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Inflazione: il carrello della spesa frena, ma senza effetti sui consumi alimentari. Oggi la tavola è “low-cost” per una famiglia su tre
La Cia commenta i dati definitivi sui prezzi al consumo a novembre diffusi dall’Istat: la situazione resta critica e certo non aiuta la pressione fiscale alle stelle e il potere d’acquisto sottoterra. Per gli italiani si prospetta un Natale di austerity.
 
A novembre rallenta la corsa del carrello della spesa, ma non ci sono effetti concreti sulle tasche degli italiani. Far quadrare i conti domestici resta difficile e le famiglie sono costrette a una dura “spending review” casalinga che coinvolge anche la tavola, con gli acquisti alimentari in calo dell’1,5 per cento da inizio anno solo nella Gdo. Una situazione che rischia di contagiare anche il Natale alle porte, con il 68 per cento delle famiglie che ha già ammesso che celebrerà le prossime feste in modo più modesto per colpa della crisi. Lo afferma la Cia-Confederazione italiana agricoltori, in merito ai dati definitivi sui prezzi al consumo diffusi dall’Istat.
D’altra parte, se aumentano i costi per le bollette e i trasporti (rispettivamente +6,4 per cento e +5,2 per cento annuo) -sottolinea la Cia- gli italiani devono continuare a “tagliare” da qualche altra parte, cibo e bevande compresi, tanto più che a novembre i prezzi al dettaglio di molti prodotti “base” della tavola si sono “scaldati”: la frutta (+5,5 per cento), la carne bovina e suina (rispettivamente +2,5 e +2,4 per cento), le uova (+6,4 per cento), le farine (+1,6 per cento), la verdura (+1,8 per cento).
Le famiglie, insomma, sono costrette a mantenere “condotte” d’acquisto orientate alla prudenza e al massimo risparmio. Anche perché mentre la pressione fiscale in un anno è salita al 44,7 per cento, il potere d’acquisto si è invece ridotto del 4,1 per cento. E quindi il risultato -conclude la Cia- è che si riducono drasticamente cene fuori casa e dolci della domenica, con un calo nei ristoranti (-5 per cento) e nelle pasticcerie (-11 per cento). Senza contare che oggi ben il 34 per cento delle famiglie italiane (7,4 milioni) dichiara di optare ormai per prodotti “low-cost” o di qualità inferiore, mentre il 28 per cento (6,5 milioni) ammette di rivolgersi quasi esclusivamente ai discount per la spesa settimanale. (www.cia.it)


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