PERCORRENDO LA FILIERA
A cura di GIUSEPPE CREMONESI [ cremonesi.web@asa-press.com ]


Sommario

ARIA NUOVA AL MIFAP
LE RICETTE DI DE CASTRO PER IL RILANCIO DEL NOSTRO AGROALIMENTARE


CONSUMI
COMPERARE IN CAMPAGNA


ACQUISIZIONI - VINI
LE CANTINE BOLLA RITORNANO TRICOLORE

ACQUISIZIONI- PRODOTTI DA FORNO
BAULI MANGIA I FROLLINI DELLA DORIA

CONSUMI
UN CONO AL… MERLUZZO


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ARIA NUOVA AL MIFAP
LE RICETTE DI DE CASTRO PER IL RILANCIO DEL NOSTRO AGROALIMENTARE

25 agosto 2006. Si muove bene, in fretta e a 360° il neo Ministro delle Politiche agricole Paolo De Castro. Finalmente (e dalle nostre parti è cosa rara), a guidare questo importante dicastero è stato nominato non un politico avulso dal contesto e dalle problematiche inerenti al ruolo cui è atteso, ma da un autentico, preparato “addetto ai lavori”. Questo il suo background:
professore ordinario di Economia Agraria presso la facoltà di medicina veterinaria dell'Università di Bologna; laureato con 110 e lode in Scienze Agrarie presso la stessa Università nel 1980. Dal 2001 al 2004 ha presieduto l'Istituto di Studi Economici "Nomisma". Inoltre, è presidente nella Fondazione Qualivita e ordinario dell'Accademia dell'Agricoltura di Bologna, dell'Accademia Economica Agraria dei Georgofili di Firenze nonché dell'Accademia Agraria di Pesaro e dell'Accademia Nazionale di Treja (AN). Dal 1996 al 1998 è stato consigliere economico del presidente del Consiglio Romano Prodi e Consigliere Economico del Ministro delle Risorse Agricole e Forestali Michele Pinto. Dal giugno al dicembre 2000 è stato nominato Consigliere speciale del presidente della Commissione Europea. Dall’ottobre 1998 all’aprile 2000 è stato Ministro delle Politiche Agricole e Forestali nei due Governi D'Alema. E' coordinatore scientifico del Centro International des Hautes Etudes Agronomiques Mediterranéens di Parigi, e socio della società italiana degli Economisti Agrari e della European Agricultural Economics Association.
Un curriculum di tutto rispetto quindi, ma soprattutto davvero aderente alla missione politica, economica e strategica di rilevanza economica e sociale cui è stato designato. In una recente intervista ad un autorevole mensile, De Castro detta e spiega le sue ricette per le sfide che attendono l’agroalimentare italiano.
Il primo atto è stato quello di far trasferire al suo Ministero anche le competenze sull’alimentazione. Fattore che ha dato completezza alla struttura anche sotto il profilo legislativo ottenendo così il completamento reale dell’intera filiera. Illustrando questo passaggio a tutte le associazioni dei consumatori, l’inciso della sua prolusione è stato questa: «A tutti gli effetti questo è oggi il vostro Ministero perché si occupa finalmente dell’intera filiera, che parte dall’agricoltore, passa per la cooperazione alimentare e l’industria di prima trasformazione e finisce appunto al consumatore finale». Ai primi di agosto, poi, vi è stato un incontro anche con gli operatori della distribuzione organizzata spronati a trovare una formula organizzativa che aiuti il dialogo tra la produzione e la distribuzione, in particolare nel comparto ortofrutticolo. L’obiettivo è quello di creare un binario di rapporto tra chi produce e chi vende, per sostenere i prodotti italiani sui mercati nazionali ed internazionali, garantire prezzi equi e trasparenti ai consumatori, prevenire le emergenze delle crisi di mercato. In altri termini, ha spiegato il Ministro, questo completamento porta alla concertazione tra tutte le parti delle filiere così che si possano collegare meglio l’agricoltura all’industria e il mondo cooperativo alla grande distribuzione con l’obiettivo di tutelare meglio la qualità dei prodotti che arrivano al consumatore. A proposito di prodotti va ricordato che vi è una richiesta da parte del mondo agroalimentare (assolutamente folle) per l’ottenimento di certificazioni, una lista d’attesa di oltre 600 prodotti. Il rischio, tutt’altro che recondito, è, (come ho spesso evidenziato in questa rubrica), di banalizzare e svilire le 154 Dop e Igp che già possediamo. Si tratta quindi di trovare una terza via: non saranno bocciate tutte le richieste ma alcuni di questi prodotti potranno accedere ad un sistema di certificazione nazionale con un suo preciso disciplinare. Tuttavia le sfide che attendono l’agroalimentare nazionale sono ben altre e si giocano sul piano internazionale. Gli interventi prioritari focalizzati da De Castro sono riassumibili in questi punti:
-Affermazione del made in Italy all’estero anche con incentivi per la promozione e strumenti per elevare la tutela internazionale dei marchi e dei prodotti troppo spesso disattesa.
- Promozione dell’innovazione e del trasferimento tecnologico
- Riduzione dei fattori di costo per le imprese sollecitando input tecnici, snellendo la burocrazia, interventi per razionalizzare e rendere ben più efficienti le filiere che sono il vero cul de sac del sistema.
- Definizione di un reale piano nazionale per le agroenergie
- Gestione efficace dei rapporti con i consumatori e attivazione di una funzionale cabina di regia per coordinare la comunicazione alimentare specie nelle situazioni di crisi
- Interventi per stimolare la crescita dimensionale. Piccolo sarà pure letterariamente bello ma da soli non si va da nessuna parte. Quindi stimoli per concentrazioni, fusioni, aggregazioni per tutte le imprese agricole, cooperative industriali e distributive. Come si evince le idee, i progetti e gli obiettivi ancorché la determinazione (non a caso è soprannominato “il mastino”) di questo Ministro sono chiari. L’auspicio degli operatori di questo settore - stampa specializzata compresa - nonché di tutti i consumatori è che riesca a portarli a buon fine.


CONSUMI
COMPERARE IN CAMPAGNA

25 agosto 2006. Secondo i dati dell'Osservatorio della Coldiretti, sette italiani su dieci nel 2005 hanno fatto almeno una volta acquisti direttamente dal produttore agricolo spendendo 2,4 miliardi di euro per vini, ortofrutta, olio, formaggi e altre specialità effettuati direttamente nelle 48.650 aziende agricole, che nell'arco degli ultimi 5 anni hanno fatto segnare una crescita del 25%. Il sensibile interesse per la spesa in campagna è dovuto principalmente della necessità di contrastare, almeno in parte, la lievitazione dei prezzi dal campo alla tavola e della voglia di toccare personalmente con mano qualità, genuinità, origine e tecnologie utilizzate per ottenere il cibo che si porta in tavola. In altri termini, seguire la filiera in prima persona ed oltretutto (comperando sul posto) accorciandola. Il fenomeno degli acquisti in campagna, che ha registrando un vero boom durante le vacanze di quest’anno, è diffuso su tutto il territorio nazionale e coinvolge il 5% delle imprese agricole italiane con una quota maggiore nel nord-ovest (8%) e nel centro Italia (6,3%) mentre notevoli opportunità di crescita si riscontrano nel nord est (4%) e nel mezzogiorno (3,9%). Riguardo specificatamente al vino, durante l'estate sono state 21mila le cantine aperte dove i turisti hanno potuto rifornirsi di vino che è il prodotto maggiormente commercializzato, seguito dall'ortofrutta acquistata spesso dai vacanzieri lungo le strade durante gli spostamenti dell'esodo estivo per il 23,5%, dall'olio di oliva con il 16%, da carne e salumi con l'8%, dai formaggi comprati in malghe e caseifici e dal miele (1%). Dall'analisi dei luoghi dove è possibile fare acquisti di prodotti della campagna emerge che due imprese agricole su tre utilizzano locali adattati all'interno dell'azienda dove vengono anche utilizzate strutture di facile allestimento da sistemare lungo i confini con le strade più trafficate, mentre molto diffusa con il 23,8% è la partecipazione a mercati e fiere locali e con il 2,2% rimane ancora minoritaria l'apertura di punti vendita esterni situati ad esempio nelle città, ma anche la consegna a domicilio (2,4%) che spesso si affianca alle altre modalità di commercializzazione. L'individuazione di spazi nelle città è una realtà in rapida espansione in tutti i Paesi sviluppati con i cosiddetti Farmers Market, i mercatini degli agricoltori nelle città, che stanno riscuotendo (come Seguire già riportato tempo addietro in questa rubrica) un grande successo in Francia, Inghilterra e Stati Uniti dove il loro numero è cresciuto nell'arco di cinque anni del 30%, passando da circa 3000 agli oltre 3700 interessando anche le aree di prestigio di grandi centri come New York.


ACQUISIZIONI - VINI
LE CANTINE BOLLA RITORNANO TRICOLORE


25 agosto 2006. Continua con successo la politica di merger & acquisition del Gruppo Italiano Vini (Giv) che recentissimamente ha rilevato dall’americana Brown Forman - che tra l’altro produce il famoso bourbon Jack Daniel’s - le cantine veronesi Bolla che tornano così in mani italiane. Non si conoscono, al momento, i termini economici dell’acquisto. Di certo la società statunitense si occuperà comunque della commercializzazione e del marketing dei vini della maison veronese in tutti i Paesi esteri. Con questa acquisizione ammontano a 15 le cantine di proprietà di Giv con una produzioni vinicola che abbraccia praticamente tutte le zone vitate della Penisola confermandosi leader indiscussa del mercato enoico nazionale.


ACQUISIZIONI- PRODOTTI DA FORNO
BAULI MANGIA I FROLLINI DELLA DORIA


25 agosto 2006. Il contratto di acquisizione è stato firmato il 31 di luglio ma la notizia è trapelata solo in questi giorni. La società veronese Bauli, nota soprattutto per i prodotti da ricorrenza (Pandoro in particolare) ha acquistato il 100% della società trevigiana Doria famosa tra i consumatori per i suoi frollini Bucaneve presenti sul mercato da ben cinquant’anni. L’operazione rientra nella strategia della Bauli, che già vanta un fatturato di 240 milioni di euro, di ampliare il suo business nel mercato della biscotteria affiancando quello della croissanterie già in atto. La scommessa che si pone il presidente Alberto Bauli è la certezza delle ampie possibilità di sviluppo insite nel marchio Doria che attualmente conta un fatturato di 37 milioni di euro.


CONSUMI
UN CONO AL… MERLUZZO


25 agosto 2006. Recentemente ha fatto scalpore e occupato molte colonne sulla stampa specializzata e non, la notizia della procedura di autorizzazione avviata in Gran Bretagna dalla multinazionale Unilever per consentire l'impiego, come ingrediente nei gelati confezionati, della proteina copiata con procedimento biotecnologico da un pesce. Precisamente una specie di merluzzo che vive nell'Atlantico, il “Macrozoarces americanus”. La richiesta della Unilever dovrà essere quindi trasmessa dalla Food Standard Agency britannica all'agenzia europea di Parma (Efsa) nel quadro della procedura di autorizzazione che si conclude nel Comitato di settore della UE. Al momento sul sito dell’Efsa (www.efsa.europa.eu/) non appare ancora nulla in merito. Di fatto, Unilever sta praticamente tentando di sostenere che la tecnica con cui viene copiata la proteina del merluzzo, utilizzando dei lieviti, la esimerebbe dall'obbligo di indicare in etichetta l'ingrediente Ogm. Oltre al rischio per la salute, per i consumatori ci sarebbe la beffa di non poter esercitare il legittimo diritto di scelta. Al momento i marchi Algida, Sorbetteria di Ranieri, Carte d'Or e Eldorado (controllati da Unilever), rappresentano in Italia oltre il 40% del mercato del gelato confezionato. Contrari al gelato “al merluzzo” ci sono le principali associazioni italiane, da Federconsumatori a Coldiretti, da Cia a Confagricoltura, passando per Confartigianato. I rappresentati di quest’ultima si dichiarano letteralmente inorriditi all'ipotesi che un giorno si possa mangiare un gelato alla proteina di merluzzo. Pur se ultimamente la “fantasia” dei nostri artigiani galoppa sfrenata con proposte perlomeno astruse. Coppette e coni al Gorgonzola e al Parmigiano-Reggiano, all’olio extravergine, al peperone, alla salvia, alla cipolla e all’aglio che vive nell'Atlantico, oltre ai frutti più esotici che affiancano i classici panna, cioccolato, limone e stracciatella. Tuttavia i gelatieri di casa nostra dichiarano con fermezza di concepire il gelato come un prodotto naturale composto esclusivamente da ingredienti genuini dell'agricoltura, ossia: latte, uova, zucchero, panna e frutta, possibilmente legati al territorio. Insomma, Gorgonzola e Amarone si, merluzzo Ogm, no.