LA VITA DELLA VITE

A cura di Marco Tonni [tonni@asa-press.com]


Programmare il futuro del nostro vino

A fine 2009 troveranno i viticoltori sotto l' albero la voglia di rilanciare le proprie Aziende, piantando nuovi vigneti? C' è poca voglia di piantare nuovi vigneti in periodi bui, tanto che qualcuno impone il blocco degli impianti della Denominazione per precauzione, ma dobbiamo ricordare che proprio chi pianta con prezzi bassi (anche dei materiali!) e in fasi di stanca di mercato, si ritrova poi in piena produzione quando il mercato riprende la sua corsa, come è sempre storicamente accaduto. Certo, il blocco degli impianti ha un grandissimo vantaggio: aiuta a sostenere il prezzo delle uve, fondamenta della salvaguardia della viticoltura nazionale, ed allora in quest' ottica, sia il benvenuto.

Tuttavia, se consideriamo che un vigneto entra in produzione, non piena, dopo 3 anni dall' impianto, che la qualità di buon livello si ottiene a partire circa dal decimo anno e che per alcune tipologie di vino servono 2-3 anni almeno di lavorazione prima della messa in commercio, si capisce come impianti fatti ora avranno un peso commerciale significativo tra almeno 4 anni, ma in alcuni casi solo tra 8-10 anni o più.

Non piantare ora significa non avere il vino quando il mercato riprenderà. E se non riprenderà, chiuderanno tante Aziende e si estirperanno tanti vigneti da alterare qualsiasi attuale previsione!

Quindi, al di là delle legittime e precauzionali scelte imprenditoriali, parliamo comunque di nuovi impianti, dato che qualcuno li vorrà pur fare!

Le scelte

La scelta del sito adatto al vitigno è strategica, anche se in alcuni casi va ricordato che non c' è scelta: un territorio, un vitigno. Allora, a quel punto, vanno scelti clone e portinnesto, il primo per produrre le uve più adatte al vino desiderato (Sangiovese da cartoncino o da lungo invecchiamento?), il secondo per fare in modo che la vite si adatti al tipo di terreno a disposizione.

Purtroppo spesso le Aziende operano queste scelte quasi per inerzia, sulla base degli eventi e senza una vera programmazione. Così, è caso assai comune che le Aziende acquistino pochi mesi prima dell' impianto dal vivaista ciò che questi con intuizione paranormale si è sognato di innestare l' anno precedente.

Ricordiamo infatti che per l' impianto di un vigneto è necessario preparare le barbatelle a febbraio dell' anno precedente per poter realizzare il vigneto dopo un anno: tutto ciò che non viene prenotato ad hoc dall' Azienda, viene quindi preparato dal vivaista nella speranza di azzeccare i giusti quantitativi di ogni varietà, clone, portinnesto; per questo il vivaista deve anche essere un po' veggente, altrimenti dopo 12 mesi di lavoro si ritrova in cella frigo barbatelle che nessuno vuole, come quando il mercato passa dalla moda del rosso a quella del grigio e del bianco…

E, guarda caso, proprio come succede con gli impianti in tempi di crisi, quando il vigneto piantato ad uno scopo dà i sui frutti, la moda è già passata: ricordate la crisi dei bianchi negli anni ' 90 e la parallela esplosione dei rossi di corpo? Ora tutto è cambiato, ed i rossi da invecchiamento prodotti dai vigneti piantati a metà anni ' 90 sono tutti accalcati nelle fresche e quiete Cantine italiane.

Allora, forse è meglio puntare, come si è sempre fatto dove i vini sono famosi, sulla tradizione e sulla riconoscibilità territoriale, anche perché questo permette al consumatore di ricordare più facilmente il vino prodotto in quella zona ed al produttore di farsi una esperienza consolidata su una o poche tipologie di vino, approfondendo sempre meglio le problematiche tecniche e le origini della qualità.

I nuovi impianti:

Anche puntare sulla programmazione a medio termine (ossia con almeno 1-2 anni di anticipo) non sarebbe male, in modo da assicurarsi i materiali da impianto più qualitativi, adatti sia alle esigenze enologiche che al terreno di casa.

A questo punto, seppur senza entrare in dettagli troppo approfonditi, ma invitando chi avesse eventuali richieste di approfondimento a scrivermi direttamente, vorrei sinteticamente parlare di quanto emerso durante un recente Convegno tecnico realizzato presso Vitis Rauscedo (PN), importante gruppo vivaistico italiano.

Si è parlato dell' importanza della conoscenza tecnica necessaria a produrre barbatelle di qualità (tecniche di impianto, concimazione, difesa e gestione del vivaio): proprio come nel caso delle Aziende viticole, anche in vivaio si deve costantemente approfondire la conoscenza con sperimentazione e ricerca, al fine di migliorare il livello di comprensione dei meccanismi di risposta delle piante ai nostri metodi di coltivazione, cosicché noi possiamo guidare la vite ad assecondare le nostre esigenze produttive (qualità della barbatella ottenuta, oppure qualità dell' uva, ecc.).

Oltre a ciò, due interessanti relazioni dei Proff. Rino Credi e Stefano di Marco hanno chiarito che l' incidenza della trasmissione in vivaio di malattie del legno come Flavescenza dorata, Legno Nero e complesso del Mal dell' Esca, è assolutamente da ridimensionare rispetto a quanto si ipotizzava fino a poco tempo fa.

Per l' esperienza condotta sui giallumi, premesso che i vivaisti scrupolosi prelevano legno solo dove sono assolutamente certi che le piante madri siano indenni da malattie del legno, di fatto, è quasi impossibile che legno erroneamente prelevato da piante malate possa dare origine a barbatelle che finiscono sul mercato: infatti, a seguito di specifiche ricerche pluriennali, si è accertato che la maggior parte delle gemme di piante malate non riesce a saldare il punto di innesto, quindi muore immediatamente, eventuali barbatelle sopravvissute muoiono o non sviluppano a sufficienza in vivaio, venendo quindi scartate alla cernita pre-commercializzazione, mentre possibili sopravvissute (comunque presenti nell' ordine dell' 1-2 per mille, anche quando originate solo da gemme di piante malate), finiscono col morire dopo il primo inverno dall' impianto, perché non lignificano durante la stagione.

Anche per i funghi del complesso dell' Esca, seppur estremamente difficile capire le dinamiche di presenza e diffusione dei patogeni in campo e come e perché si manifestino poi i sintomi su viti adulte, appare sufficiente una serie di misure preventive che, se applicate scrupolosamente, portano a selezionare solo legni sani.

Di fatto, il vivaista deve conoscere e monitorare i campi di piante madri da cui preleva il legno, al fine di scongiurare il prelievo di materiale proveniente da piante infette. A questo punto, tecniche come il trattamento in acqua calda possono rivelarsi probabilmente superflue e inutilmente costose.



Marco Tonni
Dott. Agr. Marco Tonni marco.tonni@agronomisata.it