale dell'anno. Sarà l'undicesimo incontro dal 2013, ma l'intesa tra le parti resta lontana e nonostante il presidente del Consiglio dei Ministri, Matteo Renzi, si fosse augurato una chiusura dei lavori per fine anno, difficilmente si arriverà a un accordo prima del 2017. Al netto delle proteste e dei manifestanti che in questi giorni stanno riempiendo le piazze del Vecchio continente, sul tavolo ci sono ancora molti dossier che anziché unire dividono e altri che neppure sono stati aperti.
"Entrambe le parti restano impegnate a mettere tutto sul tavolo negoziale entro fine-inizio anno, mentre rinnovano l'impegno a finalizzare il Ttip entro la fine del prossimo anno in tempo con il termine dell'amministrazione Obama" ha ribadito la commissaria Ue al Commercio Cecilia Malmstroem. Più realistici i funzionari europei che ammettono: "Impossibile prevedere come evolveranno le discussioni".

OBIETTIVI. L'obiettivo del Patto transatlantico è abbattere le barriere commerciali fra Usa e Ue: non tanto quelle doganali, già al 4 per cento, quanto quelle normative. Secondo i calcoli fatti propri dalla Commissione Ue, l'economia europea trarrebbe un vantaggio calcolabile in un aumento del Pil di quasi 120 miliardi di euro l'anno. Un aumento che andrebbe a regime, però, solo nel 2027, dopo 10 anni di funzionamento del patto. Di fatto, l'economia europea crescerebbe di mezzo punto di Pil nell'arco di dieci anni: dunque, lo 0,05 per cento in più l'anno. Di certo l'impatto sarebbe fortissimo: già oggi l'interscambio tra le due sponde dell'Atlantico vale 700 miliardi di euro. Per l'Italia, Confindustria stima una crescita del Pil di 5,6 miliardi con la creazione di 30mila posti di lavoro, al netto di quelli che andrebbero persi con l'aggiustamento del mercato.
"La valenze di questo trattato non sono solo economiche" spiega Bernd Lange, relatore sul Ttip della Commissione commercio internazionale dell'Europarlamento: "Parliamo di uno scambio di valori globali ed è per questo che sono disponibile a negoziare. Poi vedremo se l'accordo sarà buono. Se non lo sarà il Parlamento potrà respingerlo come già successo in passato". Per l'approvazione del documento che sarà redatto dalla Commissione Ue, sarà necessario il via libera del Consiglio dei ministri e del Parlamento: poi il trattato andrà ratificato dagli Stati membri, basterebbe che uno solo lo bocciasse per far crollare l'intero impianto.

LA SITUAZIONE. Sul tavolo non c'è alcun risultato concreto. Non è stato fatto alcun passo avanti sul fronte delle tariffe, mentre il negoziato sull'accesso ai reciproci mercati è appena agli inizi. La mole di lavoro sul fronte normativo è enorme, come le differenze regolamentari tra Usa e Ue che per le imprese rappresentano un costo più alto dei dazi. Gli Stati Uniti, però, sono in una posizione di vantaggio: hanno appena siglato il Tpp, un accordo analogo di libero scambio con i paesi dell'area del Pacifico - esclusa la Cina - che rappresenta il 40% degli scambi commerciali mondiali: "Per loro quello era prioritario e adesso possono permettersi di rallentare nelle trattative con l'Ue e soprattutto vorranno un accordo alle stesse condizioni anche se non sono convinto che l'intesa sia così ambiziosa come fanno credere" dice Paolo De Castro, membro della Commissione agricoltura. "L'Europa - aggiunge De Castro - non può permettersi di restare fuori, perché la globalizzazione è già reale e le regole del gioco si scrivono adesso. Rischiamo di subire quelle decise da altri".
Per arrivare a un accordo servono concessioni da tutte e due le parti, ma difficilmente gli Stati Uniti, dove a gennaio inizia la campagna elettorale per le presidenziali 2016, saranno disposti a fare passi indietro. E così l'Europa. "Continueremo a lavorare fino alla fine della presidenza Obama, di certo non abbiamo intenzione di chiudere un accordo che riduca gli standard di nessuno" dice l'ambasciatore americano Anthony Gardner.

COSA DIVIDE. Per entrambi l'agricoltura è un tassello fondamentale. Non tanto in termini economici, vale 25 dei 700 miliardi di interscambio, quanto in funzione degli standard qualitativi e della contraffazione. Gli americani vogliono accesso al mercato europeo con il loro carico di Ogm che pure non sono oggetto di trattativa, ma rappresentano gran parte delle coltivazioni Usa. "L'Europa non ha una posizione comune sul tema, ha lasciato libertà di scelta ai singoli Stati. L'Italia, per esempio non può produrli, ma può importarli e così mangiamo Ogm senza saperlo, perché non viene indicato, dovrebbe essere obbligatorio come la tracciabilità" rilancia Lara Comi, vicepresidente del gruppo Ppe, che aggiunge: "Per noi italiani c'è, molto forte, il problema delle imitazioni, se non viene risolto e le indicazioni non sono protette l'intesa sarebbe al ribasso. E se l'accordo fosse così, non siamo sicuri di volerlo votare".

GLI INVESTIMENTI. A Miami, Bruxelles formalizzerà una nuova proposta per una corte d'arbitrato che risolva le dispute tra Stato e imprese al posto del contestato sistema - e uno dei principali scogli anche per l'opposizione dell'opinione pubblica - dell'Isds, la clausola a tutela degli investimenti delle imprese. "Le cose si stanno muovendo ma ci vuole tempo, sono questioni complesse", ha spiegato Malmstroem, cui però gli Usa hanno già fatto sapere che la proposta non va nella giusta direzione. "Gli arbitrati esistono da sempre e la maggioraza di cause in corso riguarda proprio paesi dell'Unione" ammette una fonte americana che poi aggiunge: "Il Tpp è il nostro modello di riferimento, quale sia quello europeo non lo abbiamo ancora capito. Siamo curiosi".
Di fatto l'Isds è un meccanismo di protezione degli investimenti che consentirebbe alle imprese di citare gli opposti governi qualora introducessero normative, anche importanti per i propri cittadini, atte a ledere i loro profitti. Se lo Stato venisse trovato colpevole, potrebbe essere costretto a ritirare il provvedimento o a risarcire l'impresa (attualmente gli Stati vincono il 36% dei casi, le imprese il 24% e la restante parte riguarda patteggiamenti). Il Movimento 5 Stelle è tra i più critici: "Se uno Stato sa di poter esser portato in giudizio farà più attenzione a legiferare e presterà meno attenzione alla salute e al benessere dei cittadini" dice Laura Ferrara. La Ue proporrà agli Stati Uniti di creare una corte indipedente separando il ruolo di avvocato da quello di arbitro e ripristinando i due gradi di giudizio che oggi non ci sono.

PRIVACY. Nel trattato non si parla di privacy, ma piuttosto di scambio di dati e dopo la sentenza della Corte Ue secondo cui gli Usa non tutelano a sufficienza i dati personali, come invece aveva ritenuto la Commissione europea, la situazione si è fatta tesa. "Non si può sottoscrivere un'intesa senza un accordo sua dati" ammette Lange. "Siamo in alto mare, non abbiamo neppure un regolamento sul mercato interno per la protezione di dati, come facciamo a negoziare con le altri parti" riflette Lara Comi.

ACCESSO ALLE INFORMAZIONI. Tra le critiche che piovono a Bruxelles, i funzionari europei respingono quella di scarsa trasparenza: "I documenti sono tutti disponibili sul sito e il Parlamento viene informato in tempo reale sullo stato di avanzamento dei lavori del negoziato - sostiene una fonte -. Ci sono alcune documenti riservati perché contengono elementi negoziali, ma i deputati vi hanno accesso. Quello che non conosciamo è quello che ancora non è stato scritto. E il Parlamento avrà l'ultima parola".

(Giuliano Balestreri - www.repubblica.it)

 



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