PERCORRENDO LA FILIERA
A cura di GIUSEPPE CREMONESI [ cremonesi.web@asa-press.com ]


Sommario

IMPRENDITORIA
E’ SEMPRE PIU’ “ROSA” IL MANAGEMENT DEL NOSTRO AGROLIMENTARE

FONTI ENERGETICHE
BIOCARBURANTI? “COLTIVIAMOLI”


FIERE SETTORIALI
VINEXPO FA PACE CON L’I.C.E.


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IMPRENDITORIA
E’ SEMPRE PIU’ “ROSA” IL MANAGEMENT DEL NOSTRO AGROLIMENTARE
Secondo un'indagine di Unioncamere il manager perfetto per l'azienda agricola è donna. In crescita le extracomunitarie

Dinamicità, determinazione, sensibilità e tanta voglia di fare. Questo il profilo declinato al femminile emerso da uno studio di Unioncamere che pone in evidenza il fatto che sono sempre più donne le protagoniste della gestione di aziende agroalimentari. La loro operatività abbraccia sia la produzione sia la trasformazione dei prodotti nonché il packaging e il loro posizionamento sui mercati, e ciò avviene indipendentemente dalle aree di appartenenza, al Nord come al Sud; infatti complessivamente le signore manager gestiscono il 5,5% del made in Italy.
L’analisi dell'Osservatorio dell'imprenditoria femminile dell’organismo che raggruppa le Camere di Commercio si è concentrata sulla presenza e sul ruolo delle imprenditrici ed evidenzia particolarmente come nel 2005 signore e signorine extracomunitarie a capo di una impresa agricola siano state l'1% contro lo 0,7% degli uomini su un totale nazionale censito di oltre 883.000 aziende. La tendenza, peraltro, segue ciò che sta avvenendo da ormai alcuni anni in agricoltura per le imprenditrici nazionali, in costante crescita il 30,3% è nelle loro mani, mentre per gli extracomunitari la percentuale femminile è addirittura del 45,5% su un totale di 6.403 imprese. Quanto alle nazionalità al primo posto ci sono le elevetiche (30,2%), seguite da americane (8,2%), venezuelane (7,2%), rumene (5,3%), argentine (4,7%), serbe (4,4%), tunisine (2,7%) e albanesi (2,2%). La più alta concentrazione si trova in Friuli Venezia Giulia dove le aziende agricole gestite da extracomunitarie sono pari al 2,1%; seguono Toscana e Abruzzo con l'1,8% e poi Umbria (1,6%), Campania, Lazio e Lombardia (1,2%), quindi Sicilia e Liguria (1,1%). Ma lo spirito di iniziativa delle immigrate non si ferma ai campi. Su un totale di 59.740 ditte individuali operative nell'industria agroalimentare nazionale, bevande comprese, il 4,5% è nelle loro mani; percentuale importante, anche se ancora inferiore dello 0,2% a quella dei maschi. Il primo posto come nazionalità spetta ancora alle svizzere (13,5%), seguite da cinesi (12,5%), marocchine (6,9%), rumene (6,2% ), argentine (5,7%), albanesi (4,7%), ma anche egiziane, ucraine e brasiliane (3,4%), tunisine, bulgare e nigeriane. Le donne dunque si stanno facendo largo anche in questo settore, visto che sul totale degli stranieri a capo di aziende rappresentano il 30,2%, un ambito in cui però è più marcato il divario tra nord e sud. Pensierino finale: non è che questa documentata realtà possa illuminare la classe politica che non riesce a venire a capo delle cosiddette “quote rosa”? Ne dubito, perché chi fa questo mestiere lavora, mentre i politici giocano (anche con le parole).



FONTI ENERGETICHE
BIOCARBURANTI? “COLTIVIAMOLI”


Energie alternative al greggio esistono. Politica e lobby fingono di non capire quanto fa e ancora può fare in questo settore il mondo agricolo
Non si arresta il prezzo del petrolio giunto, mentre scrivo, a superare i 70,5 dollari al barile, mentre è ormai acclarato che la produzione europea di biodiesel ottenuta dalle coltivazioni agricole è già competitiva con le attuali tecnologie con il normale carburante, per tacere dei minori costi ambientali relativi alla riduzione dell’inquinamento. Fattori confermati documentatamente dalla Commissione Europea con lo studio sulla “Strategia Ue per i biocarburanti”. Infatti in occasione dell’ultimo Consiglio dedicato al problema energetico l’Unione europea ha previsto "di espandere l'utilizzo di biocarburanti nel settore dei trasporti, con la prospettiva di aumentare entro il 2015 la proporzione di utilizzo fino all' 8%, attraverso un dialogo costruttivo con il settore petrolifero, accordando il massimo sostegno alla ricerca e allo sviluppo dei biocarburanti della seconda generazione". Lo sforzo della Ue è peraltro coerente con le scelte fatte da Paesi come gli Stati Uniti dove è stata imboccata una direzione di marcia verso fonti alternative con l'approvazione di un pacchetto di norme sull'energia con il proposito di raddoppiare entro il 2012 la produzione di biocarburanti fino a 28,43 miliardi di litri che includono biodiesel, bioetanolo e combustibile da biomasse. Detto ciò occorre sottolineare che l’Unione Europea è fortemente in ritardo sulla tabella di marcia fissata per raggiungere l’obiettivo finale e che prevedeva di sostituire entro il 2005 il 2 % dei consumi totali di benzina e gasolio da autotrazione con biocarburanti, per poi salire al 5,75 % entro il 2010, per far fronte agli impegni assunti con la firma del protocollo di Kyoto. Si tratta di un ritardo che l’Italia può contribuire a colmare grazie alla rivoluzione nei serbatoi che partirà su tutte le macchine circolanti sul territorio nazionale dal luglio 2006 che è la data prevista dalla legge 81/2006 fortemente sostenuta inoltre dalla Coldiretti per l’obbligo di miscelare il normale carburante con almeno una percentuale dell'uno per cento di biocarburanti derivanti dalle coltivazioni agricole. Una decisione che significa un impegno delle imprese agricole per indirizzare a coltivazioni energetiche pari, nel primo anno, a 273mila ettari di terreno nazionale, destinati tuttavia a moltiplicarsi negli anni successivi per arrivare a quasi un milione e 400mila ettari nel 2010. I biocarburanti derivano dalle coltivazioni agricole che l'agricoltura italiana produce in abbondanza e in particolare il bioetanolo viene prodotto tramite processi di fermentazione e distillazione di materiali zuccherini, amidacei o sottoprodotti come cereali, barbabietola da zucchero e prodotti della distillazione del vino, mentre il biodiesel deriva dall'esterificazione degli oli vegetali ottenuti da colture come la colza e il girasole. Con il biodiesel - precisano in Coldiretti - è possibile ridurre dell'80 % le emissioni di idrocarburi e policiclici aromatici e del 50 quelli delle polveri sottili mentre con il bioetanolo si riducono le emissioni di idrocarburi aromatici come il benzene del 50 % e di oltre il 70 l'anidride solforosa.


FIERE SETTORIALI
VINEXPO FA PACE CON L’I.C.E.
Siglato un contratto che riavvicina i due Enti dopo il “pasticciaccio” del 2005


Gli operatori italiani del mondo del vino il “fattaccio” non l’avranno certamente dimenticato. Cos’era successo all’edizione 2005 di Vinexpo? In pratica la rassegna, la cui ragione sociale è “Le Salon international du vin et des spiriteux” che si tiene ogni due anni a Bordeaux appartenente per il 50% alla Camera di commercio di Bordeaux, per il 20% a Sopexa e per il 20% al Comune di Bordeaux, non aveva rispettato precise clausole contrattuali sottoscritte con il nostro Istituto Italiano per il Commercio Estero relegando l’Italia, nonostante i rammarichi di maniera dei loro dirigenti, in una posizione mortificante. Risultato: l’I.C.E. unitamente a gran parte dei produttori italiani che aveva coinvolto prenotando adeguati spazi espositivi e organizzato eventi promozionali di supporto, fece fagotto, o più precisamente, disertò la rassegna unitamente, appunto, a buona parte dell’enologia nazionale. Una brutta storia che innescò roventi polemiche e minacce di risarcimento di danni. Oggi, un comunicato ufficiale diramato dall’ufficio stampa del Salone francese (che gli uffici romani dell’Ice sostanzialmente confermano), testualmente precisa che «I responsabili di Vinexpo e i dirigenti dell’Ice si sono riuniti sotto l’egida dell’Ambasciata d’Italia a Parigi per gettare le basi di un reciproco partenariato. Per evitare eventuali malintesi, I.C.E.e Vinexpo hanno già firmato un accordo per l’edizione 2007. Il posizionamento e la superficie espositiva – stigmatizza il comunicato - sono già stati fin d’ora decisi». Come commentare? Anzitutto auspicare nel reciproco interesse che stavolta gli accordi vengano mantenuti nella loro pienezza. Inutile sottacere che se la defezione italiana del 2005 non ha certamente contribuito all’immagine della rassegna girondina, ed è altrettanto vero che il Salone francese ha un tale respiro mondiale per il quale essere presenti significa moltiplicare contatti con buyer davvero importanti. Il nostro export enoico sta fortunatamente attraversando un buon momento ma ci sono ancora mercati da sviluppare e parecchi da conquistare. Tuttavia ancora più importante è riaffermare e consolidare l’immagine della nostra vitivinicoltura costantemente sotto scacco.