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Per l'impatto climatico i campi bio 'valgono' 7% dell'obiettivo riduzione Co2

Trentaquattro milioni di tonnellate all’anno è l’impegno di riduzione delle emissioni di Co2 in Italia. Ben il 7% di quest’obiettivo potrebbe essere raggiunto solo riconvertendo completamente ad un’agricoltura naturale tutti i campi coltivati nelle aree protette della Rete Natura 2000, un patrimonio con un alto valore naturalistico che fornisce anche altri servizi ambientali fondamentali. Sotto la protezione dell’Unione Europea ci sono in Italia oltre 6 milioni di ettari, il 21% del territorio nazionale.

Molte di queste zone sono tutelate per valori naturalistici che sono stati conservati da attività umane tradizionali: è il caso dei pascoli di alta quota, dove la biodiversità (a cominciare dalla presenza di specie in via di estinzione) è garantita dalla pastorizia tradizionale. Per comunicare il valore non solo della difesa della biodiversità ma della sua importanza per l’agricoltura tradizionale e biologica in queste zone, è partito il progetto Life fa.re.na.it. - Fare rete natura in Italia: un piano e degli strumenti di comunicazione specialmente diretti alle comunità che abitano in quel prezioso 20% del territorio italiano tutelato grazie alle direttive europee.

A presentarlo oggi, assieme ai dati sui servizi ecosistemici offerti nelle aree Rete Natura 2000 a pochi giorni dall’ottavo ‘compleanno’ del Protocollo di Kyoto, sono stati Stefano Di Marco, vicepresidente Cts e responsabile del progetto; Bernardo De Bernardinis, Presidente Ispra; Laura Pettiti del ministero dell’Ambiente; Luigi Servadei del ministero delle Politiche Agricole e Toni De Amicis, Coldiretti.

Una gestione più sostenibile delle attività agricole nelle aree Sic e Zps, ossia le aree protette su scala continentale, secondo il presidente Ispra De Bernardinis, "porterebbe a fissare nei suoli dei campi delle aree Natura 2000, circa 2,2 milioni di tonnellate di anidride carbonica l’anno, pari al 50% delle emissioni annuali dell’industria cartaria italiana e a oltre il 90% di quelle della manifattura del vetro. Per dare un’idea della grandezza di questi numeri, è utile ricordare che nel solo anno 2011, il nostro Paese ha emesso 433 milioni di tonnellate di anidride carbonica. L’adozione di pratiche di agricoltura biologica comporta una serie di benefici ambientali, tra cui la mitigazione dei cambiamenti climatici, la protezione da eventi climatici estremi ma anche, come fortemente voluto dalla Ue, l’affermazione di un’economia sostenibile".

Per far partire in tutta Italia la protezione della natura e dell’ambiente di scala continentale, per Stefano Di Marco, vicepresidente del Cts, "occorre accrescere la conoscenza e la fiducia di chi vive e lavora nelle aree Sic e Zps. Il progetto fa.re.na.it., finanziato dalla Commissione Europea con il programma Life+, ha messo al primo posto le esigenze degli abitanti e dei produttori; ha iniziato un percorso di ascolto delle necessità e dei problemi di chi opera in condizioni di maggior rispetto degli equilibri naturali; ha aperto una strada nella direzione di un riconoscimento del valore ambientale ed economico dell’agricoltura sostenibile nelle aree Rete Natura 2000".

"Gli agricoltori e le aziende agricole che operano all’interno di un sito Natura 2000 sono determinanti per la tutela della biodiversità e il successo di questa rete europea. Ci auguriamo che con la nuova programmazione dei fondi comunitari 2014-2020, si tenga adeguatamente conto di questo aspetto e che conseguentemente gli agricoltori possano attingere a vari strumenti finanziari europei, in relazione al loro ruolo di gestori del territorio rurale e al loro indispensabile contributo alla conservazione della diversità delle specie vegetali ed animali”, aggiunge Toni De Amicis di Coldiretti.

Nell’attuale periodo finanziario (2007–2013), aggiunge De Amicis, "sono già disponibili una serie d’opportunità per sostenere le misure di gestione all’interno dei siti. Nel complesso, però gli studi indicano che il livello di utilizzo da parte degli Stati membri è limitato e che i fondi coprono solo il 20% circa delle esigenze annuali di finanziamento di Natura 2000. Nel prossimo periodo finanziario (2014-2020) occorrerà particolare attenzione per garantire un migliore utilizzo delle opportunità disponibili per la gestione dei siti Natura 2000 con altri fondi europei".

La Rete Natura 2000, sottolinea Laura Pettiti del ministero dell’Ambiente, "è una realtà di protezione e di produzione di servizi ecosistemici di rilevanza europea ma ancora poco conosciuta in Italia. E particolarmente poco valore si è dato finora alla presenza nella rete di aree cambiate in modo positivo dall’attività umana: ad esempio i campi tradizionali delle montagne appenniniche o i grandi pascoli alpini, che possono e devono continuare a conservare equilibri naturali unici".

Nelle aree Natura 2000 in Italia "oltre un terzo del territorio è occupato da attività agricole o di pascolo" spiega Luigi Servadei del ministero dell’Agricoltura, sottolineando che "queste zone hanno contribuito e continuano a contribuire attivamente al mantenimento della biodiversità specifica e, se gestite in modo naturale, alla fissazione della Co2. Oggi - conclude - lo sviluppo delle aree rurali passa anche attraverso il rafforzamento dell’integrazione tra politiche agricole e politiche ambientali a livello comunitario, nazionale e a livello locale. Si tratta di mettere a regime questa collaborazione e coinvolgere prioritariamente i protagonisti della produzione di risorse primarie e della conservazione sul territorio, a partire da agricoltori e allevatori". (www.adnkronos.com)



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