PERCORRENDO LA FILIERA
A cura di GIUSEPPE CREMONESI [ cremonesi.web@asa-press.com ]


Sommario

FUTURO ALIMENTARE
I BIG DEL FOOD PUNTANO SUL SALUTISMO


VITICOLTURA
VENDEMMIA 2007, FRENIAMO GLI ENTUSIASMI

CONSUMI BEVANDE
BIRRA: FINALMENTE ABBATTUTO IL MURO DEI 30 LITRI A TESTA


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FUTURO ALIMENTARE
I BIG DEL FOOD PUNTANO SUL SALUTISMO

E’ recente l’acquisizione di Danone del colosso Numico, leader europeo nell'alimentazione per l'infanzia. Per condurre a termine questa operazione il colosso francese non ha badato a spese: 12,3 miliardi di euro per rilevare un gruppo che realizza 2,6 miliardi di giro di affari, pagando in pratica 5 euro per ogni euro di fatturato, un moltiplicatore elevato se si tiene conto che nel settore alimentare in genere questo rapporto è pari o inferiore a uno. Perché Franck Riboud, amministratore delegato della Danone, ha staccato un assegno di questo importo - si chiede Sergio Auricchio, direttore di Agra? L'ha spiegato lo stesso Riboud nel corso di una conferenza stampa che si è tenuta a Parigi il 10 luglio scorso: “La nostra strategia mira a costruire un gruppo focalizzato sulla salute e la nutrizione e l'acquisto di Numico certamente ci avvantaggerà nella ricerca in questo settore. Sono certo di trovare nei laboratori di Numico delle pepite d'oro che potremo utilizzare negli altri settori in cui operiamo (prodotti lattieri, freschi e acque minerali)”. Significativa è poi la coincidenza che dal 2006 il boss di Nestlé, Peter Brabeck, abbia adottato identica strategia di crescita nei prodotti salutistici. Si può essere più o meno d’accordo, tuttavia la grande sfida sui mercati mondiali dell'alimentazione oggi si gioca proprio in questo settore che nel 2006 ha superato un giro di affari di 60 miliardi di euro e mostra un trend in continua crescita. Gli Usa detengono i due terzi di questo mercato, seguiti da Europa e Giappone. Tumori, problemi cardiovascolari, osteoporosi, obesità e allergie alimentari sempre più diffuse sono all'origine di una richiesta in forte aumento di prodotti alimentari, non tanto destinati a nutrire, quanto a curare o prevenire le malattie. A questo genere di beni i consumatori sono disponibili a spendere somme crescenti. Dal punto di vista dei produttori gli alimenti salutistici presentano indubbi vantaggi: alto valore aggiunto; ricette che con piccoli adattamenti soddisfano un mercato mondiale; i brevetti, poi, proteggono dai concorrenti. In pari tempo esistono elevati vincoli per entrare in questo mercato, vincoli legati ai grandi investimenti occorrenti, anzitutto nella ricerca per mettere a punto nuovi prodotti, poi in marketing e pubblicità, per diffonderli e farli conoscere. Tutto ciò quali ricadute ha per l'industria alimentare italiana? L’arcinota frammentazione del nostro sistema produttivo costituisce il più grande ostacolo all'entrata in questo promettente settore. Non investendo o investendo somme risibili in ricerca, non disponendo di una dimensione internazionale, un certo numero di imprese italiane ha cercato ugualmente di sedere al banchetto dei Food Health ma, non potendo mettere a punto reali innovazioni, ha banalmente puntato ad aggiungere qualcosa ai prodotti tradizionali (ad esempio Omega 3, alcune vitamine, ecc.). Questa sorta di maquillage, non essendo brevettabile, è stata seguita da altri concorrenti con il risultato di trovare oggi sul mercato centinaia di prodotti che vantano le stesse proprietà e che per certi versi confondono il consumatore che si chiede se valga la pena spendere di più per avere vantaggi nutrizionali che potrebbe ottenere (spendendo di meno) consumando prodotti naturali dove queste sostanze sono presenti. Insomma, - spiega chiosando la sua riflessione Auricchio - “Per realizzare reali innovazioni, che sono poi quelle riconosciute dal mercato, ci vuole ben altro! E' bene avere la consapevolezza che questo sarà il mercato del futuro e che se la nostra industria alimentare si attarda nella produzione di commodity realmente salutistiche, verrà presto il momento che queste potranno saranno prodotte a prezzi più bassi all'estero”. D’altro canto, ciò sta già ampiamente avvenendo.


VITICOLTURA
VENDEMMIA 2007, FRENIAMO GLI ENTUSIASMI

Ci risiamo: ogni anno non c’è previsione vendemmiale che non sia improntata al più enfatico degli ottimismi. “La miglior annata del secolo!”, “Avremo vini memorabili!” “Annata boom”, “Bacco è con noi!”. Questi i titoli e le enunciazioni lette e udite anche quest’anno da molti addetti ai lavori o pseudo tali. Sarà, ed è auspicabile. Tuttavia un poco più di sobrietà e di onestà intellettuale non guasterebbe. Applausi alora per i toni chiari e forti di una dichiarazione dei giorni scorsi rilasciata a “Winenews” dal professor Attilio Scienza, ordinario di viticoltura dell’Università di Milano: “La comunicazione deve smettere di dare solo notizie rassicuranti per i consumatori per troppo timore di danneggiare il mercato. Rassicurare non è sinonimo di verità. Si dovrebbe piuttosto, proprio per rinforzare la fiducia dei consumatori in un mondo, quello del vino, informare su cosa stia accadendo alla viticoltura italiana in seguito ai cambiamenti climatici in atto e quali siano le soluzioni in campo e i soggetti coinvolti per dare soluzioni ad un comparto importante dell’economia italiana”. Ed a proposito di sobrietà ancorché di prudenza, ecco quanto dice Giuseppe Martelli, direttore di Assoenologi, la valida organizzazione italiana dei tecnici di cantina: “La vendemmia 2007 sarà una delle più anticipate degli ultimi 70 anni”. In pari tempo però invita alla cautela sulle previsioni qualitative e quantitative sottolineando, semmai ce ne fosse bisogno, “la decisa eterogeneità nelle diverse regioni del Paese”. Nella prima decade di agosto, si è stimato che il 30% delle uve fossero già in cantina, ma ogni valutazione ad oggi risulta azzardata poiché la situazione climatica e meteorica continua a far variare lo scenario sia in termini qualitativi che quantitativi. Assoenologi, come peraltro di consueto, comunicherà la sue prime stime ufficiali a livello nazionale e regionale, non prima del 1 settembre fornendo dati che risulteranno, come sempre, assai aderenti alla realtà confermati anche dal nostro Istituto Nazionale di Statistica (Istat) che li ufficializza comunque nella primavera successiva.


CONSUMI BEVANDE
BIRRA: FINALMENTE ABBATTUTO IL MURO DEI 30 LITRI A TESTA

Nel 2006 il consumo di birra è aumentato del 3% portando il consumo pro capite a 30,3 litri, il massimo storico per l'Italia. Questo mini-record, non ha comunque nulla di eclatante. La posizione del nostro Paese nella classifica dei consumi birrari della UE, ci pone comunque, e da sempre, all’ultimo posto con meno della metà dei consumi medi pari a 78 litri l'anno pro capite. L'Italia, però, è al nono posto tra i produttori europei con quasi 13 milioni di ettolitri, 781.000 dei quali esportati. Ciò detto, un clamoroso effetto comunque c'è stato: la birra ha sorpassato il vino nei consumi dei pasti fuori casa nei giorni feriali con il 19,8% contro il 18,8% del vino. Lo rivela un'indagine Makno, condotta su un campione di 1.500 persone rappresentativo dei 49 milioni di adulti italiani, secondo cui si registra una diminuzione dei consumi di vino (25,2% nel 2006, 38,5% nel 2004) e una crescita del 4% dei consumi di birra. Relativamente al consumo durante i pasti fuori casa nel week end, le posizioni si invertono ma il trend no: il vino è in testa con il 43,6%, però perde rispetto al 46,6% del 2005, e la birra riduce il distacco salendo dal 37,4% al 38,9%. Stabile, invece, il consumo del nettare di Gambrinus nei pasti a casa (4,4%) mentre quello fuori pasto torna ai livelli del 2005 (13,1%) dopo la flessione nel 2006. Oltre al consumo, si amplia anche l'universo dei consumatori di birra preferita dal 68,9% degli italiani contro il 66,2% del 2005. Nelle preferenze degli italiani primeggiano le pils con il 40,9%, seguite dalle doppio malto con il 13,9%, dalle puro malto con l'11,3%, dalle lager con il 10,6%, dalle birre di frumento con il 3,5% e dalle birre analcoliche con il 2,6%. Cresce anche il popolo delle bevitrici (dal 53,1% al 54,5%) sfatando il mito che tradizionalmente vede il boccale di bionda in mano solo agli uomini.