PERCORRENDO LA FILIERA
A cura di GIUSEPPE CREMONESI [ cremonesi.web@asa-press.com ]


Sommario

PROMOZIONE ENOGASTRONOMICA E TERRITORIALE
RARO ESEMPIO DI FELICE CONIUGAZIONE : SAGGISTICA VS/ CIBI E VINI

CONSUMATORI
INCERTEZZA CRESCENTE E MUTAMENTO DEI COMPORTAMENTI DI SPESA

DIFFIDENZE ALIMENTARI
IO DEL CIBO NON MI FIDO


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PROMOZIONE ENOGASTRONOMICA E TERRITORIALE
RARO ESEMPIO DI FELICE CONIUGAZIONE : SAGGISTICA VS/ CIBI E VINI

Gotturnio, pancetta, pisarei e fasò “assemblati” alla saggistica possono diventare “cibo per la mente” e in pari tempo fungere da traino per far conoscere i tanti aspetti culturali, storici e ludici del Piacentino. Coniugazione a prima vista azzardata ma è quanto si sono proposti l’assessore provinciale al turismo Mario Magnelli, Giovanni Villazzi presidente della Strada dei Vini e dei Sapori, ed Eugenio Gazzola componente del comitato scientifico per lanciare un’iniziativa che ha già nel suo concept e nel suo titolo un taglio originale rispetto alla miriade di iniziativa promozionali simili. E’ stata chiamata “L’AsSaggio”, sofisticato quasi criptico messaggio per menti sveglie. I più, d’acchito, lo leggeranno come un invito ad “assaggiare” i cibi, i vini e forse, colpevolmente, sorvoleranno di ammirare e gustare i pittoreschi scorci panoramici e storici delle quattro vallate del suo territorio, ma quella “S” maiuscola che funge da elisione creando di fatto un altro termine, ossia Saggio, spiegherà tutto. Certo, assaggi e degustazioni proposte da oltre 60 tra cantine e aziende dell’agroalimentare nei 4 week end programmati ce ne sono a josa. Tuttavia il focus della rassegna è costituito proprio dalla saggistica, come dire: dopo il cibo per il corpo il cibo per la mente. Il programma ha previsto oltre a tutta una serie di eventi, peraltro affatto marginali, la possibilità di seguire delle proposte culturali espresse appunto in forma di saggio letterario tese a far interagire, o meglio, coniugare delle brevi opere di esperienze personali, ossia dei “saggi”, con “assaggi” enogastronomici veri e propri. Esperimento ambizioso e certamente originale che gli autori-presentatori raccontano in prima persona.
A Ponte dell’Olio due saggisti di fama davvero internazionale quali Alfonso Bernardinelli e Pier Giorgio Belloccio spiegano la “Definizione del saggio” come modello letterario. Cinzia Scaffidi di Slow Food, filosofo, che si occupa della salvaguardia e dello studio della tradizione alimentare italiana tratterrà di “Etica dei sapori”. Nella fascinosa Castell’Arquato l’argentino Tomas Maldonado, urbanista e architetto di vaglia racconta come il “Saggio è prosa conoscitiva” mentre il teologo Giovanni Filoramo, professore di storia delle religioni, intrattiene sul sistema, ai più sconosciuto, del “Cibo nella regola monastica”, sempre in questa bella città, Michele Serra (superfluo, credo, data la sua notorietà, tracciarne il profilo), tratta da par suo con pungente ironia l’argomento titolando il suo intervento “L’amaca degli italiani”. A Bobbio il critico letterario Emanuele Trevi e lo scrittore Giorgio Messori raccontano in una sorta di saggio- excursus “Il diario, il viaggio, l’esperienza personale”, mentre la celebre ma soprattutto brava davvero Nadia Santini, chef di vaglia spiega “I saperi dei sapori”. A Pianello Val Tidone il professor Salvatore Settis, direttore della Normale di Pisa discetta su “Cos’è il classico”, il filosofo Massimo Donà si impegna in una tematica affascinante qual é la “Filosofia del vino”, e infine Sergio Romano, ex diplomatico ed ora concreto editorialista del maggior quotidiano italiano spiega “Il saggio storico e politico”
Che sia la volta che cibarie e vini escano dagli stereotipi e dalle grossolanerie alle quali stampa e Tv ci stanno abituando? Questo coraggioso programma organizzato dalla Strada dei Vini e dei Sapori dei Colli Piacentini e della Provincia di Piacenza ci prova. Ad maiora!


CONSUMATORI
INCERTEZZA CRESCENTE E MUTAMENTO DEI COMPORTAMENTI DI SPESA


Gli italiani, più della maggior parte di quelli degli altri Paesi europei vedono nero. Si potrebbe sintetizzare con questi termini la fotografia scattata da AC Nielsen circa la percezione dei nostri connazionali sull’andamento attuale e futuro dell’economia, illustrando le fonti di preoccupazione e come incidono su consumi e risparmio.
Il clima di crescente incertezza economica e politica porta a un deterioramento della progettualità che incide sui consumi e induce a una spesa sempre più ragionata. La “Worldwide Consumer Confidence Survey” è l’indagine semestrale internazionale, unica per estensione, che individua e mette a confronto atteggiamenti e comportamenti di acquisto dei consumatori di 38 Paesi del mondo. Per quanto riguarda Italia, emerge un quadro nuovo rispetto alle precedenti analisi: minore progettualità nei consumi (e nei risparmi) insieme a maggiore incertezza e pessimismo per il futuro, fattori che influenzano le scelte del consumatore sempre più orientato verso una spesa ragionata.
La nuova edizione di questa mega indagine continuativa condotta in Asia, America Latina, Europa, Nord America, Oceania e Sud Africa conclusasi lo scorso maggio, ha interessato più del 60% della popolazione mondiale con l’obiettivo di analizzare comportamenti, percezioni e aspettative dei consumatori in relazione alle attuali dinamiche congiunturali e ai fattori strutturali dell’economia e della vita socio-politica nonché le aspettative future.
Interessanti i dati emersi dall’indagine che, per ampiezza e profondità riesce a cogliere i nuovi fenomeni che si verificano nel mondo consumer, contribuendo a delineare le tendenze e le dinamiche in evoluzione. In relazione alla realtà di casa nostra, emerge l’identikit di un consumatore che, pur vivendo contesti macroeconomici simili a quelli di altri cittadini europei, si mostra più preoccupato e con un elevato grado di incertezza per il futuro. I recenti e continui messaggi d’allarme sulla fase di recessione e i reiterati dubbi sulla stabilità politica accentuano il clima di inquietudine già rilevati a fine 2004.
Dall’indagine risulta che la percezione dell’andamento dell’economia locale negli ultimi sei mesi è negativa e gli italiani (ora in linea con gli europei) ritengono che la situazione sia sensibilmente peggiorata (70%). Il pessimismo affiora anche dalle risposte date alla domanda circa le previsioni per i prossimi 12 mesi: il 36% degli italiani ritiene che la situazione resterà stabile, ma ben il 46% sostiene senza dubbi che peggiorerà.
Le più forti preoccupazioni degli italiani per il futuro riguardano: l’economia, la sicurezza del posto di lavoro e la stabilità politica. Percentuali in crescita anche nel resto d’Europa, dove l’economia resta al primo posto tra le incertezze degli intervistati ma è seguita dalla salute anziché dalla sicurezza del posto di lavoro (in Italia la salute è al terzo posto). La stabilità politica, invece, rispetto all’Italia, sembra preoccupare meno gli altri europei. Occorre sottolineare che rispetto ai risultati emersi sei mesi fa, sia gli italiani che gli europei si dicono curiosamente meno preoccupati per il terrorismo. Questo generale clima di incertezza e la carenza di progettualità impattano sui comportamenti di consumo: l’utilizzo del denaro dopo aver soddisfatto i bisogni primari subisce un drastico ridimensionamento. Alla domanda “Considerando il costo della vita oggi e le sue capacità di spesa, come definirebbe questo momento per acquistare ciò che desideri o di cui hai bisogno” gli italiani rispondono “non così buono” per il 43% e “cattivo” per il 17%. La minore discrezionalità di spesa è stata causata, tra l’altro, anche dalla dinamica di prezzo di alcuni beni primari che incidono di più rispetto a 2/3 anni fa sul portafoglio degli italiani quali: il consumo di carburante, i generi alimentari, la salute e le spese in medicinali, visite e cure, le spese per la casa quali condominio, rate mutuo e affitto e abbigliamento-calzature.


DIFFIDENZE ALIMENTARI
IO DEL CIBO NON MI FIDO

Potrebbe leggersi come l’inizio di una filastrocca un po’ triste, ma la sfiducia dell’italiano verso ciò che mangia pare essere invece una cruda realtà. Perlomeno così emerge da una recentissima indagine curata da Astra-Demoskopea condotta la prima settimana del settembre scorso su un campione di mille italiani di età superiore ai 14 anni. Personalmente, pur stimando la professionalità del sociologo Enrico Finzi presidente di Astra, credo che il campione, indubbiamente pesato scientificamente, non sia realmente rappresentativo della popolazione italiana. In particolare per una tematica complessa ancorché delicata qual è quella inerente a cibo e bevande.
In questo nostro settore non c’è giorno che più o meno attovagliati si organizzino convegni, seminari, conferenze stampa, sagre, percorsi gastronomici animati da chef e sommelier inneggianti la bontà dei nostri prodotti alimentari. Non c’è giorno che, a partire dal Ministero delle politiche agricole, quindi da Coldiretti, Confagricoltura, Agrifood, Consorzi di tutela, Cantine sociali per tacere dei singoli produttori, non si disquisisca di garanzie qualitative e di tracciabilità e della bontà dei nostri prodotti commestibili. Un mantra di positività, rassicurazioni ed esaltazioni recitato anche da molti colleghi della stampa.
Sarà che la maggior parte degli italiani non frequentano i suddetti simposi, sulla tracciabilità ne sanno pochino e di retrogusti e mise en place non ne masticano più di tanto, sta di fatto che invece ricordano benissimo “fenomeni” come il pesce al mercurio, il pollo alla diossina, frutta e verdura zeppe di pesticidi, la confusione di Ogm sì Ogm no, le varie “E” simbolo di coloranti strani, per tacere delle pandemie “storiche”, quelle del vino al metanolo e della mucca pazza. A peggiorare, la notizia di questi giorni (confusa o comunque sin ad ora mai ben chiarita) dell’influenza aviaria che qualcuno (è vero) crede si prenda andando in aereo.
Celie a parte, alla luce di queste “rimembranze” l’indagine citata segnala che ben il 68% degli italiani, cioè circa 34 milioni, non si fida di ciò che mangia e beve, come dire che soltanto il 28% dei nostri connazionali si ritengono rassicurati da verifiche e controlli. Stilando l’amara classifica delle preoccupazioni emerse dall’indagine intorno a il timore degli italiani a tavola c’è la percezione di dosi massicce di additivi, coloranti e conservanti (lo crede il 69%), quella di antiparassitari (57%), della cattiva qualità di materie prime e ingredienti vari e della carenza di igiene nei luoghi di lavorazione (50%). Andiamo avanti: il 46% lamenta la scarsa pulizia dei mezzi di trasporto delle derrate e il 39% quella nei punti di vendita. Capolista dei prodotti che suscitano più timori ci sono le carni (bovine, ovine e suine) e il pesce (67%), seguiti dai prodotti confezionati come biscotti, olio, pasta, conserve, caffè, ecc (50%), latticini (43%), acque minerali e bibite gasate (40%). Giudicati più sicuri (anche se non totalmente) i prodotti biologici, quelli Dop e Igp.
Botta finale: 36 milioni di italiani alla luce delle notizie, anche recenti, che con fatica filtrano sulla stampa riguardo scoperte di cibi avariati, di macelli clandestini, di prodotti rigenerati chimicamente (gli oli su tutti) e via elencando, temono nuove emergenze.
Ho anticipato la mia personalissima perplessità per un campione così modesto, tuttavia l’indagine di Astra funge da sonante campanello d’allarme su preoccupazioni reali. Pur credendo che il nostro agroalimentare sia sostanzialmente un settore serio, esiste però un problema di comunicazione verso il consumatore che sino ad oggi non è espletato correttamente. L’uomo della strada e la casalinga di Voghera amerebbero “capire” e “sapere” con certezza cosa mangiano e cosa bevono senza gli svolazzi, le enfasi e i lustrini messi in campo dai pubblicitari. E senza i tecnicismi e il linguaggio politichese di molti personaggi che affollano questo comparto usato per acquisire piccoli o grandi poteri.