FATTI E PERSONE

Gualtiero Marchesi presenta il 'Decalogo del cuoco' e un consiglio finale: creare non è copiare


Gualtiero Marchesi presenta il decalogo del cuoco dopo averlo condiviso con il comitato scientifico della Fondazione Gualtiero Marchesi che si è riunito a Milano nella sede dell’Accademia Gualtiero Marchesi. Fanno parte del Comitato presieduto dal maestro della nuova cucina italiana la regista Andrée Ruth Shammah, il pianista Antonio Ballista, l’architetto Mario Botta, il compositore Giacomo Manzoni, lo storico dell’alimentazione Massimo Montanari, Davide Rampello, direttore artistico del Padiglione Zero di Expo 2015, gli artisti Nicola Salvatore e Aldo Spoldi, il filosofo e storico del design Aldo Colonetti e il filosofo Savatore Veca.
Il decalogo, anticipato questa mattina dal magazine di Expo2015 nasce dal bisogno di chiarire nella terminologia (in italiano si dice cuoco e non chef. E semmai Chef de cuisine!) e, soprattutto, nella sostanza il ruolo del cuoco. Punto primo: cuoco è un mestiere o meglio ancora è un servizio, un ministerium. Secondo: la divisa, candida, individua della sua funzione le caratteristiche essenziali: l’onestà, la pulizia, il rispetto. Tre: la legge del cuoco è la ricetta di cui è esecutore, ricordando che ogni buona esecuzione presuppone una quota d’interpretazione, attentamente dosata, non eccessiva ma neanche assente, introdotta con rispettosa discrezione. A un livello più alto sta il compositore.
Quattro: ai diversi gradi di esperienza e conoscenza corrisponderanno tre figure: l’esecutore, l’interprete e il compositore. Per raggiungere questi traguardi, il cuoco dovrà impadronirsi della tecnica e aver fatto pratica di tutte le partite: antipasti, primi, carni, pesci e pasticceria anche se, poi, deciderà di dare il meglio di sé in una di queste. Cinque: un elemento importante per arricchire le proprie esperienze gastronomiche, è sicuramente la conoscenza di luoghi, dell’acqua, della terra, dell’aria che del carattere del territorio conservano memoria dando a frutti e animali sostanza e gusto; degli abitanti e del clima, con cui gli uni e gli altri devono inevitabilmente misurarsi.
Sei: lo studio delle culture alimentari di altri Paesi, può contribuire a formare una conoscenza più ampia dell’arte culinaria e delle sue realizzazioni con differenti aspetti e contenuti. Sette: la capacità di un cuoco poggia su due pilastri: la conoscenza della materia e dei modi di trattarla nel rispetto della sua natura. Otto: soluzioni tecniche e virtuosismi non possono prescindere dalla conoscenza di tecnica e materiali nella concezione e nell’esecuzione. La tecnica è uso appropriato, controllato e non distruttivo, degli strumenti più adatti all’operazione che si sta eseguendo, senza uccidere la materia.
Nove: ad ogni preparazione, il cuoco deve sapere perfettamente cosa è giusto fare: quali sono tempi e modi della cottura, l’esatta temperatura e, ove necessario, la durata della stabilizzazione, giacché anche il riposo è parte importante del trattamento, come la pausa o il silenzio nella partizione musicale. La presentazione finale dipende molto dalla scelta del contenitore più adatto.
Dieci: uno dei compiti che fanno onore al buon cuoco, è quello di divulgare e incrementare la cultura gastronomica, per un verso insegnando a mangiar bene e correttamente con il cibo offerto in tavola, per altro verso istruendo i giovani e passando il testimone a chi lo merita, introducendolo alla Cultura gastronomica, che quando è veramente tale è esperienza consapevole, ricerca applicata in continuo perfezionamento e adattamento alla vita. E infine, memento, “creare è: non copiare”. Senza per questo inseguire il nuovo, il “mai visto” come attributo di per sé qualificante: possiamo riconoscere la novità tanto nel conosciuto quanto nello sconosciuto, importante è che attinga alla verità. (www.adnkronos.com)

 


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