AGRICOLTURA E DINTORNI

A cura di Luisa Doldi ed Emanuela Stìfano [agricoltura@asa-press.com]


Biologicamente… mente e cuore


Siamo nel Parco Naturale Montemarcello-Magra, a Sarzana in provincia di La Spezia. Qui, nel clima della riviera ligure e sul terreno tipico delle pianure alluvionali, l’azienda agricola LU.NE. Verdi produce in regime biologico ormai da 11 anni una ampia gamma di verdure. Nedo Mannucci, titolare dell’azienda, è arrivato all’agricoltura per vie trasversali e, quindi, per passione. E sin da subito ha dato all’azienda un’impronta non convenzionale: biologica e sostenibile, sia nella conduzione che nelle strategia di mercato, lavorando soprattutto con G.A.S (Gruppi Acquisto Solidali), cooperative e mercati locali. Lo andiamo a trovare in una calda giornata di agosto. Lì, sulle rive del fiume Magra, si stendono i suoi 6 ettari a verdure, dove ogni specie ogni anno cambia posizione. Cosi è previsto dalle rotazioni, che in regime biologico sono obbligatorie – ma consigliate sarebbero anche in regime convenzionale! – in modo da permettere la rigenerazione del suolo. In realtà – spiega Nedo Mannucci – le rotazioni possono esser anche un ottimo sistema di prevenzione delle malattie, non solo di rigenerazione del suolo. “Se su un appezzamento di terreno coltivo pomodori che sono suscettibili a fusariosi e so che, in condizioni normali, le spore del Fusarium rimangono sul terreno 3-4 anni, per questo periodo cercherò di non coltivare nulla su quell’appezzamento che sia suscettibile al fungo”. E ancora: “La camola causa grossi danni alle piantine di lattuga, ma l’odore delle crucifere la infastidisce. Dove ho fatto un ciclo invernale di cavolfiore (il cui raccolto arriva fino a marzo circa), ne lascio sul terreno i residui trinciati, il cui odore mi terrà lontano la camola e lì posso così piantare lattuga”. Nel biologico il controllo delle malattie e dei patogeni è un tema delicato, perché i mezzi di lotta a disposizione sono minori che nel convenzionale. E anche perché, spiega Nedo Mannucci, meno si interferisce con l’ambiente, più l’ambiente trova un suo equilibrio ed è in grado di reagire meglio a qualunque infestazione: “Qualunque interferenza chimica, seppur leggera, sconvolge l’equilibrio dell’ecosistema. Se anche per l’uomo non vi sono tracce chimiche apparenti, esso lascia tracce olfattive percepite dagli insetti e questo potrebbe essere und deterrente per predatori importanti come la coccinella”.

La conoscenza degli insetti che vivono sul proprio campo, delle loro preferenze di cibo e dei loro cicli vitali, l’attenzione ai dettagli delle diverse interazioni tra organismi è fondamentale per poter mettere in atto una lotta che è prevenzione, prima ancora che cura: “Se sui miei campi osservo l’afide nero, ma so che tra venti giorni circa si schiuderanno le uova delle coccinelle, devo solo cercare di contenere la popolazione di parassiti fino all’arrivo delle coccinelle, senza però eliminarla del tutto. La presenza degli afidi – di cui la coccinella è predatore - attrarrà sul mio campo la coccinella gravida e penseranno poi le voracissime neonate ad eliminare l’insetto indesiderato”. Sembra semplice, ma tutta questa sapienza è il frutto di anni di osservazioni e soprattutto è il frutto del recupero di un sapere antico nel granaio delle esperienze contadine precedenti: “I nostri nonni, i contadini di ieri, non avevano a disposizione la chimica e, per fare un buon raccolto, dovevano osservare la terra e imparare a far della natura il proprio collaboratore. Le osservazioni empiriche che facevano permettevano loro di raggiungere un certo livello produttivo senza ricorrere a input esterni. Dovremmo recuperare tutte queste osservazioni empiriche e, con le competenze di oggi, trovarne le spiegazioni causali. Ed una volta trovate la cause e noti gli effetti, son poste le basi per una collaborazione agricoltura-natura”
Questo è forse uno dei danni maggiori del processo di industrializzazione e globalizzazione a cui è andata incontro l’agricoltura: “Ci sono state proposte soluzioni universalmente valide, da Aosta a Palermo, nell’ignoranza (nel senso di non considerazione) più completa dei microclimi e delle caratteristiche locali. Non è stato così più necessario confrontarsi con il proprio campo e conoscere cause-effetti, perché la chimica ci ha detto di avere una risposta per tutto. In realtà con la chimica portiamo sulla tavola prodotti che altrimenti non esisterebbero. La chimica eventualmente cura, ma non previene… ed in ultima analisi, fare biologico significa eliminare le cause, non curare gli effetti”.. . e questo a LU.NE. Verdi è pane quotidiano.

Figura 1: Azienda a conduzione biologica LU.NE. Verdi, Sarzana (La Spezia)
Figura 2: Nedo Mannucci, titolare dell’azienda Lu.NE. Verdi


A cura di M.Luisa Doldi


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