FATTI E PERSONE
Il potere delle microalghe per rivoluzionare l’agricoltura

La startup Algamundi sfrutta la fotosintesi delle microalghe per produrre biomasse ricche di principi atti

Sviluppare una tecnologia accessibile per il settore agricolo e agro farmaceutico capace di replicare e accelerare naturalmente i processi di fotosintesi delle microalghe per produrre nuove biomasse ricche di principi attivi da impiegare in diversi settori economici. Questa è l’idea dietro la startup Algamundi, una delle aziende più innovative dell’incubatore Alimenta. Il motto è “produrre di più con meno”, seguendo i principi della Blue Economy. 

Algamundi nasce nel 2013 da un team di ingegneri, chimici e biologi. Partendo dalle microalghe, si punta a sviluppare la tecnologia da fornire alle aziende agricole per mettere a punto nuove produzioni di biomasse ad alto valore aggiunto e generare un sistema virtuoso e circolare di produzioni agricole dove quello che è scarto per l’azienda diventa materia prima per produrre fertilizzanti naturali, mangimi o biomassa energetica.

Le microalghe prodotte possono anche essere vendute direttamente sul mercato. Una merce preziosa, visto che da questi organismi si possono estrarre additivi che da aggiungere a una vasta gamma di prodotti, dagli alimenti (umani e animali) ai prodotti cosmetici, integratori alimentari e farmaci. Le microalghe possono anche essere utilizzate per fabbricare tessuti o coloranti naturali o impiegate nei biodigestori o all’interno di impianti di acque reflue. «Sono organismi unicellulari con proprietà straordinarie», spiega la Elena Lapina, responsabile scientifico del progetto. «Si nutrono grazie al processo naturale di fotosintesi e producono zuccheri ed energia grazie all’acqua, all’anidride carbonica e all’energia solare». Ma oltre agli zuccheri, nelle microalghe «si trova anche una vasta gamma di sostanze nutritive naturali utili alla salute dell’uomo e degli animali».

Tra le microalghe su cui in Algamundi più si sta facendo ricerca avviando anche una propria produzione, c’è la Haematococcus Pluvialis, dalla quale è possibile estrarre l’astaxantina, un pigmento rosso presente in natura in molti organismi viventi, responsabile della colorazione di alcuni pesci, tra cui il salmone e i crostacei. «Questi animali», spiega Serena Frezza, responsabile del laboratorio di Lodi, «non essendo in grado di produrre l’astaxantina, la introducono attraverso una dieta a base di zooplacton, che a sua volta lo accumula dalle microalghe. Tra le principali proprietà del pigmento rosso, c’è la capacità di contrastare e inattivare i radicali liberi, riducendo quindi l’ossidazione».

Elena Lapina e colleghi sognano di dare vita una nuova generazione di imprese agricole biotecnologiche e ingegnerizzate, tutte rivolte alla produzione di innovative biomasse in particolare per il settore agroalimentare e dell’agro farmaceutico. «Noi abbiamo lavorato fino ad oggi, e sempre di più lavoreremo in futuro per rendere accessibili le nostre biotecnologie con l’obiettivo di convertire produzioni agricole povere in produzioni ad alto valore aggiunto». Con questo fine Algamundi ha avviato il progetto Algae4Fam, che è risultato tra i vincitori del concorso riservato alle startup di Expo 2015, dedicato proprio a una nuova generazione di imprese agricole e imprenditori che intendono dedicarsi al settore dell’Agrofarma e avviare nuove produzioni di biomassa.

Ma c‘è di più. «L’attività di Algamundi è la concreta attuazione di un nuovo pensiero economico che si sta affermando sempre più negli ultimi anni», dice Lapina. «Si tratta di una teoria economica sostenibile che trova una sintesi nel concetto di Blue Economy. La natura offre spazio agli imprenditori che producono di più con meno, usando e ottimizzando la più grande ricchezza che la natura può offrire all’uomo, e cioè la sua biodiversità, in contrasto con tutte le teorie economiche che conosciamo e che si basano sul concetto di standardizzazione, che rappresenta, se si pensa, l’opposto di ciò che si trova in natura».

L’ambizione di Algamundi è quella di «superare concretamente la green economy e affermare un concetto innovativo di chimica che definiamo “blu”, esempio concreto e naturale conseguenza dei principi teorizzati dalla Blue Economy». Grazie alle tecnologie di Algamundi, «è infatti possibile applicare processi biochimici sostenibili alle microalghe, riciclando grandi quantità di anidride carbonica per fabbricare nuove biomasse a più alto valore aggiunto e, di conseguenza, produrre naturalmente più prodotti di qualità per il benessere dell’uomo e dell’ambiente, ma utilizzando e sprecando minori risorse e semplicemente favorendo processi esclusivamente naturali».

I fondatori di Algamundi hanno già messo in piedi un laboratorio moderno e sviluppato la tecnologia necessaria per il primo impianto. Ora la startup sta realizzando il secondo giro di investimenti per le prossime fasi di sviluppo. E nel 2016 inizierà a vendere i primi impianti ad alcune imprese in corso di selezione, che rappresenteranno il primo polo nazionale di imprese di questo nuovo settore. «Per aderire è possibile scrivere all’indirizzo info@algamundi.com», spiegano. «Algamundi, insieme alla vendita degli impianti, offrirà a tutte le aziende agricole una piattaforma on-line per la commercializzazione della biomassa prodotta non riutilizzata all’interno dell’impresa stessa». (www.linkiesta.it)



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