QUALITA'

Made in Italy: in vendita kit per falsificare Parmigiano
 
Ma anche Pecorino Romano, Mozzarella e Ricotta
 
Per la prima volta sono stati messi in vendita i kit per falsificare i più famosi formaggi italiani, dal Parmigiano Reggiano al Pecorino Romano, dalla Mozzarella alla Ricotta. Lo ha denunciato la Coldiretti, alla presenza di rappresentanti delle forze dell’ordine, della magistratura e del Governo. dal Forum dell’agricoltura e dell’alimentazione di Cernobbio dove sono stati mostrati e sperimentati i miracolosi miscugli di pillole e polveri prodotti in Europa, Stati Uniti ed Australia, ma che possono purtroppo essere acquistati anche dall’Italia attraverso internet. Le confezioni, che promettono di ottenere una mozzarella in appena 30 minuti e gli altri formaggi italiani in appena due mesi, contengono recipienti, colini, garze, termometri, piccole presse oltre a lipasi ed altre polveri, e garantiscono di ottenere prodotti caseari ben identificati che sono una chiara contraffazione dei nostri più celebri formaggi. Un danno economico e soprattutto di immagine incalcolabile che - sostiene la Coldiretti - mette a rischio la credibilità conquistata di prodotti divenuti simbolo del Made in Italy di qualità, grazie al lavoro di intere generazioni di allevatori e casari impegnati a rispettare rigorosi disciplinari
 
Particolarmente grave - continua la Coldiretti - è il fatto che ad essere coinvolta sia una azienda della Gran Bretagna che fa parte dell’Unione Europea e che dovrebbe quindi intervenire direttamente per fermare questo scandaloso scempio. Invece l’offerta trova ampio spazio nel mercato di internet dove viene dedicata una particolare attenzione all’arte di fare formaggi in casa, con una curiosa spiegazione delle differenze principali tra le diverse denominazioni. I kit per la produzione di Parmigiano o Romano messi in vendita dalla ditta inglese costano ben 102,38 sterline pari a 120 euro mentre quello per la Mozzarella Cheese costa 25 sterline, pari a 30 euro circa. Nella confezioni in vendita per i due prestigiosi formaggi a pasta dura è contenuta però anche una piccola pressa da formaggi. Si possono lavorare, con gli ingredienti a disposizione, circa 8 litri di latte per volta e, complessivamente, 40 litri di latte. “La mozzarella - si legge nelle istruzioni - non è il formaggio più facile da fare e richiede un po’ di pratica per perfezionare l’operazione di estensione della cagliata. Se i vostri primi due tentativi sono deludenti – si puntualizza - non fatevi scoraggiare. Sarete ricompensati”.
Il kit commercializzato in Australia al prezzo di 81 dollari australiani, pari a circa 57 euro, consente – informa la Coldiretti - di preparare Parmigiano o Romano con piccole variazioni nella miscelazione degli ingredienti. E’ curioso il fatto che non si faccia cenno alla provenienza del latte, se ovino o bovino, che comunque deve essere pastorizzato e lavorato alla temperatura di 37 gradi centigradi. Con dovizia di particolari vengono fornite le istruzioni per la ceratura che non deve essere né troppo leggera né troppo spessa. I due formaggi sono pronti per essere degustati - si legge nell’ultimo punto delle istruzioni – dopo due mesi. Mozzarella facile invece – continua la Coldiretti - negli Stati Uniti dove si propone un “30 Minute Mozzarella Ricotta Kit” del valore di 24,95 dollari (18 euro circa). Con 3,75 litri di latte, acido citrico, caglio, acqua e sale e alcune semplici norme per lavorare la cagliata si ottiene, in barba alla qualità del latte “made in Italy” e all’arte dei nostri “mozzari”, una “perfetta” falsa mozzarella e una delicata falsa ricotta che la “casa” consiglia di degustare “immediately” al termine della lavorazione. Come se ciò non bastasse - continua la Coldiretti - è anche possibile acquistare un “Basic Cheese Making Kit” del costo di 29,95 dollari (22 euro circa) con il quale si possono preparare ben otto formaggi tra i quali l’immancabile Parmigiano e la Ricotta.
 
La Coldiretti chiede un intervento immediato delle autorità nazionali e comunitarie per evitare che si ripeta il fenomeno dei wine kit a danno dei nostri vini più conosciuti, che ha raggiunto una dimensione inquietante nel mondo e nell’Unione Europea dove si stima che almeno venti milioni di bottiglie di pseudo vino all’anno vengano preparati con semplici polveri che promettono di ottenere in pochi giorni vini dalle etichette più prestigiose, Chianti, Valpolicella, Frascati, Primitivo, Gewurztraminer, Barolo, Lambrusco o Montepulciano. L’annunciato blocco delle vendite in Gran Bretagna prima dell’estate, a seguito della positiva azione dell’Interpol, sollecitata dalle Autorità nazionali, non ha avuto il risultato sperato perché le ditte produttrici, come è stato mostrato al Forum di Cernobbio, si sono limitate a cambiare fantasiosamente i nomi e così il Barolo è diventato Barollo, il Brunello di Montalcino ora si chiama Monticino, il Valpolicella divenuto Vinoncella mentre il nuovo nome del Chianti è Cantia che suona molto simile con la pronuncia inglese. Anche in questo caso - spiega la Coldiretti - l’inganno è globale con le ditte produttrici che si trovano negli Usa ed in Canada, ma anche in Svezia dove i wine kit che dichiarano di ottenere in soli 5 giorni, in casa, Lambrusco, Sangiovese o Primitivo, sono stati venduti addirittura con i marchi Cantina e Doc’s.
 
La contraffazione e la falsificazione dei prodotti alimentari Made in Italy costa all’Italia trecentomila posti di lavoro che si potrebbero creare nel Paese con una seria azione di contrasto a livello nazionale e internazionale particolarmente importante in un momento di crisi, secondo il nuovo rapporto 2013 “Agromafie” sui crimini agroalimentari elaborato da Eurispes e Coldiretti. Con il fatturato del falso Made in Italy, che solo nell’agroalimentare ha superato i 60 miliardi di euro, la lotta alla contraffazione e alla pirateria rappresentano per le Istituzioni un’ area di intervento prioritaria per recuperare risorse economiche utili al Paese e generare occupazione. Il fatturato delle esportazioni agroalimentari nazionali, che ha raggiunto la cifra record di 34 miliardi nel 2013, potrebbe addirittura triplicare, ma alla perdita di opportunità economiche e occupazionali si somma - sottolinea la Coldiretti - il danno provocato all’immagine dei prodotti nostrani soprattutto nei mercati emergenti dove spesso il falso è più diffuso del vero e condiziona quindi negativamente le aspettative dei consumatori. Il cosiddetto “Italian sounding” colpisce i prodotti più rappresentativi dell’identità alimentare nazionale come è stato evidenziato dall’esposizione della Coldiretti sui casi più eclatanti di pirateria alimentare nei diversi continenti dove sono state scovate delle inquietanti aberrazioni, dal “Parma salami” del Messico alla curiosa “mortadela” siciliana dal Brasile, dal “salami calabrese” prodotto in Canada al “provolone” del Wisconsin. Le denominazioni Parmigiano Reggiano e Grana Padano sono le più copiate nel mondo con il Parmesan diffuso in tutti i continenti, dagli Stati Uniti al Canada, dall'Australia fino al Giappone, ma in vendita c'è anche il Parmesao in Brasile, il Regianito in Argentina, Reggiano e Parmesao in tutto il Sud America. Per non parlare del Romano, dell'Asiago e del Gorgonzola prodotti negli Stati Uniti dove si trovano anche il Chianti californiano e inquietanti imitazioni di soppressata calabrese, asiago e pomodori San Marzano “spacciate” come italiane. In alcuni casi sono i marchi storici ad essere “taroccati” come nel caso della mortadella San Daniele e del prosciutto San Daniele prodotti in Canada. Il comune denominatore degli esempi di imitazione e contraffazione di prodotti agroalimentari italiani è l’opportunità, per un’azienda all’estero, di ottenere sul proprio mercato di riferimento un vantaggio competitivo associando indebitamente ai propri prodotti l’immagine del Made in Italy apprezzata dai consumatori stranieri, senza alcun legame con il sistema produttivo italiano e facendo concorrenza sleale nei confronti dei produttori nazionali impegnati a garantire standard elevati di qualità. Bisogna combattere un inganno globale per i consumatori che - conclude la Coldiretti - causa danni economici e di immagine alla produzione italiana sul piano internazionale cercando un accordo sul commercio internazionale nel Wto per la tutela delle denominazioni dai falsi, ma è anche necessario fare chiarezza a livello nazionale ed europeo dove occorre estendere a tutti i prodotti l'obbligo di indicare in etichetta l'origine dei prodotti alimentari come previsto dalla legge approvata all’unanimità dal Parlamento italiano all’inizio della legislatura e rimasta fino ad ora inapplicata.
(www.coldiretti.it)


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