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L'inquinamento? Colpa della bistecca

La guerra della Lav al ciclo della carne. In un dossier al ministro Clini e per il vertice Onu sulla green economy, tutte le accuse della Lega antivivisezione contro la cultura alimentare delle proteine animali e l'economia che la sostiene

La carne a tavola è tra i maggiori responsabili dell'inquinamento del pianeta e in prospettiva rischia di assumere dimensioni non più sostenibili per l'ambiente. A sostenerlo è la Lega antivivisezione animali (Lav) in un rapporto inviato al ministro dell'Ambiente, Clini, in vista del vertice Onu "Rio+20" che da oggi discuterà di obiettivi mancati e futuro da parte dei governi in materia di cambiamenti climatici e green economy.
Secondo la Lav, il ciclo della produzione di carne sfrutta il 30% delle terre emerse del pianeta e il 70% delle terre agricole disponibili, contribuisce ad avere un impatto negativo sul clima e sull'ambiente, arreca agli animali sofferenze e morte. Il rapporto dell'associazione lancia dunque un allarme generale sull'impatto (ambientale, economico, salutare ed etico) provocato dalla cultura mondiale della bistecca, chiedendo ai Paesi riuniti alla conferenza Rio+20 di "adottare politiche di sostituzione della produzione delle proteine animali verso le proteine vegetali e l'eliminazione di sussidi lungo tutta la filiera zootecnica".
Nel rapporto "I costi reali del ciclo di produzione della carne", presentato oggi a Roma, la Lav ha riunito diversi studi internazionali sull'argomento, giungendo alla conclusione che il ciclo della carne causa acidificazione delle terre, inquinamento ed eutrofizzazione delle acque, cambiamento climatico, cancerogenicità, sfruttamento delle risorse naturali, utilizzo di energia non rinnovabile, inquinamento atmosferico. Non solo, la filiera dell'hamburger sarebbe la terza fonte di emissioni inquinanti (co2) dopo le installazioni industriali/energetiche e i trasporti, mentre, solo per alcune sue fasi, il settore "allevamento animali" sarebbe responsabile per circa il 12,8% delle emissioni totali nell'Ue.
Per quanto ampiamente maggioritaria nella comunità scientifica, la scelta della proteina animale come base dell'alimentazione è contestata dalla Lav anche perché, accusa l'associazione, tutto quello che è a monte di un piatto di carne comporterebbea "inquinamento del suolo che si ripercuote sulle falde acquifere sotterranee", uso di fertilizzanti sintetici e chimici e un enorme utilizzo della risorsaa acqua. Per non parlare dei rischi sanitari: "La carne che si consuma oggi - arriva a sostenere la Lav - è un prodotto inquinante globalizzato, veicolo di epidemie mondiali che colpiscono gli animali e l'uomo".
"Per produrre un chilo di carne di manzo - dice Roberto Bennati, vicepresidente della Lav - sono necessari 10 chili di mangimi e 15.500 Litri di acqua e comporta la produzione di tanta co2 quanto un'automobile che percorre 250 km (una distanza pari circa a quella tra Roma e Firenze), mentre due terzi dell'energia consumata dal ciclo di produzione della carne proverrebbe dalla produzione e dal trasporto dei mangimi per animali".
Contro tutto questo, la Lav lancia un documento articolato di proposte per una nuova politica alimentare 'sostenibile', che dovrebbe essere attuata subito sia dai governi che dalle singole famiglie; dunque una "profonda revisione dei modelli alimentari", visto che quelli attuali, secondo l'associazione, sono "orientati non in funzione delle esigenze alimentari e nutrizionali delle popolazioni, ma effetto di programmi di produzione industriale legate ad esigenze di crescita economica". L'obiettivo finale, per l'associazione, è sostituire "la produzione delle proteine animali" con quelle vegetali. (www.repubblica.it)


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