SCHEDE

Il pane come ingrediente importante di molte zuppe
Acquecotte, acque pazze, buridde, brodetti, cacciucchi, etc.

Prima del peccato originale, l’uomo viveva in uno stato semidivino in cui spartiva il cibo con il suo creatore, poi dovette piegare la schiena e darsi da fare per trarre dalla terra le risorse per la sua sopravvivenza. Le “colpe” di Adamo ed Eva, di Prometeo, di Pandora non diedero più scampo a nessuno e l’umanità dovette conoscere una vita soprattutto di dolori e tribolazioni. Per molto tempo l’uomo visse di stenti, alla giornata, poi per un colpo di fortuna imparò a governare il fuoco. Si diede da fare e fece altre scoperte ugualmente rivoluzionarie, come quella di conservare i grani quando erano abbondanti, e capì che poteva sopravvivere con il suo ingegno. Risolto il problema della sopravvivenza, con la successiva scoperta del pane, quello schietto come nutrimento del corpo, l'uomo ebbe tempo per migliorare le tecniche d’uso degli strumenti che aveva inventato ed anche di cercarsi un companatico che servisse come nutrimento dello spirito. Naturalmente all’inizio andò a tentoni utilizzando ingredienti e sapori che man mano imparava a conoscere, specialmente dopo dopo aver appreso a costruirsi recipienti che resistevano al fuoco. I cibi cotti in acqua bollente erano diversi da quelli esposti al calore diretto o crudi: bastava poco per solleticare le papille gustative e soddisfare un bisogno diverso da quello del nutrimento. Nacquero le minestre in brodo che furono composte con gli ingredienti disponibili, a volte soltanto con il pane e qualche altra sostanza più saporita.

Fu allora che nacquero quasi dal nulla una infinità di preparazioni gastronomiche che furono tramandate di generazione in generazione giungendo, molte di esse, fino a noi come piatti delizia del palato. Nacquero qua e là zuppe, piatti unici, che sfamavano ed erano di conforto ad una vita dura da trascinare.

Ricordo personalmente un modo semplice, genuino e gradevole, con cui alcuni pescatori di Castro consumavano il loro pane. Tiravano in secco il loro schifo di appena nove palmi sulla spiaggetta sotto il monte di Porto Miggiano e lì salivano di roccia in roccia a raccogliere qualche cardo secco assieme ad altri sterpi. Poi, sopra un improvvisato tre piedi di sassi, mettevano un pentolino al fuoco vivo con dentro pochissimo olio, per non abbassare troppo il livello del loro bottiglino; quando iniziava a fumare vi buttavano dentro un pezzo di cipolla, poi aggiungevano un po’ dell’acqua da bere che avevano sulla barca e appena iniziava a bollire buttavano dentro anche pochi pesciolini che avevano tirato su con le lenze mentre attendevano il momento per salpare i palamiti. Così potevano inzuppare il loro pane. Se non bastava, ripetevano la cottura più volte, sempre con lo stesso pentolino sciacquato in mare e, quando faceva freddo, aggiungevano tanto peperoncino che c'era da tenersi le orec­chie per il calore. A Porto Cesareo sulla costa ionica, si fa ancora la Quatara che è pure un brodetto di pesce, non piccante, il cui nome viene dalla pentola adoperata: in origine i pescatori usavano soprattuto i pesci che non potevano vendere, soprattutto quelli che definivano chiattisciati, quelli sfuggiti malconci alle fauci dei predatori ma la cui carne era ancora fresca; allora il brodetto veniva fatto in riva al mare, spesso cotto con pochi fuscelli accesi sopra un vecchio piatto di bilancia pieno di sabbia. Anche in questo caso la zuppa serviva ad intingere il pane e rendere più gradevole il suo sapore.

Poi, un po’ alla volta, delle scoperte popolari si sono impossessati gli osti prima e gli chef poi ed hanno stabilito una specie di codice che vuole, quasi sempre, la minestra si versi sopra il pane affettato e tostato, ma anche semplicemente strofinato con l’aglio. In altri casi, il pane, raffermo, diventa l’ingrediente principale della minestra. Per lo più queste minestre in brodo hanno preso il nome di zuppe o brodetti, i più famosi sono quelli con pesci e frutti di mare, ma non mancano brodetti, o zuppe, fatti con carne, ortaggi, uova. Possono essere dolci – diciamo così, precolombiani – o anche piccanti di peperoncino; lungo tutto l’Adriatico, salvo qualche eccezione – come a San Benedetto del Tronto –, da Brindisi fino ai lidi friulani, si mangiano brodetti di mare dolci; a Manfredonia il brodetto di pesce si chiama ciambotta. Sono, invece, decisamente piccanti le zuppe di mare della Versilia, dove si chiamano cacciucco, quelle napoletane e quelle calabresi e delle isole. Nel Salento, a Lecce, si fa la matriata alla genovese che è una zuppa molto piccante con budello di vitella da latte e tanta cipolla e si serve su fette di pane.

Ingrediente importante delle zuppe, o brodetti, è come abbiamo visto il pane, che solitamente si adopera tostato a fette, a crostoni o anche in crostini, ma non mancano casi in cui il pane non è coperto dalla zuppa ma si intinge man mano e si gusta separatamente. Non mancano mai la cipolla o l’aglio, che vengono adoperati anche assieme per preparare il soffritto – per la verità al Sud si adopera soltanto la cipolla, man mano che si sale lungo la penisola l’aglio prende il sopravvento. Ci sono anche zuppe famose che si fanno con gli ingredienti messi in casseruola tutti assieme a freddo, come succede con il brodetto di pesce di Gallipoli o con la bouillabaisse provenzale; anche a Rinini si fa un brodetto di pesce senza soffritto. Alcune zuppe, poi, non vogliono né l’aglio né la cipolla ma di solito si fanno con brodi di carne, come la zuppa alla pavese fatta di pane, uova e brodo e come un brodetto alla romana pure con pane e brodo di carni. L’acquacotta dei butteri di Toscana si fa con ortaggi e uova ed è molto piccante; l’acqua pazza del Napoletano è una zuppa di pesce che parte da un brodo vegetale filtrato, è dolce e non vuole il soffritto. Nel Napoletano c’è anche una zuppa di soffritto, una zuppa piccante fatta con la coratella di maiale, che si serve su fette di pane tostato. Il brodetto di peperoni, salentino, si consuma sia come zuppa, su pane tostato alla brace, sia semplicemente come companatico in grossi sandwich per scaldare il sangue nelle rigide giornate di tramontana. In Liguria le zuppe di pesce si chiamano buridda o anche ciuppin e non sono piccanti.

Insomma, anche nei periodi di carestia, il pane – bianco o nero oppure misto – è stato il prodotto che ha permesso ad intere popolazioni di non morire di fame, ma anche l’ingrediente per completare diete troppo povere senza di esso; soprattutto il pane di casa, quello da affettare che durava una settimana. Il pane cosiddetto casareccio, spesso di farina integrale, che oggi si fa anche industrialmente, è rimasto nella nostra cultura ma quasi essenzialmente come ingrediente per la preparazione di bruschette, crostini e zuppe. I più famosi pani casarecci sono il pane toscano, poco salato, ed il pane di Altamura, ottenuto essenzialmente da farina di grano duro, ma ci sono pani casarecci un po’ dappertutto, quelle grosse pagnotte alveolate che profumano di frumento, ed è chiaro che ogni regione vanti il suo. Un tempo era anche il pane dei bambini, che lo mangiavano nel caffellatte, anche se era ottenuto da un solo cereale.

Giorgio Cretì


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