SOSTE GOLOSE
“Ma il Presepe è gastronomico?”: Viaggio... nell’inconscio, tra curiosità, simboli e misteri



1 e 2) Scende la sera sull’Abbazia di Vezzolano

Se pensate di vedere sempre lo stesso presepe, aspettatevi grandi sorprese perchè Anna Rosa Nicola ogni anno vi sorprenderà: lei è un pozzo di idee e genialità!
Su di lei e il suo presepe ci sarebbe da fare un film: ogni scena rappresentata ha qualcosa da raccontare! Lei stessa, mentre lo compone le dà vita... raccontano qualcosa anche di sè stessa.
Il suo presepe è anche “una fotografia in 3D” della vita di un tempo e poichè Gesù Bambino... nasce ogni anno e ovunque, non ha Tempo, nè Spazio e può essere ambientato con i costumi di ogni epoca e Paese del mondo, persino in chiave... E.T o Star Trek!
Il suo presepe è talmente pieno di immagini che è impossibile ricordarsi tutto ciò che ha fatto e quindi ogni volta è “nuovo”, ma... quell’Anima che ho descritto nell’articolo dello scorso anno... è sempre la stessa: quella di Anna Rosa!!!
E’ una domenica di metà gennaio. Tiepida e soleggiata invoglia ad uscire dalla tana dove si sonnecchia al calduccio del letargo invernale!
La strada per giungere a Vezzolano è fuori rotta dalle grandi vie di comunicazione e senza il caotico traffico si guida osservando anche il paesaggio fatto di boschi, radure, che in questa stagione anche se brullo e “bruciato dal gelo” non perde però il suo fascino.
Alberi spogli e rami contorti lasciano spazio alla fantasia! A volte sembrano braccia pronte a ghermirti e penso che di notte, con la luce dei fari delle auto che li illuminano... appaiano come inquietanti forme mostruose e immagino una mia “Storia Infinita” popolata di scheletriti alberi parlanti! In realtà anche in questa stagione invernale la natura sa sempre stupirci e ci regala paesaggi insoliti e qualche sorpresa, come le margheritine che scorgo sul ciglio della strada, alcune rose fiorite... a metà gennaio, o il falco che mi osserva tranquillamente appollaiato sui rami, o lo scoiattolo che salta sul tronco di un albero.
Raggiungiamo Castelnuovo Don Bosco, in provincia di Asti, noto per aver dato i natali a San Giovanni Bosco. Poco distante l’imponente complesso del Colle Don Bosco ci ricorda il fondatore delle opere missionarie salesiane sparse in tutto il mondo.
Il luogo vale una visita. Ha ampi parcheggi, sale di riunioni, saloni per i pellegrini, sala-teatro, servizi bar e spazi per pic-nic, un grande punto di ristoro, ufficio accoglienza, negozio di souvenir. Da vedere, la casa del fratello Giuseppe con annessa la cappella, il Museo della Civiltà Contadina Piemontese e il Museo Etnologico Missionario, la grande Basilica, il Santuario di Maria Ausiliatrice, la Casa di San Giovanni e l’Istituto Salesiano.
Il nostro viaggio procede in direzione Vezzolano e saliamo verso le colline attraversando un paesaggio vitato dove l’occhio spazia sui vitigni della pregiata Malvasia, Freisa, Bonarda, Barbera e altri vini locali e rari.
Giunti ad Albugnano si scende verso Vezzolano, dove uno dei gioielli dell’Astigiano ci attende: l’Abbazia di Vezzolano, tra i più importanti monumenti del Piemonte.
Un grande affresco nel chiostro, con raro esempio di “Danza Macabra” narra la leggenda che vuole sia stata costruita per volere di Carlo Magno. Pare che l’imperatore, nell’anno 773, mentre stava cacciando nella selva di Vezzolano ebbe una visione terribile: d’improvviso le apparvero tre scheletri usciti da una tomba. La leggenda prosegue affermando che terrorizzato venne aiutato da un eremita che lo invitò a pregare la Vergine. Carlo Magno fece edificare nel luogo dell’apparizione questa chiesa abbaziale.
Storicamente pare che già esistesse in epoca Longobarda e che egli la fece ingrandire, diventando sempre più ricca e famosa.
Nel X secolo venne distrutta dai Saraceni e ricostruita nel 1002. Fino agli inizi dell’Ottocento venne abitata dai religiosi.
Bella all’esterno, stupendo l’interno... che non vi anticipo per lasciarvi il piacere della sorpresa! Magnifico il chiostro, uno dei più ben conservati.
Ed è qui che scopriremo un’altra meraviglia che ogni anno, nel periodo natalizio potremo visitare sino a fine gennaio: il presepe di Anna Rosa Nicola.
Di lei vi ho già parlato nel precedente articolo, sempre in questo sito: “Un Presepe...con l’Anima”, ora vi narrerò le novità create dalla fervida mente dell’artista e del messaggio che i presepi vogliono trasmetterci, attraverso la storia e le simbologie delle figure che lo compongono, ma anche condurvi a una realtà su cui pochi si sono soffermati a meditare: i presepi sono anche... gastronomici!

1)La Sacra Famiglia / 2) Il venditore di panini

Eccoci davanti alla porta che conduce nella sala dov’è allestito il presepe. Scendiamo i due graditi e ci troviamo proiettati indietro nel Tempo! Gli abiti e l’ambientazione riproducono scene di vita dell’800, le luci delle casette ci fanno intravedere un mondo fatto di personaggi che ricordano però la mia fanciullezza. Ma prima di tutto lo sguardo è rivolto a lei, l’artista, la creatrice di questo magnifico presepe.
Anna Rosa sta ascoltando gli elogi dei visitatori. Sorride, annuisce, ringrazia, spiega, risponde alle domande che tutti le pongono: con cosa fabbrica il presepe, i personaggi, quanto tempo occorre, ecc. E’felice, entusiasta degli apprezzamenti, ma non c’è presunzione in lei, non c’è l’esaltazione da diva in cerca dell’applauso! La sua gioia è di aver visto la gente felice, gli adulti tornare per un attimo bambini e i fanciulli entusiasti: sono certa che dentro di sè, ad ogni complimento sia lei a ringraziare loro per l’apprezzamento e per renderla felice... nel vederli felici! Già: lei è felice se gli altri sono felici! Anche in questa modestia è grande!
Che la sua bravura nasca dall’abilità di professionista del restauro, l’ho già sottolineato, i Nicola sono famosi in tutto il mondo e l’arte l’hanno nel DNA! Che il suo animo sia di eterna fanciulla che con maestria dà vita ad opere d’arte spettacolari come questo presepio, lo vedrete voi stessi.
Meticolosa e perfetta sin nei minimi dettagli sa riprodurre i mestieri e gli ambienti dall’800 ai primi del ‘900. La quotidianità della vita la miniaturizza attraverso le scenografie di ambientazioni, episodi, e non senza l’utilizzo di personaggi veri, esistiti o viventi, di persone conosciute, come il volto del pittore, o quello del suonatore di zampogna, o il vecchietto malato
che con nostalgia le riporta la figura dell’amato padre e capostipite della dinastia dei Nicola!
Nel bene come nel male non tralascia i dettagli della vita e così dall’allegro gruppo di musici può passare alla figura del giovane con la stampella, o dal pescivendolo alla vecchietta sulla carrozzella.



!) Il pescivendolo / 2) La bottega alimentare

L’ambientazione non è quella della Palestina, con palme, oasi, deserto e cammelli, nè con le tipiche case basse, bianche e senza tetti.
Ci sono presepi in tutto il mondo e ognuno lo ambienta nel proprio Paese, nella propria epoca o con la propria fantasia e quindi con una motivazione racchiusa nella mente dell’autore.
Non mancano anacronismi curiosi, in fondo il presepe è pur sempre un “racconto, una sorta di favola”: il... pizzaiolo di cui alcuni sono rimasti colpiti, e incuriositi si domandano se a quell’epoca c’era già! Forse all’epoca della nascita di Gesù qualcosa di simile c’era, senza il pomodoro, ma nell’800 la pizza esisteva già. Non dimentichiamo che gli ingredienti ci sono giunti con la scoperta dell’America... Il pomodoro è nativo delle zone del Messico e Perù. Gli Aztechi lo chiamavano “Xitometl” e la salsa era uno dei cibi della cucina degli Aztechi.
Hernan Cortès lo portò in Europa nel 1540.



1) La scuola / 2) la biblioteca

Nel XVI secolo a Napoli si faceva un pane schiacciato chiamato “pizza”, nel secolo successivo venne ricoperto con una salsa bianca e in seguito sostituita dal pomodoro, l’olio d’oliva e il formaggio. Raffaele Esposito volle onorare Margherita di Savoia, regina d’Italia, preparandole una pizza tricolore come la nostra bandiera, condendola con pomodori, mozzarella e basilico!
Le origini del pane risalgono al periodo tra il paleolitico e il neolitico, 7.000-8.000 a.C.
Nel corso dei secoli sono stati aggiunti altri ingredienti per conferirgli sapori e aromi particolari e se il pomodoro è giunto a noi più recentemente, i popoli europei e quelli dell’Area Mediterranea già lo condivano con cipolle, datteri, pesce, formaggi, ecc. molti secoli prima.
Un altro anacronismo è la pasticceria con... le uova di Pasqua, ma se consideriamo che tutto
l’anno i nostri bambini fanno merenda con gli ovetti e a me non dispiacciono quelli piccolissimi, con la carta argentata, di ogni colore, e ripieni di crema o nocciola che si acquistano tutto l’anno...!
Davanti a quelle riproduzioni di antichi mestieri resto incantata, entusiasta, ma con un pò di nostalgia nel riconoscere certi momenti della mia infanzia: la scuola e le vecchie cartelle di cartone, la drogheria con i vasetti di spezie e caramelle, la pasticceria, l’orologiaio, lo studio del pittore, i suonatori e tanti altri mestieri di un tempo.
Tutto è svanito sotto cumuli di cemento! E’l’automatismo che costruisce meccanicamente, disperdendo quell’anima che il falegname, il sarto, il fabbro e gli altri mestieranti trasmettevano nelle loro opere d’arte dandole quasi l’essenza vitale, che riscopro invece nelle opere di Anna Rosa Nicola!



1) L’orologiaio / 2) La sarta

Una Regione, una città, un paese o anche solo un borgo e un piccolo villaggio sperduto sui monti, racchiudono forme di vita diverse: la città operaria, la campagna rurale, i paesi artigianali, i monti e le pianure con gli allevamenti, i campi coltivati, i vigneti, i frutteti e in questo presepe c’è tutto, miniaturizzato e racchiuso nello spazio ristretto di quella che secoli fa era la cucina dei religiosi che qui vivevano e ora ospita un pezzo di storia e delle nostre tradizioni cristiane racchiuse in un presepe.
Ma avete mai pensato che il presepe è... gastronomia?
Provate a chiudere gli occhi e immaginate la scena principale, quella della capanna o grotta in cui si ricoverano gli animali, chiaro simbolo agricolo, con la mangiatoia, il fieno, l’abbeveratoio e gli attrezzi contadini! Poi le immagini che si susseguono sono il bue, l’asinello, e la Sacra Famiglia.
La “capanna” della Natività, dà il nome alla rappresentazione del complesso di figure che compongono quello che noi chiamiamo “Presepe”. La parola deriva dal latino “presepe o praesepium”, che significa “mangiatoia”, ovvero il ricovero per animali.
“Mangiatoia” era anche il termine usato per le prime forme di locanda composta da un modesto alloggio che aveva solo uno spazio disponibile sotto la “mangiatoia”, la tettoia dove erano ricoverati gli animali e posta a ridosso dell’abitazione. Una sorta di moderno dehor dei bar o ristoranti della nostra epoca, e poteva essere una semplice tettoia o uno spazio in una grotta naturale o scavata dall’uomo, o una capanna di legno, o di sassi, o costruite con un impasto di fango e paglia secca, com’era in uso in Palestina. Oggi sarebbe una stalla con fienile annessa all’abitazione, come in uso ancora negli anni del 1900 o una moderna struttura indipendente dei giorni nostri.
Solitamente la Natività si colloca in una grotta, in questo caso troviamo il primo simbolo esoterico o mitologico rappresentato nel Presepe.
Nella mitologia la grotta rappresenta l’accesso tenebroso al mondo dell’oltretomba!
Nel nostro presepe ricorda il ventre materno, è il simbolo della nascita e quasi sempre è illuminato dalla luce della Stella che rappresenta lo Spirito Santo che si manifesta al popolo e indica il luogo.
Nella Basilica della Natività di Betlemme si trova la Grotta della Natività. Anche per San Francesco il primo presepe era una mangiatoia, in una grotta piena di paglia e la leggenda vuole che la paglia con cui lo compose fosse miracolosa. Non a caso in alcune tradizioni popolari la paglia è di buon augurio ed è usanza regalarla.



1) Lo studio dell’artista / 2) I suonatori

Gesù Bambino a volte è raffigurato avvolto nelle fasce, ma è un errore dovuto all’abitudine errata dei secoli scorsi, in uso ancora nei primi decenni del 1900, in cui i neonati venivano fasciati! In realtà ai tempi di Gesù era usanza fasciare completamente i morti.
Solo nel XIV secolo il modello iconografico lo raffigura nudo e steso sul freddo pavimento.
Oggi è riscaldato dalla paglia della mangiatoia e coperto. Spesso veste abiti sontuosi e gli si attribuisce poteri miracolosi e guarigioni. Ha sempre le braccia tese in segno benedicente, aperte a simboleggiare l’accoglienza, e le due dita tese indicano la sua duplice natura: umana e divina.
Il mondo contadino, rurale, del presepio è espresso dalla presenza del bue e l’asinello.
E difficile stabilire quale delle versioni riportate nel corso dei secoli sia quella a cui si riferisce questo particolare del bue e dell’asinello collocati nella capanna.
Chi li colloca semplicemente come animali in una mangiatoia, chi va ben oltre con l’immaginazione, sino a dare delle interpretazioni di cui non riscontro nulla di attendibile, come collocarne simbolicamente le figure all’Antico e al Nuovo Testamento, o all’emblema delle forze benefiche e quelle malefiche!
Il bue che nella tradizione precristiana era la vittima sacrificale da immolare agli dei per ingraziarsi i loro benefici, mi sembra fuori luogo nella capanna!
Il bue è un animale robusto e paziente, adatto ad arare i campi e per questo legato all’uomo, forse, può rappresentare la nascita: il solco per la semina di quei semi che diventeranno grano e poi cibo e paglia per il giaciglio del Bambinello.
Ma collocato nel presepe mi lascia perplessa perchè meglio si adatterebbe una mucca che con il suo latte sia sostentamento per il Bambinello! Non a caso nel presepe di Anna Rosa c’è una
mucca e non il bue!
L’asino, visto come simbolo del credente e della sua fede viene posto nella capanna accanto a Gesù. Rappresenta l’umiltà, una sorta di parente povero del più bello e nobile cavallo, e della robustezza del bue.
Un servo ed emblema dell’ignoranza, potrebbe rappresentare il nostro corpo che dovrebbe essere al servizio dell’anima! Lo stesso San Francesco d’Assisi definiva il proprio corpo “Fratello dell’asino” e i santi ripetevano che il foraggio, il bastone ed il carico spettano all’asino, considerandosi loro stessi degli asini, dei poveri servitori, simboli di quelle anime umili e semplici, a cui Dio affida i suoi segreti.
Mentre l’uomo lo considera il più umile degli animali, nella pittura e nella narrativa è tra i più apprezzati animali e nella simbologia è decantato per le sue virtù.
Ricordate “L’asina di Balaam” nel libro biblico? E dell’asino come cavalcatura di Maria?
Nell’Asino d’Oro di Apuleio, Lucio, il protagonista, trasformato in asino, mantenendo però la mente umana, riesce a comprendere i segreti dell’uomo e vedere il mondo in un modo diverso, grazie alla sua intelligenza, all’intuito e alla sensibilità! Chiaro esempio di Iniziazione...



1) Il costruttore di giocattoli / 2) Il vasaio, l’arrotino e il fabbro

Vi è anche la tematica dell’Iniziazione in cui l’animale rappresenta la fase espiatoria dell’individuo umano collocato tra una situazione inferiore e una superiore. E’ la metamorfosi, la transizione segnata da una serie di ostacoli capaci di ostacolare il cammino e che se superati conducono alla vittoria finale. Considerato un animale demoniaco, dotato di poteri magici, diviene la vittima innocente della crudeltà, e male si accosterebbe alla nascita di Gesù.
La tradizione popolare, spesso lo ha trasformato in un animale votato al sacrificio e al massacro giustificato, perché tale azione era resa necessaria per la salvezza dell’uomo. Tra i più significativi esempi di “stupidità umana” vi era quello del sacrificio dell’innocente asinello con lo scopo di “intralciare” le azioni del demonio.
L’asino è ancora oggi vittima della crudeltà umana, come i poveri asinelli che ancora vengono torturati e massacrati in Spagna, in onore dei santi patroni! Senza dimenticare le torture inferte ad altri animali nella... cattolica terra dei toreri!
E’ quindi difficile stabilire la sua collocazione nella capanna della natività.
Come vedete, sin’ora il presepe si presenta con tutte le sue sfaccettature... gastronomiche legate all’allevamento, alla semina e al raccolto.
Anche Maria e Giuseppe hanno un ruolo che ha riferimenti al cibo e all’acqua della fonte.
La prescelta da Dio per divenire madre del Cristo, a tre anni viene portata al tempio del Signore e “allevata come una colomba riceve il cibo dalla mano dell’Angelo”.
E’ attingendo acqua alla fonte che ode una voce e fugge impaurita! A sedici anni diventerà madre del figlio di Dio, il Salvatore, che partorirà in una mangiatoia, tra un bue e un asinello!
Nell’iconografia San Giuseppe, l’anziano promesso sposo di Maria, compare solo in tarda epoca, in una incisione del IV secolo. L’immagine di un uomo anziano è in netto contrasto con una Maria poco più che bambina.
Il presepe prevede un falegname, il fabbro e il carpentiere, termine che un tempo indicava chi costruiva carri, lavorava il ferro e utilizzava sia il legno che materiali di metallo. La tradizione vuole che Giuseppe fosse un falegname, mentre il Vangelo di Matteo lo descrive carpentiere.
In mano ha il tipico bastone indice di comando, a seconda dell’epoca può essere sostituito dal pastorale dei vescovi.
Torniamo ai simboli gastronomici e troviamo la taverna, l’osteria, la bettola dove vagabondavano fannulloni, mendicanti, ladruncoli, storpi, meretrici, giocatori e ubriachi, ma anche il luogo dove avevano rifiutato riparo a Giuseppe e Maria.
Nel presepe non può mancare il salice che la leggenda popolare indica come legno con cui Giuseppe preparò la culla. La leggenda narra che a quel tempo i rami del salice si alzavano verso il cielo, come quelli degli altri alberi, ma conscio del privilegio, invece di inorgoglirsi, li abbassò in segno di rispetto! Maria, commossa, gli promise che non avrebbe mai sofferto la sete perchè sarebbe nato vicino alle fonti, in luoghi umidi, e il vento avrebbe dondolato i suoi rami come dondolava la culla del bambinello, così la neve non avrebbe rotto i rami, nè li avrebbe strappati il vento!



1) La cantina / 2) Il cestaio, il falegname

I pastori sono una delle figure più significative. Come narra la leggenda è a loro che comparve l’Angelo lucente che annunciava la nascita di Cristo indicandogli la strada.
La parola latina “pastore”, significa pascolare e la nostra storia è legata alla pastorizia, l’attività agricola che rappresenta le nostre origini, ma anche l’uomo nomade che lungo il viaggio verso i pascoli e nuovi territori, può diffondere quella che è chiamata “la buona novella”.
Altre figure legate all’agricoltura sono coloro che portano doni. I contadini con i cesti colmi di frutta, i prodotti dell’orto, quelli dell’allevamento, le uova, i pesci, formaggi e cesti di pane.
Non mancano figure di contadini intenti al lavoro nei campi, o massaie che accudiscono agli animali da cortile, nè quelle che in casa sono affaccendate ai lavori domestici e c’è chi cuoce il cibo, chi lo prepara, chi spolvera, stende il bucato o sbatte i tappeti.
Spesso le figure di bimbi sono abbinate a quelle degli anziani in atteggiamento di dialogo, come stessero tramandandogli i segreti della terra: dalla semina al raccolto.
Non possono mancare i ruscelli con le cascate, i laghetti e il pozzo perché l’acqua è il simbolo della purificazione, come quella della fonte battesimale o del fiume in cui avveniva il battesimo. E c’è sempre un ponticello che unisce le sponde e qualcuno che lo attraversa, a simboleggiare il passaggio da una condizione all’altra della nostra vita, lo scorrere del tempo, le diverse età dell’uomo, la vita e la morte, le fasi della vita.
Già simbolo mitologico in diverse religioni indica anche il rituale di iniziazione dell’individuo, come il battesimo per i cristiani.
Il mulino lungo il fiume, il mugnaio che carica i sacchi di farina sul carretto; il panettiere e qualcuno che s’incammina con le ceste del pane. I pescatori intenti a pescare e quelli con le ceste di pesce che camminano verso la Natività.
Anche il fuoco acceso è uno degli elementi, sia per la sua simbologia sacra che per quella rurale.
Il fumo che esce dai camini, il fuoco del bivacco, quello dei forni dei fornai o delle fucine.
Mentre tutti sono intenti ai lavori nei campi, nei frutteti, nelle case, nelle fucine, in ogni presepe c’è sempre la figura dell’uomo che dorme, colui che ha preferito rimanere a dormire anzichè recarsi ad adorare il Messia!
Nel presepe di Anna Rosa sono incredibili nella loro perfezione le ricostruzioni dei negozi, le bancarelle dei venditori ambulanti, le botteghe degli artigiani. Stupenda la sartoria, l’orologiaio, la scuola con la biblioteca, la drogheria e le botteghe artigianali dei falegnami, costruttori di giocattoli, cestai, fabbri, calzolai, carradori.
Pastorizia, allevamento, frutteti, viticoltori, contadini, erano le figure portanti dei presepi.
In un luogo lontano, nel deserto, tra le palme dell’oasi, i Re Magi si apprestano ad iniziare il
il viaggio, portando con sè i doni.
Cammelli e dromedari lasciano l’impronta nella sabbia del deserto mescolando il paesaggio orientale della Palestina con quello di ogni località italiana in cui si costruiscono presepi.



1) La pasticceria / 2) La bancarella della verdura

I Re Magi portano in dono i tre elementi più significativi nella vita dell’uomo: l’oro, simbolo di ricchezza e potere. In esoterismo è il simbolo della perfezione e dell’eternità.
Per i Cristiani è la virtù, l’amore, la luce divina, il Paradiso e il simbolo del potere dei re.
L’incenso è una resina che se bruciata produce un fumo odoroso, mistico e spirituale che nell’antichità veniva usato nelle cerimonie religiose e spesso accompagnava le offerte sacrificali in onore di dei e divinità. Si ricava da alberi originari dall’India e dell’Africa.
Il fumo è simbolo di preghiera che sale in cielo e il suo profumo scaccia gli influssi malefici.
Come simbolo religioso indica il ruolo dei sacerdoti e il loro legame con le divinità.
La mirra è una resina che si estrae da una pianta originaria dell’Arabia e dell’Africa orientale. Anticamente era un medicamento e serviva anche per imbalsamare i cadaveri.
Simboleggia la sofferenza, il dolore, il sacrificio, ma aveva anche il potere di guarire le anime e il corpo.
In quanto ai presepi gastronomici ho visto presepi fatti con i gusci di noce, altri con le uova... svuotate del contenuto, altri di cioccolato, di sughero, legno, paglia, foglie di granoturco, pane, marzapane, cera, ed ogni altro “prodotto gastronomico” possibile.
Ma questo di Anna Rosa Nicola è un viaggio all’interno del suo cuore, perchè è con quello che elabora vere opere d’arte ispirate non solo alla Natività, ma alla vita che ruota intorno al presepe, ed è un emozionante viaggio nel cuore che sa dare emozioni...a chi... ha un cuore!



1) La drogheria / 2) Il negozio di stoffe

Il Presepe di Annarosa Nicola è allestito a Vezzolano (Albugnano - AT), presso la Canonica Regolare di Santa Maria (Abbazia di Vezzolano), sabato e domenica fino al 31 gennaio 2016.
info@lacabalesta.it - tel. 0119872463

di Alexander Màscàl e Matteo Saraggi - ASA


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