LUOGHI

Il Consorzio del Franciacorta è stato il primo ad adottare il progetto Ita.Ca by Studio Agronomico Sata
I primi risultati? Tagliate 3.000 tonnellate di co2. Che potrebbero salire a 5.000. Come recuperare 700 ettari di verde. Nel focus i particolari ...

3.000 tonnellate di Co2 tagliate sulle aziende monitorate, che salirebbero a oltre 5.000 proiettando il dato su tutta la Franciacorta. Come recuperare un’area verde di 700 ettari. Ecco i risultati concreti, fino ad oggi, del progetto Ita.Ca, adottato per primo in Italia, con grande convinzione, dal Consorzio del Franciacorta.
“Dai dati emersi - ha detto, nel convegno di Erbusco, il presidente del Consorzio, Maurizio Zanella - possiamo dire che la vitivinicoltura nel suo insieme contribuisce a ridurre l’impatto sull’ambiente provocato da numerose attività produttive, in termini di emissioni di gas serra. Attraverso questo progetto confermiamo la sensibilità e l’impegno da parte delle aziende vitivinicole della Franciacorta alla razionalizzazione dei processi produttivi, orientati alla sostenibilità ambientale ed economica, oltre all’attivazione di programmi di miglioramento che possano accrescere la credibilità e l’autorevolezza del sistema Franciacorta presso i consumatori”.
“Il Consorzio della Franciacorta (www.franciacorta.net) - ha detto Pierluigi Donna dello Studio Agronomico Sata (www.agronomisata.it) - è stato il primo e unico in Italia ad essere rappresentato da un monitoraggio delle emissioni di gas serra a livello territoriale con una rappresentatività superiore a quanto realizzato anche in altri Paesi. L’analisi, infatti, ha preso in esame oltre venti realtà produttive, 1.500 ettari di superficie vitata, pari al 60% di tutta la Docg. In questa prima fase le aziende più rappresentative dei diversi modelli viticoli e imprenditoriali della Franciacorta si sono offerte spontaneamente per questo programma di autocontrollo. Secondo le indagini effettuate i modelli viticoli della Franciacorta possono immobilizzare almeno 15 tonnellate per ettaro di Co2 all’anno. Considerando la media delle emissioni è possibile stimare, per la. Franciacorta, un credito di quasi 12 tonnellate/ettaro per anno relativi alla sola attività di campo. In considerazione delle attività di cantina e dell’interazione con quelle della viticoltura, all’inizio del 2011 con le aziende e il Consorzio della Franciacorta fissammo come obiettivo minimo raggiungibile nel primo quinquennio una riduzione di emissioni pari a 1.200 tonnellate di Co2 equivalenti. A oggi possiamo affermare che il territorio ha intrapreso un percorso virtuoso di attenzione e impegno testimoniati da un netto miglioramento del proprio bilancio globale, pari a un contenimento di emissione pari a quasi 3.000 tonnellate di Co2, sulle aziende monitorate, che salirebbero a oltre 5.000 proiettando il dato su tutta l’area franciacortina. Si tratterebbe del recupero stimabile dall’attività di un’area verde per oltre 300 ettari sulle aziende monitorate e fino a quasi 700 con la proiezione sull’intera Docg”.
Il lavoro degli agronomi Sata ha preso in esame anche la valutazione dei consumi idrici che, pur non avendo relazioni con le emissioni di gas a effetto serra (Ghg), rappresentano un fondamento della sostenibilità. Un altro indice, a carattere parziale, è quello delle quantità di energia elettrica impiegata nel complesso per giungere a una bottiglia immessa al consumo. “Interessante sottolineare che le rilevazioni hanno evidenziato, per la Franciacorta, un apporto di energia da fotovoltaico pari al 7% del fabbisogno energetico complessivo”. Insomma, un impegno importante, quello della filiera del vino nell’ottica del rispetto dell’ambiente. Anche perché, come ha sottolineato Andrea Pitacco dell’Università di Padova, gli studi stanno legittimando il ruolo dei suoli vitati, soprattutto se inerbiti, nella sottrazione di Co2 dall’atmosfera, finora riconosciuto solo a boschi e foreste.
Una necessità, quella di ridurre le emissioni di gas serra, come ha ricordato Angelo Cichelli dell’Università d’Annunzio Chieti-Pescara, che è diventata una prerogativa condivisa anche dall’Organizzazione Internazionale della Vite e del Vino (Oiv), nella quale lo Studio Agronomico Sata è presente per convocazione del Ministero per le Politiche Agricole.
Focus - Franciacorta, nel 60% della denominazione e tra il 70% dei produttori, c’è sempre più attenzione all’ambiente. Anche grazie al progetto Ita.ca di Studio Sata, che il Consorzio del Franciacorta, per primo in Italia, ha adottato
La sensibilità verso un miglioramento delle condizioni ambientali e per una produzione che non incrementi le soglie di inquinamento o distrugga gli equilibri naturali è decisamente aumentata nel recente passato. E, fortunatamente, non è restata soltanto un desiderio ma è progressivamente diventata una realtà concreta, aprendo, probabilmente, uno dei settori di sviluppo economici più importanti specialmente quando si parla di agricoltura. Nel comparto vitivinicolo il Consorzio del Franciacorta (www.franciacorta.net), primo in Italia, ha già costituito un progetto che va in questa direzione, alla luce dell’impatto che le attività umane determinano sull’effetto serra, incaricando lo studio agronomico Sata e l’Università di Milano di predisporre un piano di misurazione delle emissioni nell’intera denominazione, denominato “Ita.ca”, il primo calcolatore italiano condiviso a livello internazionale, conforme alle direttive Oiv ed alle norme di certificazione.
Nel convegno “Viticoltura sostenibile in Franciacorta: esperienza di contenimento responsabile delle emissioni di gas-serra”, di scena oggi ad Erbusco, è stato presentato il primo bilancio di questa operazione che “rappresenta - spiega Pierluigi Donna, responsabile dello Studio Agronomico Sata (www.agronomisata.it) autore del progetto in Franciacorta - un successo anche dal punto di vista della condivisione e della partecipazione che abbiamo riscontrato durante due anni di lavoro. Si tratta del primo piano di monitoraggio in Italia e, probabilmente, per estensione, visto che riguarda un intero territorio, fra i primi al mondo. I risultati sono molto confortanti perché non solo la presenza della viticoltura consente già una sottrazione di Co2, capace di compensare l’attività aziendale, ma abbiamo riscontrato un miglioramento ulteriore dettato dalla diffusione di una nuova cultura del produrre. Un risultato importante - conclude Donna - visto che comprende il 60% dell’intera superficie della denominazione e il 70% dei produttori”.
Ma oltre a discutere dei risultati già acquisiti il convegno ha esplorato anche il panorama generale di sviluppo e il nuovo approccio culturale necessario a governare questo processo virtuoso. “Al centro di una nuova cultura dell’ambiente sta senza dubbio l’attenzione alla biodiversità - spiega Marco Tonni dello studio Agronomico Sata - ma è necessario che anche la biodiversità sia “sostenibile”, che consideri cioè anche gli aspetti economici e sociali della sua diffusione, che passi attraverso la biodiversità delle specie agrarie e degli ambienti colturali, ma anche e soprattutto degli stessi agricoltori e dei metodi di comunicazione. I criteri di sviluppo della biodiversità in agricoltura dovranno garantire che si crei una rete virtuosa di comunicazione volta a dare valore agli sforzi delle aziende in questa direzione. Si dovranno proporre strategie di crescita aziendale e territoriale organizzando la biodiversità secondo un criterio che consideri tutti questi aspetti. Questo obbiettivo non può prescindere dal coinvolgimento del consumatore, visto come utente e destinatario finale sia dell’ambiente gradevole, che del prodotto migliorato e responsabile, che del messaggio etico e culturale che viene lanciato. Ovviamente - conclude Tonni - il collante di questi principi e l’arma del successo di progetti aziendali debbono essere le conoscenze delle tecniche agronomiche, imprescindibili per il successo di ogni intervento in campo agricolo, ecologico o naturale”.
Certo, le diverse impostazioni che attualmente, in viticoltura ed enologia, tendono a migliorare l’approccio verso la tutela di salute, ambiente e la qualità del prodotto si collocano in diversi profili più o meno codificati da regolamenti e certificazioni. Molto spesso questi sforzi si dirigono ad aspetti specifici e si sente il bisogno di un approccio più globale, nella filiera produttiva “che concorrano ad una produzione sostenibile da tutti i punti di vista - spiega Leonardo Valenti, cattedra di viticoltura dell’Università di Milano - economico, ambientale, etico, salutistico ma senza perdere mai la forte propensione alla qualità. Ogni valutazione però deve conseguire ad un giudizio oggettivo, il più completo ed il più ragionato possibile, almeno nell’ambito di una determinata interpretazione dei valori. Per questo motivo abbiamo costruito un sistema guida, che aiuti tecnici e produttori ad esaminare ogni fase della loro opera, che contempli le diverse azioni possibili e che, su solida base conoscitiva e su un’articolata riflessione, li guidi ad un giudizio concreto ed ad una misura della qualità del lavoro svolto. Questo giudizio, espresso dai diversi punti di vista della sostenibilità ambientale/salute e della propensione alla qualità intrinseca - conclude Valenti - può essere uno strumento per individuare eventuali punti critici ed impostare un percorso di miglioramento verso livelli di maggior successo, gratifica del consumatore e soddisfazione imprenditoriale”.

Focus - Che cosa è “Ita.ca” by Sata Studio Agronomico
Il modello Ita.Ca è il primo calcolatore italiano condiviso a livello internazionale, conforme alle direttive che l’Oiv sta progressivamente perfezionando ed alle norme di certificazione in essere e comprende anche la valutazione dei consumi idrici. La misura precisa e particolareggiata di ogni aspetto della filiera consente di comparare nel tempo le condizioni emerse dimostrando su solido fondamento quanto in effetti un territorio e/o azienda ha potuto migliorare nel suo impegno di contenimento dell’impatto e sulla base di quali strategie. Lo strumento del monitoraggio è utile per evidenziare punti critici ed opportunità di perfezionamento del sistema. A tal fine, ad esempio, sono stati espressi alcuni indici dedicati. Il concetto di “bilancio”, inoltre, deriva dalla valorizzazione di quello di “sequestro”, l’effetto positivo della fotosintesi di un contesto viticolo, in gran parte inerbito, che sottrae l’anidride carbonica dall’atmosfera per fissarla nella Sostanza Organica al suolo e nelle strutture legnose permanenti. La viticoltura, infatti, assume un ruolo essenziale, attraverso le forme di gestione e la valorizzazione degli inerbimenti, attraverso la conservazione o l’incremento della sostanza organica al suolo. Valutazioni condotte per diversi anni nell’Italia settentrionale, hanno mostrato un incremento di sostanza organica attorno a 0,1% per anno nel caso di un inerbimento permanente. Il suolo, in particolare, gioca un ruolo essenziale sia come riserva di Carbonio sotto forma di sostanza organica, che come fonte di emissioni nel momento in cui questa si consuma.
(www.winenews.it)


 


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