AZIENDE E PRODOTTI

Calano i consumi di vino nei paesi produttori, ma cresce l’export
L’analisi – Winenews: succede in Italia, Francia e Spagna dove si tocca i minimi storici. E con una bottiglia su tre prodotta nel mondo bevuta all’estero lontano da “patria” d’origine

Sarà il ritorno del fascino dell’“esotico” inteso come qualcosa che viene da lontano, oppure il fatto che le economie dei leader storici del vino mondiale non sono particolarmente in salute mentre i Paesi emergenti e con economie in crescita sono sempre più “assetati” di vino, ma anche che gli sforzi e le iniziative promozionali per allargare i mercati diventano sempre più incisive e frequenti, fatto sta che sempre più spesso il nettare di Bacco viene consumato lontano dal Paese in cui viene prodotto. Un trend, riferisce Winenews, ormai storicizzato, al punto che se negli anni ’80, nel mondo, veniva venduta all’estero 1 bottiglia su 5, oggi il rapporto è di 1 a 3.
Un andamento “esterofilo” diffuso, che compensa il calo dei consumi interni che accomuna i maggiori produttori di vino al mondo, Italia, Spagna e Francia. Se nel Belpaese, infatti, il consumo pro capite continua la sua discesa storica toccando, secondo Assoenologi, nel 2011 i 40 litri a testa (sui 120 degli anni ’70), anche in Francia le statistiche di consumo hanno tutte il segno meno, con i transalpini che, nel 2010, hanno bevuto 45,4 litri di vino a persona, con un calo del 30% in 20 anni (dati Insee-Istituto nazionale di Statistica francese). E non va meglio in Spagna, dove dal 1980 al 2010, secondo l’Observatorio Español del Mercado del Vino, i consumi sono scesi da 50 a 18 litri per persona all’anno.
A fare da contraltare, per fortuna in positivo, è l’export che, nel 2011, ha fatto segnare record a ripetizione: l’Italia ha superato per la prima volta i 4 miliardi di euro in valore, più o meno lo stesso del vino consumato in “patria” (la cifra precisa è di 4,4 miliardi di euro, ndr), con un aumento del 13% sul 2010, e la Spagna ha fatto segnare una crescita “monstre”, con un +26,3% sul 2010, per 2,2 miliardi di euro. E anche la Francia, spinta soprattutto dal recupero dello Champagne, ha visto il suo export toccare cifre mai raggiunte prima, con 10,1 miliardi di euro complessivi per gli alcolici, di cui 7 solo di vino (+10,7% in valore, dati Federazione esportatori vini e alcolici).
Il solo produttore mondiale importante (anche se con volumi lontani dai “tre tenori” europei) dove crescono sia consumi che esportazioni sono gli Stati Uniti, che hanno visto l’export schizzare su del 21,7% nel 2011 sul 2010, a 1,39 miliardi di dollari, e dove il consumo procapite marcia spedito verso i 10 litri all’anno. La vera risorsa (ma anche una via sempre più obbligata) per i più importanti produttori, dunque, è l’export, anche perché il consumo di vino mondiale, da qui al 2015, secondo un’analisi di International Wine & Spirits Research, è previsto in crescita del 6,2%, quando dovrebbe superare i 34 miliardi di bottiglie.
A trainare questa crescita, dunque, saranno Paesi che di vino non ne producono affatto o lo producono poco, o non di altissima qualità. Con le economie emergenti sugli scudi, come dimostrano, ad esempio, i numeri del vino italiano: in Cina le esportazioni sono cresciute dell’87% sul 2010, in Russia quasi del 50%, tanto per fare alcuni esempi. Senza contare che ci sono Paesi dal potenziale enorme che, peraltro, già apprezzano il vino, ma in cui le importazioni sono frenate da pesantissimi dazi doganali, come l’India e il Brasile, per citarne alcuni. Ma, al di là, dei numeri, la strada è segnata: il vino, ovunque lo si produca, si beve sempre di più lontano dalla sua “patria”. (www.winenews.it)


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