ASPETTANDO EXPO 2015

A cura di Enza Bettelli


Provolone Valpadana DOP

La zona di produzione di questo tipico formaggio è distribuita su un territorio relativamente vasto che si estende su 4 regioni della Pianura Padana. Oltre a Piacenza in Emilia Romagna e a Trento in Trentino Alto Adige, il provolone viene infatti prodotto in Veneto, nelle province di Verona, Vicenza, Padova e Rovigo e, naturalmente, in Lombardia nelle province di Bergamo, Brescia, Cremona, Lodi e Mantova. Nella Pianura Padana si alternano quindi le zone dedicate alle molte industrie che la rendono particolarmente ricca a quelle dedicate all’allevamento dei bovini, senza dimenticare gli innumerevoli siti storici. Nella Bassa Padana spiccano i palazzi e i musei che fanno di Mantova, Lodi e Cremona dei gioielli di architettura e storia, così come succede per Brescia e Bergamo, per arrivare alle intriganti particolarità della terra veneta e poi su fino alle vestigia austroungariche di Trento. Un affascinante susseguirsi di edifici storici e splendide piazze, spesso immersi in grandi spazi verdi attraversati dai fiumi che rendono così verde la Pianura Padana. Molti di questi spazi sono veri e propri parchi, come il Parco Regionale Adda, Nord e Sud, che con il vicino Parco Agricolo Regionale Sud Milano, quelli dell’Oglio e del Mincio, è sotto la tutela della Regione Lombardia.

Questa ricchezza naturale di spazi verdi e di corsi d’acqua è stata potenziata dalla rete di canali creata dall’uomo e ha favorito lo sviluppo degli allevamenti di bovini. Da qui il via alla vocazione lattiero-casearia di un territorio una volta malsano e nei secoli recuperato dalle innumerevoli opere di bonifica. Le prime risalgono addirittura al tempo degli Etruschi, ma sono state determinanti quelle condotte dai monaci cistercensi verso la fine dell’XI secolo a cui ha fatto seguito il notevole sviluppo dell’agricoltura padana impresso dalla dominazione austriaca nel ‘700.
Nel XIX secolo c’è stata infine la svolta definitiva, grazie all’estensione degli allevamenti e la conseguente ricchezza di latte disponibile che hanno indotto alcuni imprenditori caseari del Sud Italia a spostare la propria produzione nella Pianura Padana, creando così una vera e propria fusione tra cultura meridionale e ambiente padano.

Il Consorzio
Il Provolone Valpadana ha ottenuto il riconoscimento della Denominazione di Origine Protetta (DOP) nel 1996 e il Consorzio Tutela, che si è costituito già nel 1975, ha sede a Cremona e attualmente raggruppa una dozzina di produttori. Tra i compiti del Consorzio, la tutela e la vigilanza volti a migliorare la qualità del prodotto e la sua commercializzazione, supportati da una importante attività di di ricerca e sviluppo, alla formazione per gli associati e alla promozione internazionale. Dal 1996, il Provolone Valpadana ha ottenuto il riconoscimento della Denominazione di Origine Protetta (DOP) da parte dell’Unione Europea.
A fine novembre 2010 è stato presentato il nuovo disciplinare di produzione, che abolisce definitivamente il conservante E239 nel processo. E a garantire ulteriormente la produzione c’è la tracciabilità che, attraverso lo studio sul DNA di ciascun pezzo, consente di definire un profilo per ciascun caseificio produttore. Tutte le pezzature di provolone approvate dal Consorzio sono contrassegnate da una coccarda tricolore.

Nel 2009 la produzione, pur se in lieve calo, si è attestata su 8 milioni e 800 mila kg, con un fatturato di circa 105 milioni di euro. Il latte raccolto con specifica destinazione si è attestato sulle 290 mila tonnellate, di cui 87 mila tonnellate destinate al Provolone DOP. Le 8 mila e 800 tonnellate di Provolone Valpadana D.O.P. prodotte si suddividono in circa 2 mila 800 nella tipologia dolce e in oltre 6 mila in quella piccante, rilevando un equivalente calo dell’8% rispetto al precedente 2008, anche se il numero di forme è rimasto pressoché identico (oltre 1 milione).
Il Provolone Valpadana prodotto nella Regione Lombardia è pari a 5 milioni e 465 kg, pari al 62% sul totale. Il numero di forme prodotte nella Regione Lombardia è di circa 743 mila. Il giro d’affari della produzione, sempre riferito alla Regione Lombardia è di 26 milioni e 560 mila euro, con un prezzo medio alla vendita produttore 4,86 euro/kg. Per quanto riguarda le esportazioni, al 30 settembre 2010 il totale era di 10.050 quintali.
Pur se immesse al consumo con pesi diversi, tutte le confezioni di Provolone Valpadana devono portare l’indicazione DOP, il marchio di identificazione e il numero di autorizzazione rilasciato dal Consorzio Tutela Provolone Valpadana.

Il provolone e la DOP
Il Provolone Valpadana è un formaggio semiduro a pasta filata prodotto con latte di vacca intero ad acidità naturale di fermentazione, proveniente solo da stalle ubicate nella zona di origine e trasformato in caseifici ubicati nella medesima zona di origine.
Il provolone DOP è caratterizzato da diverse varietà di pesi e forme (a salame, a melone/pera, tronco conica, a pera), più di qualunque altro prodotto caseario. La particolare consistenza della pasta è ottenuta con una tecnologia tutta italiana, lasciando riposare la cagliata per qualche ora sul tavolo spersore, fino a quando tende a "filare", formando dei cordoni o "fili” nel momento in cui viene sottoposta a trazione in acqua molto calda.

Due le tipologie di Provolone Valpadana, cioè dolce e piccante. La prima è ottenuta con caglio di vitello, una stagionatura di 2-3 mesi al massimo ed una eventuale pastorizzazione. Per la seconda il caglio è di pasta di capretto e/o agnello, con stagionatura da un minimo di 3 mesi a oltre un anno ed eventuale trattamento di termizzazione.
Per ogni tipologia la modellatura è effettuata manualmente o con l'ausilio di appositi stampi. La stagionatura avviene all'interno della zona di produzione e il provolone può essere anche affumicato.
Le pezzature vengono a volte ricoperte da sostanza protettiva (p.e. paraffina). In assenza di rivestimento la crosta si presenta liscia, sottile, di colore giallo chiaro, dorato, talvolta giallo bruno.
La pasta è generalmente di colore giallo paglierino, compatta, con eventuale leggera e rada occhiatura e lieve sfogliatura nel formaggio a breve stagionatura, con sfogliatura più marcata caratteristica nel formaggio a lunga stagionatura.
Il sapore è delicato fino alla stagionatura di tre mesi; da pronunciato a piccante nelle pezzature a stagionatura più avanzata o prodotte con caglio di capretto o agnello, utilizzati da soli o congiuntamente.

La gastronomia del territorio
Sono ben 4 le regioni da prendere in considerazione, pur se comprese nella stessa grande pianura. In Lombardia oltre al risotto dell’aerea milanese, è ugualmente tipico quello lodigiano con la salsiccia mentre a Bergamo è la polenta, di mais o di grano saraceno, a prevalere poiché la ritroviamo anche in versione dolce. E riso e polenta anche nella provincia di Brescia mentre in tutte le province lombarde è spesso la pasta ripiena il comune denominatore: i casonsei a Bergamo e Brescia, con il tocco agrodolce delle pere; i tortelli di zucca a Mantova, il cui sapore è invece ravvivato da un’aggiunta di mostarda; i marubini a Cremona. Ovviamente la pasta fresca e ripiena non manca neppure a Piacenza, dove si possono trovare anolini, tortelli di erbette oltre ai famosi pisarei e fagioli, piccoli pezzetti di pasta conditi con un saporito sugo di legumi. A Trento la cucina è più rustica e gli gnocchi hanno il gusto intenso dei canederli di pane e speck mentre la polenta e le patate rendono sostanziosi i piatti della cucina tradizionale contadina. Nelle province venete è ovviamente il pesce a prevalere, spesso accompagnato dalla polenta che è presente anche nelle altre regioni grazie alle estese coltivazioni di mais. La polenta viene servita con con baccalà e stoccafisso, i calamari, l’anguilla e tutti i pesci in umido e grigliati, oltre che con le carni e qualche volta perfino con i salumi.

Altro comune denominatore della Pianura Padana è la carne, sia di maiale sia bovina, utilizzata per bolliti, stufati, arrosti e per preparazioni più tipiche come la cotoletta e l’ossobuco alla milanese. Ma la tradizione padana sfrutta tutte le parti dei bovini, anche quelle meno pregiate come le interiora e, infatti, la trippa è presente nella gastronomia di tutto questo ampio territorio, insaporita con verdure e legumi o cotta come una gustosa minestra.

La minestra di trippa
Un tempo lo stomaco dei bovini veniva venduto praticamente ancora sporco e toccava a chi lo cucinava prepararlo, lavandolo più volte poi raschiandolo e sbollentandolo finché era pronto per la cottura vera e propria. Oggi, per ragioni igieniche, è messo sul mercato già pronto da cuocere, ma il trattamento preliminare a cui viene sottoposto ne compromette un poco consistenza e gusto. L’ideale sarebbe poter utilizzare una trippa non proprio bianchissima, quindi ancora abbastanza consistente e più saporita. Mescolando le varie tipologie, cioè il foiolo che è la parte più magra e delicata, la castagna e la riccia che sono più grasse e consistenti, si ottiene un insieme davvero gustoso.
Per la preparazione, lavate un’altra volta la trippa e lasciatela sgocciolare bene. Mettetela poi in una casseruola con un paio di foglie di alloro, olio, burro e una cipolla affettata e lasciatela sulla fiamma alta, mescolando spesso, fino a quando ha espulso il suo liquido e lo ha di nuovo riassorbito. A questo punto aggiungete sedano, carota e cipolla abbondanti e tritati, pezzetti di pomodoro, salvia, noce moscata, sale e pepe e lasciate insaporire per qualche minuto. Coprite a filo con acqua o brodo caldi e cuocete a fuoco basso per almeno un’ora. La durata della cottura dipende dal pre-trattamento subito dalla trippa. Non resta che controllare di tanto in tanto la sua consistenza e toglierla dal fuoco quando è ancora abbastanza consistente.
Questa è la ricetta base, presente con leggere modifiche in tutta la Pianura Padana, che si può arricchire con altre verdure o con fagioli, cotti a parte almeno fino a tre quarti in modo che siano morbidi senza però disfarsi. A Milano si utilizzano i fagioli bianchi di Spagna, ma i borlotti sono una buona alternativa. La densità della minestra è a gusto e va regolata durante la cottura aggiungendo man mano il liquido necessario. La trippa si porta in tavola sempre spolverata con una buona grattata di Grana Padano o Parmigiano Reggiano.


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