SALUTE E BENESSERE

Prosciutto e salame rischiosi? Anche no
La risposta dell'Associazione industriali delle carni e dei salumi allo studio di BMC Magazine che correla l'elevato consumo di carni trasformate alla morte precoce

Lo studio della rivista scientifica BMC Medicine che correla l'elevato consumo di carni trasformate al rischio di morte precoce (qui il nostro articolo al riguardo ) ha acceso un dibattito tra gli addetti ai lavori, il mondo scientifico e il mondo delle imprese produttrici dei salumi messi sotto accusa. Vi proponiamo qui il punto di vista di ASSICA, l'Associazione Industriale delle Carni e dei Salumi, che ha ritenuto necessario intervenire nel dibattito.
Milanofiori, 7 marzo 2013 - In riferimento allo studio pubblicato sulla rivista scientifica BMC Medicine “Meat consumption and mortality – results from the European Prospective Investigation into Cancer and Nutrition” che rileva una moderata correlazione tra un elevato consumo di carni trasformate (più di 160 grammi al giorno) e il rischio di morte precoce, ASSICA, Associazione Industriali delle Carni e dei Salumi ritiene di specificare che:
Il limite di 160 grammi di carni trasformate al giorno (ogni giorno) sopra il quale i ricercatori avrebbero individuato un limitato rischio potenziale, è pari a più di quattro volte il consumo medio in Italia.
Questo limite sarebbe infatti superato da un consumatore che mangiasse ogni singolo giorno della sua vita più di un etto e mezzo di salumi. Una quantità non compatibile con le nostre abitudini alimentari. Secondo gli stessi dati monitorati nell’ambito del medesimo gruppo di ricerca, infatti, gli italiani mangiano in media tra 12,5 e 38 grammi di carni trasformate al giorno. L’Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione rileva una media di 30,7 grammi. L’Italia è, dopo la Grecia, il paese dove si consuma il minor quantitativo di carni trasformate (meno della metà rispetto alla Germania e oltre un terzo in meno rispetto a Danimarca, Svezia o Spagna).
Questo nuovo studio, quindi, conferma che il fattore di rischio principale è determinato da uno stile di vita scorretto (dieta squilibrata, poca attività fisica, fumo, ecc.). I consumatori possono quindi continuare ad acquistare e consumare i salumi italiani, come sempre hanno fatto, all’interno di una dieta varia ed equilibrata.
L’industria alimentare e i produttori di salumi italiani hanno a cuore la qualità e la salubrità dei loro prodotti. Oggi la salumeria italiana è il risultato di un mix unico al mondo di tradizione plurisecolare e di costante ricerca avanzata, che, ad esempio, ha permesso di diminuire il quantitativo di sale in una percentuale che va dal 4% circa fino a oltre il 45% a seconda del prodotto, ridurre la quantità dei grassi fino a quasi il 40% e migliorarne la qualità, ottenere prodotti sicuri sotto tutti i profili igienico-sanitari. Tutto ciò dimostrato analiticamente dai valori nutrizionali dei Salumi Italiani emersi dalle analisi presentate da INRAN (Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione, oggi CRA) e SSICA (Stazione Sperimentale per l’Industria delle Conserve Alimentari) nel 2011.
(http://scienza.panorama.it)

 

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