L'ITALIA DEI SAPORI

A cura di Marina Cioccoloni


A Gubbio i prodotti tipici dell’Appennino Centrale

Valli e fiumi, foreste e castelli, montagne e città storiche lungo strade che nei secoli sono state percorse da viandanti, pellegrini, santi, artisti e turisti. L’Italia centrale è “un mosaico di piaceri”, ce n’è veramente per tutti i gusti. Michelangelo, Raffaello, Piero della Francesca, solo per citare qualche nome, sono nati e hanno lasciato in questi territori pregevoli testimonianze. I pellegrini medievali diretti a sud, verso i porti dove ci si imbarcava per la Terrasanta, facevano sosta nei conventi e monasteri numerosi lungo queste strade e che ancora oggi restano testimonianza di quel ricco passato medioevale.
Funghi e tartufi, salumi e formaggi la fanno da padrone da queste parti, al punto da aver spinto le amministrazioni locali a creare una strada ad hoc. La Strada del tartufo dell’Appennino Centrale è un percorso che si snoda lungo le vallate e le città della Toscana, Emilia Romagna, Marche e Umbria, in un susseguirsi di meraviglie: un itinerario da percorrere con gli occhi rivolti all’arte e il palato ai piaceri della tavola, grazie alle eccellenze gastronomiche del territorio, e che celebri chef locali sanno esaltare al meglio in ristoranti che sono diventati dei veri templi gastronomici.

La Strada del tartufo dell’Appennino Centrale attraversa un territorio incontaminato e non ha stagioni. Incontaminato perché il tartufo altrimenti non crescerebbe e senza stagioni perché è il tartufo stesso che non ne ha. Estate, inverno, al cambiar della stagione cambia anche il tartufo, riproponendosi sempre in una veste nuova. Si comincia in primavera, con il Bianchetto. L’estate è la volta dello Scorzone. Arriva l’autunno ed ecco il tartufo Bianco, quello considerato il più pregiato. L’inverno chiude l’anno, con il tartufo Nero.

Gubbio è una delle località più a sud di questo itinerario che si snoda in un territorio che profuma d’arte e di buona cucina. Qui il tartufo è molto diffuso e il mangiar bene fa parte di una lunga tradizione. La cucina eugubina usa in prevalenza prodotti tipici locali con i quali si preparano i piatti tipici di una volta: arrosti di cacciagione, carni allo spiedo spesso, impreziosite dal tartufo, paste rustiche, tagliatelle, “crescia” di Pasqua (pizza pasquale al formaggio).

Arrivando da Perugia con la statale eugubina poco dopo aver superato la medioevale Abbazia di Vallingegno trasformata oggi in agriturismo.la città la si intravede laggiù, adagiata sul fianco del Monte Ingino, che si snoda con la parte romana e quella medioevale, fino alla vallata, dove fanno bella mostra di sé le rovine del teatro romano. San Francesco è passato di qui, proveniente da Assisi, vi ha incontrato un lupo e lo ha ammansito. E gli eugubini non lo hanno dimenticato, anzi, per la città numerose sono le insegne che ancora ricordano il fatto.

Gubbio è una città millenaria, ricca di storia, ricordi e tradizioni, che sa offrire molto al visitatore e vanta una ricca tradizione ceramica, iniziata da Mastro Giorgio. La fornace e il laboratorio dove prendevano forma i capolavori di questo maestro d’eccezione, capostipite di una schiera di pregevoli artisti, oggi è stata trasformata in un ristorante.

Tra le manifestazioni che si svolgono ogni anno merita ricordare la “mostra mercato nazionale del tartufo bianco”, la processione del Cristo morto, rievocazione della passione di Gesù che si svolge la sera del Venerdì Santo, il Palio della Balestra che si tiene l’ultima domenica di maggio, e la più recente di tutte, l’albero di natale più grande del mondo, che viene realizzato in periodo natalizio sulle pendici del Monte Ingino.

Sul monte, raggiungibile sia su strada che con la Funivia del Colle Eletto che consente di salire in soli 6 minuti dal centro di Gubbio fin quasi alla cima, si trova anche la basilica dedicata a Sant’Ubaldo. Qui, è conservata l’urna neogotica con il corpo incorrotto del patrono della città, per il quale ogni 15 di maggio si ripete con un rituale immutato da secoli la manifestazione più famosa di tutte: la corsa dei ceri. I ceri, che durante l’anno sono conservati all’interno della Basilica, sono tre colossali macchine di legno, ognuna pesante circa 200 kg. ed alta 4 metri, costituite da due prismi ottagonali sovrapposti e uniti tra loro da un’anima centrale. Ogni cero ha sulla sommità una statua: Sant’Ubaldo per il cero dei muratori, San Giorgio per il cero degli artigiani e commercianti, e San Antonio abate per il cero dei contadini. I ceraioli partono dal centro città, con il cero di SantUbaldo in testa, e dopo aver percorso di corsa le strade e le piazze affrontano la salita che porta alla basilica. In genere i portatori coprono il percorso in 9-11 minuti. L’obiettivo non è vincere, ma arrivare fino alla chiesa e chiudere il portone lasciando fuori gli altri due ceri. La tradizione è talmente sentita dalla popolazione che gli eugubini fanno a gara per far parte, almeno una volta nella vita, del gruppo dei ceraioli che portano a spalla una di queste tre macchine in occasione della festa. Non si hanno informazioni certe sull’origine della festa, sicuramente retaggio di un’antica festa pagana in onore di chissà quale dio. E’ comunque storicamente documentato il carattere cristiano della festa in onore del patrono di Gubbio.

A corsa terminata non resta che sedersi a tavola perché a Gubbio anche il mangiar bene è una tradizione. E per far festa con i prodotti del territorio non c’è che l’imbarazzo della scelta.

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