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Alimentazione sicura? Bisogna ripartire dal buon senso

Si è parlato di “Nutrizione e Sicurezza alimentare” nell’incontro organizzato dall’ASA Associazione Stampa Agroalimentare Italiana il 10 ottobre al Palace Hotel Bianca Maria di Milano con il Dott. Giorgio Donegani (nella foto), nutrizionista, Direttore scientifico della Fondazione Italiana per l’Educazione Alimentare (www.foodedu.it).

Dopo aver sottolineato come lo stato di salute degli Italiani non sia particolarmente roseo (il 35% è sovrappeso e una persona su dieci è obesa) e il fatto che per la prima volta scende anche il dato sull’aspettativa di vita, il relatore ha esaminato i fattori di rischio. Alcuni di questi (età, sesso, familiarità) non sono modificabili, altri sì (fumo, colesterolo, diabete, ipertensione). Nel secondo caso l’alimentazione ha un’importanza fondamentale, che può veramente fare la differenza nello stato di benessere e salute delle persone.

Rifacendosi al celebre aforisma di Brillat-Savarin (autore de “La fisiologia del gusto”): «L’animale si nutre, l’uomo mangia», il relatore ha spiegato che gli animali obbediscono a una “golosità fisiologica” (mangiano per soddisfare un bisogno) mentre l’uomo ha una “golosità culturale” che passa anche attraverso una sensazione di piacere. «Quello del mangiare è un atto complesso per l’uomo, l’unico animale che mangia anche se non ha più fame o che può avere disturbi del comportamento alimentare (circa il 10% dei giovani ha o ha avuto problemi con il cibo, dall’anoressia alla bulimia)», ha affermato Donegani.

I fattori che influenzano il nostro rapporto con il cibo sono tanti e di diverso tipo: fisiologici, sociali, storici, psicologici, religiosi, etici, economici. E se vogliamo agire sul comportamento alimentare per migliorarlo dobbiamo agire su molti comportamenti per modificarli. Questo è possibile superando alcuni step: presa di coscienza del problema, intenzione, applicazione, ricaduta. Fondamentale in questo percorso è la parte dell’informazione, è partendo dall’informazione che si riesce ad orientare la scelta alimentare delle persone. Ma cambiare vuol dire far fatica, assumersi responsabilità, vuol dire mettersi in discussione e gestirsi. Molto più comodo è pensare che esistono alimenti miracolosi (emblematico l’esempio delle bacche di goji).

«Oggi purtroppo - ha proseguito il relatore - prevale quello che viene definito il “pensiero magico” in cui gli alimenti vengono suddivisi in positivi o negativi in modo molto manicheo. Ma io non posso delegare la mia salute ad alcune panacee o ad alcuni diavoli. Non posso pensare che la farina sia il peggior veleno che esista. E non solo perché viviamo in un Paese che da secoli e secoli basa la sua alimentazione proprio sui derivati della farina. La realtà è un po’ più complicata del “pensiero magico”, che è sostanzialmente suggestione e che orienta i pensieri in modo mostruoso. Bisogna invece cominciare a pensare che tu sei il protagonista della tua vita, che l’alimentazione è un pezzetto del tuo benessere e che tutto dipende da come ti comporti».

Donegani ha poi continuato la sua relazione parlando dei “nuovi demoni” alimentari: l’olio di palma, la farina bianca, lo zucchero, il latte, la carne. «Nel caso dell’olio di palma, protagonista di una vera e propria campagna di demonizzazione, ad esempio, molte cose andrebbero sfatate. È vero, contiene molti grassi saturi, ma meno che nel burro. E in ogni caso una delle maggiore fonti di grassi saturi è l’olio di oliva. Non si dice ad esempio che ora si stanno facendo accrocchi con olio di girasole, di colza e di soia, coltivazioni ad impatto ambientale molto più pesante. In Germania di recente hanno messo a confronto 28 creme spalmabili e la più ricca di contaminanti è risultata un’azienda italiana che non usa olio di palma. Invece un’altra famosissima azienda italiana, usa olio di palma e di contaminanti non ne ha! Bisognerebbe ricordarsi che negli anni ’60 sotto attacco c’era l’olio d’oliva e allora tutti dicevano che per friggere bisognava usare solo oli di semi».

«Oggi - ha proseguito Donegani - c’è chi afferma che la farina bianca è un veleno e che bisogna mangiare solo prodotti integrali, senza dire ad esempio di fare attenzione a darli ai bambini. Lo zucchero sembra anche lui il demonio, ma dipende da quanto ne mangiamo. La bistecca, poi, viene paragonata alla sigaretta, ma basta non mangiarne in quantità eccessiva. Insomma, è la dose a far la differenza tra il veleno e la medicina.

Molto più importante tra i fattori di rischio è invece l’alcol, altamente tossico. Se si applicassero alla lettera gli stessi criteri applicati allo zucchero, l’alcol dovrebbe letteralmente scomparire dalle nostre tavole».

C’è poi il capitolo che riguarda le “panacee”: gli antiossidanti, gli integratori, i semi “magici”, il veganesimo, le diete miracolose. Anche questo porta a derive pericolose. Gli integratori, ad esempio, servono solo se c’è la necessità vera di integrare determinate sostanze. Ma la cosa più assurda è il mercato delle diete, che vale ben 200 miliardi di euro ogni anno, perché si basa sulla loro inefficacia.

«Qual è allora il segreto?», si chiede Donegani. «Sono io che devo essere capace di cambiare lo stile di vita, fare una buona colazione, mangiare frutta e verdura nelle giuste quantità, essere moderato con il cibo, fare movimento. E il compito dei giornalisti quale deve essere? Raccontare la realtà, aggiornarsi, guardare i riferimenti sicuri in caso ad esempio di frode e sicurezza alimentare (come ad es. il sito dei NAS), per evitare i pericoli derivati da intossicazioni e infezioni. Oggi si parla molto di probiotici, ma in effetti i migliori amici dell’uomo sono i microbi che abbiamo nell’intestino».

«Il messaggio che deve passare - ha concluso l’esperto- è che la gente deve informarsi ma soprattutto imparare a riutilizzare il buon senso. Da parte di chi si occupa di informazione alimentare è necessaria una tensione a educare, a ricondurre sempre al ragionamento. Questo perché oggi il momento del consumo del cibo è incredibilmente lontano da quello della sua produzione: è venuto a mancare il rapporto diretto con il cibo ed è per questo che le persone possono essere imbottite di frottole. C’è sempre più bisogno di recuperare il criterio della stagionalità, di recuperare l’esperienza. Solo così potremo difenderci dalle bufale. Emblematica quella del km 0, che non esiste. Esiste invece la filiera corta che è il rapporto diretto tra produttore e consumatore e che va promossa sempre di più».

Marina Moioli - ASA


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