PERCORRENDO LA FILIERA
A cura di GIUSEPPE CREMONESI [ cremonesi.web@asa-press.com ]


Sommario

COMPORTAMENTI D’ACQUISTO
I “TRUCCHI” DELLA” GDO


ORTOFRUTTICOLI
PIU’ SPAZIO SUGLI SCAFFALI DELLA GDO PER QUELLI IGP


ESPORTAZIONI ALIMENTARI
I NOSTRI CIBI FANNO BOOM IN CINA E GIAPPONE


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COMPORTAMENTI D’ACQUISTO
I “TRUCCHI” DELLA” GDO

Sono cose note, quantomeno come a chi scrive, a chi si occupa, tra l’altro, dell’osservazione delle attività e dei modi di agire delle catene distributive. Meno note al grosso pubblico, comprese le persone che compiono normalmente o saltuariamente atti d’acquisto in questi store. Ora, se non tutto, quantomeno in buona parte vengono divulgate le tecniche usate dalla grande distribuzione per stimolare gli acquisti grazie ad un volume recentemente pubblicato negli Usa dal titolo What to eat (cosa mangiare). «Sono uguali in tutto il mondo - ha spiegato l’autrice, Marion Nestle, e vengono studiate e attivate per lo stesso scopo: farci comprare due, tre, cinque prodotti in più rispetto a quelli che realmente ci servono». Partendo da layout prestabiliti: frutta, verdura e fiori sono posti all'ingresso perché colore e profumo concorrono ad attirare l'attenzione del cliente; i prodotti freschi e i surgelati, generalmente i più ricercati e venduti, sono disposti lungo il perimetro del supermercato sul lato opposto rispetto alle casse costringendo il cliente ad attraversare le diverse corsie con scaffali riempiti spesso di prodotti superflui. Pane, latte e generi di prima necessità sono invece sempre lontani dall'ingresso, mentre l'acqua, che pesa e ingombra è sempre alla fine del percorso. Il prodotto generalmente più difficile da trovare è il sale, seguito dallo zucchero, sistemati strategicamente in qualche angolo obbligando il consumatore a ripercorrere più volte le varie corsie spingendolo “involontariamente” ad acquistare qualcos'altro. Ovvio che ciò ha per obiettivo precipuo di farci restare all'interno del magazzino il più a lungo possibile perché più prodotti vediamo più ne compriamo compiendo quello che gli osservatori dei comportamenti chiamano “acquisti d’impulso”. Anche la posizione di giocattoli e di patatine, bibite e merendine non è casuale. Sono disposti nelle isole centrali alla portata dello sguardo dei bambini. Passando alla disposizione negli scaffali dei diversi prodotti, l'inizio e la fine di ogni corsia, gli scaffali ad altezza d'occhio e gli spazi vicini alle casse sono riservati a generi selezionati con particolare attenzione, così come la merce posizionata alla destra dei prodotti di grande richiamo. Questo perché siamo abituati a leggere da sinistra a destra e i nostri occhi tendono naturalmente a seguire questo movimento anche davanti a uno scaffale. Oltre a queste tecniche un contributo importante alla definizione delle strategie di vendita e posizionamento dei prodotti arriva dalla tecnologia. L'istituto ID Magasin, specializzato in ricerche comportamentali e di mercato, ha messo a punto un dispositivo per osservare e registrare ciò che il cliente guarda da quando entra a quando esce dal punto vendita scoprendo che l'area più osservata negli scaffali è circa 20 centimetri al di sotto del nostro orizzonte visivo. Quindi, un prodotto collocato a un metro e mezzo d'altezza ha la massima percentuale d’essere notato e, spesso, acquistato. Anche le telecamere di sorveglianza consentono di registrare i movimenti dei clienti e di differenziare i percorsi di chi fa la spesa per la cena, per la giornata o per la settimana allo scopo di pianificare il posizionamento dei prodotti ed incrementare le vendite. Da non sottovalutare infine la funzione delle carte fedeltà personalizzate che con la lusinga di raccolte punti per ottenere dei premi hanno lo scopo di “fotografare” i nostri scontrini memorizzando la ripetitività e le preferenze di un certo numero di prodotti acquistati. Queste informazioni saranno utili per attivare promozioni e offerte speciali contando a priori su una clientela “sensibile”. Degli esempi? Se dai nostri scontrini risulta che compriamo cadenzatamene del pet, è implicito che abbiamo in casa uno o più animali, così vale per le preferenze verso certi formaggi anziché altri, per l’acquisto di assorbenti igienici di un certo tipo che “denunciano” implicitamente sia una presenza femminile sia più o meno la fascia d’età di chi li usa. Per contro, l’osservazione è fatta altresì su alcuni prodotti acquistati raramente o saltuariamente, a questo punto, stante che la predisposizione d’acquisto è acclarata, volendo “spingere” certi articoli o una certa merceologia, l’insegna potrà intervenire appunto con un’offerta particolare o una promozione ad hoc.

ORTOFRUTTICOLI
PIU’ SPAZIO SUGLI SCAFFALI DELLA GDO PER QUELLI IGP
Da Fedagri una bacchetta alla gdo

«Le catene distributive si devono impegnare in un'adeguata valorizzazione e promozione delle produzioni ortofrutticole Igp (Indicazione Geografica Protetta), evitandone il più possibile l'assoggettamento alle ordinarie regole di mercato». Questo l’incitamento del presidente di Fedagri-Confcooperative, lanciato a Bologna in occasione della prima edizione di “So Fresh” (rassegna che ha avuto un vero successo), ma le logiche e le politiche della Grande Distribuzione Organizzata, perlopiù in mani straniere, sono fortemente orientate alla massimizzazione del profitto. A suffragio del monito, sono stati forniti dei dati rilevati da una indagine condotta da Agroter. La stima del valore complessivo per i 45 ortofrutticoli certificati Igp è stata, nel 2005, di 165 milioni di euro alla produzione e di 275 milioni di euro al consumo, con all’incirca 190 mila tonnellate commercializzate, pari soltanto all'1,5% della produzione nazionale ortofrutticola lorda vendibile. Oggettivamente cifre ancora modeste se si considerano gli elementi che contraddistinguono questi prodotti: origine geografica e territoriale, controlli garantiti da organismi esterni alla filiera, certezza di modalità produttive tradizionali e standard di qualità codificati in disciplinari. Per altro verso occorre dire che, pur auspicando una maggiore presenza di ortofrutticoli nazionali, specie se contrassegnati col sigillo europeo di identificazione geografica, non si può sottacere che esistono ancora notevoli carenze oggettive lungo la filiera dell’intero settore, carenze non accettate dai rigidi capitolati delle catene distributive. A partire dalla pianificazione delle colture lasciata spesso all’improvvisazione, ad una logistica parecchio imperfetta: scarsa presenza di piattaforme e di celle frigo, disinvolta puntualità nelle consegne, packaging primari e secondari poco funzionali e senza appeal. Per tacere delle attività promozionali e pubblicitarie (rare, discontinue, di scarsa creatività e impatto) da parte dei consorzi di tutela e ad una politica di pricing non allineata. Tutto ciò, senza nulla togliere alla normalmente ottima qualità del prodotto, rende davvero difficile immaginare lo sviluppo auspicato.

ESPORTAZIONI ALIMENTARI
I NOSTRI CIBI FANNO BOOM IN CINA E GIAPPONE

Il positivo andamento delle esportazioni nello scorso anno si riscontra sia per i prodotti dell’agricoltura (più 15,2% rispetto al 2005) sia per gli alimentari trasformati (+ 3,1%). Secondo la Confederazione italiana agricoltori (Cia), che analizza i dati Istat, il nostro agroalimentare cambia andatura e segna un concreto aumento dell’export in generale e va alla conquista di nuovi mercati.
I successi sono consistenti soprattutto in Cina e in Giappone, dove i nostri prodotti sono oggetto di un’autentica esplosione. Come detto, la vera sorpresa del nostro export agricolo-alimentare è rappresentato dai due Paesi più dinamici dell’Estremo Oriente. In Cina i prodotti agricoli evidenziano un aumento di ben il 51%; percentuale quasi doppiata dagli alimentari trasformati (più 94,5%). Riguardo invece il Giappone, gli incrementi sono del 35,2 per l’agricoltura e del 4 per cento per l’alimentare. A far crescere questi positivi flussi esportativi sono stati, in particolare, i prodotti tipici, vino in testa, seguiti dai formaggi e dall’ortofrutta. Un trend destinato ad aumentare vista l’apertura, soprattutto nel mercato cinese, di un altro prodotto di punta del “made in Italy”: il prosciutto. Elaborando i dati Istat, la Cia rileva inoltre che andamenti positivi per questi settori si sono avuti anche sui mercati russi e turchi, Paesi dove le nostre produzioni sono tra le più apprezzate. In Russia, in particolare, si assiste ad una importante affermazione dei nostri vini. Dati significativi ancorché confortanti anche se occorrerà attendere quelli relativi all’interscambio con i Paesi Ue per avere un quadro complessivo della panoramica degli interscambi. Occorre tuttavia rimarcare che il problema della nostra competitività non è però risolto. Difficoltà, vincoli e ostacoli per un vero sviluppo rimangono. Perciò è essenziale attivare una politica mirata che permetta di sostenere una valida proiezione internazionale del nostro sistema agroalimentare. Una politica fatta di promozione, di protezione delle denominazioni di origine, di lotta all’agropirateria, di iniziative coordinate e di efficaci strumenti finanziari.