FATTI E PERSONE
L’agricoltura italiana è sempre più rosa

Oggi nel Paese un'impresa agricola su tre è guidata da una donna. Una svolta epocale in un settore che si sta evolvendo verso sfide inedite e che punta sulle sensibilità e sulle capacità femminili

L'agricoltura italiana è sempre più femminile. È quanto emerge da uno studio condotto da Donne Impresa Coldiretti, presentato a Expo il 10 luglio scorso, che ci consegna uno scenario profondamente diverso da quello a cui siamo abituati a pensare: negli ultimi anni le donne, la cui importanza nel settore agricolo è sempre stata oscurata dalla maggiore visibilità degli uomini, si sono riprese la meritata ribalta, grazie anche alle nuove opportunità offerte dal settore.

Un'azienda su tre a guida “rosa”

E il fenomeno non è neanche così recente: già da alcuni anni infatti le ricerche Eurostat segnalano per l'Italia un tasso di occupazione femminile nel settore superiore alle medie europee. Nel nostro Paese sono 1,3 milioni le lavoratrici impiegate, il 40% del totale degli addetti, quasi il doppio della Spagna (660.000), mentre in Francia e in Germania sono circa 340.00. Ma la vera notizia emersa dallo studio “La forza delle donne in agricoltura” è che ora questa penetrazione riguarda anche e soprattutto i vertici delle società: in Italia il 29% delle aziende agricole è guidato da una donna, percentuale che si ferma al 22% nell'industria italiana nel suo complesso (fonte: Unioncamere). Si tratta di circa 215mila imprese, distribuite piuttosto uniformemente sul territorio italiano.

Costruire una cultura del cibo

Pina Alagia, responsabile di Donne Impresa Coldiretti e imprenditrice agricola, ha confermato a Food&Finance che questa tendenza è resa possibile dall'evoluzione del comparto agricolo verso nuovi ambiti: «La legge di orientamento 228 del 2001 ha riscritto il ruolo dell'imprenditore agricolo, a cui non spetta più soltanto l'attività produttiva, e ha aperto a nuove opportunità educative e sociali. È il caso delle fattorie didattiche, degli agri-asili, degli orti scolastici, tutte attività nelle quali la sensibilità delle donne sui temi-chiave dell'educazione all'ambiente, dell'accoglienza e della sostenibilità hanno trovato un'applicazione imprenditoriale vincente». Di fatto, un nuovo modo di svolgere la professione agricola, sempre più improntata alla costruzione di una vera e propria “cultura del cibo”, processo al quale le imprenditrici stanno dimostrando di poter dare una spinta propulsiva.

Una scelta di vita

Tra le conseguenze, anche il cambiamento del profilo delle donne che scelgono di dedicare la propria vita lavorativa all'agricoltura. L'età media si è abbassata (non è inusuale trovare trentenni e quarantenni impegnate in diverse vesti), il livello d'istruzione è notevolmente aumentato, e sempre più spesso una neo-laureata o una giovane imprenditrice sceglie di impiegarsi nell'agricoltura, non perché cresciuta immersa nei campi ma perché convinta dei valori e degli stili di vita che stanno dietro alla cura della terra. «Come tanti giovani – prosegue Pina Alagia – anche le ragazze spesso si accostano a questo settore perché vi riconoscono un'applicazione concreta dei loro ideali ambientalisti e delle loro lotte contro gli sprechi; sono convinte che l'imprenditoria agricola possa contribuire a una rinnovata qualità della vita. Ed è anche la nostra speranza». (www.borsaitaliana.it)





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