AGRICOLTURA E DINTORNI

A cura di Luisa Doldi ed Emanuela Stìfano [agricoltura@asa-press.com]


Bovini di razza Varzese ovvero l’importanza del mantenimento della diversità genetica


All’oasi del WWF di Vanzago, a pochi Km da Milano non è solo possibile ammirare come erano i boschi che coprivano il territorio lombardo prima che l’agricoltura e poi la cementificazione se nei impossessassero; non è solo possibile vedere una fauna tipicamente lombarda che ormai rischia di scomparire per mancanza di habitat, ma è anche possibile vedere un paio di esemplari dell’unica razza bovina autoctona della Lombardia: la razza Varzese .
Sono in pochi oggi ad allevare la Varzese, più per passione che per mercato. Infatti la razza produce carni piuttosto grasse e decisamente meno latte delle razze moderne. A poco a poco dunque rischia di scomparire e dobbiamo essere grati al WWF di Vanzago, così come alla passione di pochi allevatori, se la Varzese continua a vivere. Altro particolare che la rende poco “appetibile” per gli allevamenti moderni: è un razza che ha bisogno di stare all’aperto e di grandi spazi, esattamente il contrario di quanto offre l’allevamento oggi.
Occhi grandi, manto color frumento, sguardo pacifico, la razza è passata dai 40.000 capi negli anni 60 agli attuali 50/60 capi che ne fanno presagire un imminente estinzione. Probabilmente è giunta in Italia al seguito delle incursioni barbariche del VI secolo. Rustica e longeva, di piccola statura dalla prevalente attitudine al lavoro, quei pochi esemplari di Varzese a Vanzago, che si trovano in un’oasi di un fondo per la protezione della natura anziché in una fattoria, ci ricordano il circolo vizioso in cui rischia di chiudersi l’agricoltura moderna: sempre più problemi da affrontare, sempre più necessità di varietà da adattare ad ambienti che cambiano ma - ahimè - sempre meno variabilità genetica a cui attingere.

Esemplari di razza Varzese - Oasi WWF Vanzago (Milano) Settembre 2012

Secondo la FAO (Organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura) oltre 2200 razze domestiche di allevamento delle 6400 esistenti nei prossimi 20 anni rischiano di sparire. In pratica il patrimonio genetico delle specie utili alla alimentazione umana si impoverisce ad un ritmo preoccupante ed ogni settimana spariscono sulla terra due razze di animali domestici. In Europa, se il ritmo di estinzione continuerà così, negli allevamenti verranno utilizzati non più di 400 razze di animali domestici al posto delle attuali 4000. In Italia negli ultimi 50 anni si sono estinte 50 razze di animali domestici e nonostante ciò l'Italia resta uno dei Paesi più ricchi di animali domestici tipici.
Lo stesso discorso si potrebbe affrontare per le piante. La FAO stima che tra il 1900 ed il 2000 sia andata perduta il 75 per cento della diversità delle colture. Parte di questa diversità viene persa perché sempre più varietà tradizionali vengono abbandonate a vantaggio di varietà più idonee al mercato dominante ma che, tra l’altro, appartengono a una manciata di aziende internazionali, da cui siamo fortemente dipendenti per il nostro approvvigionamento alimentare.
E qui si intrecciano due tematiche: da una parte la salvaguardia della biodiversità come fonte di variabilità genetica e dall’altra la sovranità nella produzione di razze e sementi.
Per quanto riguarda il primo punto: la salvaguardia delle razze autoctone e delle sementi antiche non è solo salvaguardia della nostra storia e della nostra cultura lombarda, ma anche salvaguardia di un patrimonio genetico a cui poter attingere per nuove razze e nuove varietà, unica possibile soluzione alle nuove sfide ambientali e di produzione alimentare che l‘agricoltura moderna si trova a dover affrontare.
Per quanto riguarda il secondo punto: citiamo qui Henry Kissinger che in una sola frase riassunse bene l’importanza di mantenere la propria libertà di selezionare e scegliere sementi e razze: “Chi controlla il petrolio controlla le nazioni, chi controlla il cibo controlla il popolo”.

Testo e foto M. Luisa Doldi


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