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18.621 imprese già chiuse
E chi resiste alle prese con Imu, liberalizzazioni, concorrenza sleale, art. 62, costi fissi in aumento e prezzi no: ecco i pubblici esercizi in iItalia per la Fipe che chiuderanno il 2012 con -1,6 miliardi di euro di consumi

Oltre 18.600 imprese hanno chiuso i battenti nei soli primi 9 mesi 2012 con un saldo negativo iscritte-cessate di 6.155 unità dopo le 9.000 unità del 2011, e quelle che “resistono” sono costrette a fare i conti con un aggravio di costi per l’Imu di almeno 200 milioni di euro, liberalizzazioni, somministrazione non assistita con concorrrenza sleale dovuta a tassazione e contribuzione agevolata, articolo 62 del decreto Liberalizzazioni e pagamenti entro 30 e 60 giorni (provvedimento da 6 miliardi di euro in un contesto di crisi di liquidità), che si aggiungono ai costi fissi in aumento, dal personale agli affitti, mentre i prezzi di bar e ristoranti sono cresciuti moderatamente: ecco lo stato dell’arte degli esercizi pubblici in Italia, tracciato dal presidente della Fipe-Federazione Italiana Pubblici Esercizi Lino Enrico Stoppani nella sua relazione finale all’ Assemblea nazionale della federazione n. 67, inquadrati “in un contesto socio-economico di un intero Paese ancora in grande difficoltà”.
Il risultato? Se “solo nel primo semestre del 2012 le vendite reali - spiega Stoppani - ovvero quelle al netto dell’inflazione, sono calate dell’1,90%, a fine anno si stima una contrazione reale dei consumi del 2,5%, pari in valore assoluto a oltre 1,6 miliardi di euro”.
Scendendo nel dettaglio ed analizzando le principali tematiche con cui fa i conti il settore, il presidente della Fipe sottolinea che “l’Imu comporterà un aggravio di costi per le nostre imprese di almeno 200 milioni. Per contro i prezzi di bar e ristoranti hanno mantenuto dall’inizio dell’anno una crescita moderata. Gli effetti sul tessuto imprenditoriale sono pesanti; nei primi nove mesi di quest’anno hanno cessato l’attività 18.621 imprese con un saldo negativo pari a 6.155 unità: un dato negativo che si aggiunge a quello del 2011, quando il saldo iscritte-cessate è stato negativo per 9.000 unità. Sul prezzo - aggiunge Stoppani - si sconta la forte incidenza dei costi fissi, personale e affitti in modo particolare, entrambi con tendenza al rialzo, i primi per le dinamiche salariali sulle quali si impone un ragionamento con le organizzazioni sindacali per soluzioni che premino la produttività del lavoro, mentre sugli affitti si sta scontando il loro allineamento a valori immobiliari che, a volte, sono anche fuori mercato”.
L’attenzione poi non può che ricadere sui punti più vulnerabili per i pubblici esercizi, cioè liberalizzazioni, somministrazione non assistita in grado di erodere fette di mercato con una concorrenza sleale dovuta a tassazione e contribuzione agevolata. E non da ultimo, ovviamente l’insostenibilità dell’articolo 62 del decreto Liberalizzazioni (provvedimento da 6 miliardi di euro in un contesto di crisi di liquidità) che impone pagamenti entro 30 giorni per merci deperibili e 60 per quelle non deperibili contro cui Fipe sta mettendo in campo azioni di contrasto intervenendo sulla Corte Costituzionale con un esposto all’Unione europea.
E ricordando che le attività commerciali rappresentano non solo un valore economico, ma anche sociale, il presidente Fipe Stoppani sottolinea che “noi ci impegneremo al massimo per supportare la ripresa. E dopo un anno di austerity ci aspettiamo che anche il Governo Monti metta in campo tutti gli strumenti necessari per la ripresa economica. Ci auguriamo però che lo stile, l’autorevolezza, la credibilità, la competenza e il lavoro che, nonostante tutto, il Governo Monti ha espresso nel suo mandato non vengano dispersi e che il Paese sappia esprimere una classe politica che sappia continuare e magari anche migliorare il percorso di recupero e di rilancio del Paese”. (www.wineews.it)


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