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Sotto le macerie l’eccellenza dell’agroalimentare italiano
Sisma in Emilia devastante per il settore primario. Solo i danni acquisiti sono 500 milioni di euro. Ma sul lungo periodo si rischia di pagare molto di più per blocchi e rallentamenti di produzione.
 

Quello del terremoto in Emilia è un bollettino durissimo. Oltre alle vite umane coinvolte, la regione paga i pensantissimi effetti sui vari comparti produttivi. Tra i più colpiti proprio l’agricoltura, che nelle tre provincie al centro delle cronache di questi giorni concentra il 6 per cento del valore della produzione agricola nazionale.
Per ora la conta dei danni ammonta a mezzo miliardo di euro. 300 milioni derivano dai cedimenti e lesioni a case rurali, cantine, stalle, fienili, serre, magazzini di stoccaggio e lavorazione. Crolli che hanno coinvolto anche il bestiame, con centinaia di animali finiti sotto le macerie, e gli attrezzi e i macchinari agricoli. Mentre ben 150 milioni di euro è il valore economico delle forme di Parmigiano Reggiano e di Grana Padano andate distrutte per i crolli delle scalere nei rispettivi caseifici. E altri 15 milioni sono andati persi per il rovesciamento del prodotto e la rottura delle botti nelle acetaie del Balsamico di Modena. I restanti 45 milioni sono riferiti alle tecnologie agricole compromesse. Nonostante siano ancora in corso le verifiche, secondo una prima stima a tanto ammonterebbero i danni agli impianti idraulici e d’irrigazione, oltre a tecnologie di confezionamento utilizzate nel settore vitivinicolo, caseario e della trasformazione carni.
A quelle che sono le perdite economiche già acquisite, però, vanno aggiunte quelle che si renderanno evidenti nel lungo periodo per i blocchi o i rallentamenti di produzione che stanno già investendo le attività agricole di campagna. L’allarme riguarda soprattutto il comparto zootecnico, che da solo rappresenta il 50 per cento della produzione lorda vendibile della regione. A preoccupare particolarmente la filiera del latte è il calo fino al 20 per cento della resa produttiva del bestiame, in seguito allo stress del terremoto.
Ma c’è preoccupazione anche per la frutticoltura emiliana, che rappresenta il 17 per cento del comparto nazionale e il 30 per cento del valore dell’agricoltura regionale, e ora potrebbe risentire delle difficoltà di organizzazione della campagna di raccolta e dei danni ai laboratori di conservazione e trasformazione. A pochi giorni dall’apertura della stagione delle albicocche e delle pesche, infatti, la regione che produce il 50 per cento delle pesche italiane, il 16 per cento delle ciliegie e l’80 per cento delle pere, potrebbe perdere il 10 per cento del prodotto.
È per questo che la Cia sta lavorando a mettere in connessione le varie aziende distribuite sul territorio, creando un’efficiente rete di aiuto reciproco tra agricoltori e allevatori, in modo da evitare i blocchi di produzione, che rischiano, soprattutto nel caso della frutta fresca, di far marcire il prodotto. In questo modo le aziende che hanno avuto danni al laboratorio di trasformazione e conservazione degli alimenti, può “appoggiare” il proprio raccolto nell’azienda agricola del “vicino”, magari lasciandogli una parte del prodotto. Restaurando così una sorta di “baratto” della solidarietà, che vuole limitare i danni in tutti quegli ambiti produttivi che fanno grande il settore primario delle province di Ferrara, Modena e Mantova, che da sole “producono” il 6 per cento del valore della produzione agricola nazionale. (www.nuovaagricoltura.net)


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