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IDENTITA' di VINO

Si parla tanto di vino con i trucioli che, se uno solo vedesse che forma hanno, rifiuterebbe qualsiasi vino in odore di truciolamento. Altro che sottili lamelle tra il bianco e il marroncino, leggere scaglie ottenute con una pialla, perfette per far partire bene un fuoco nel camino. Nella forma ricordano la segatura bagnata piuttosto che quella schiuma marrone che viene gettata sulla strada dopo un incidente per asciugare l’olio e i liquidi infiammabili persi, sorta di popò sbriciolosa. Negativo su tutti i fronti.
Però se dovessimo fermarci alle apparenze, non mangeremmo più le lumache e i sanguinacci, il formaggio con i vermi e il rognone, non faremmo più l’amore con la bruttina stagionata (che lo fa strepitosamente bene) e nemmeno berremmo birra una volta annusata la puzza che si espande in fermentazione.
Il punto è un altro e sono contento di sapere che l’Assoenologi è ottimista quando dice di “sì all’utilizzo del legno nel vino, ma solo quello che noi definiamo legno onesto, ovvero doghe, chips e trucioli, atti a cedere al vino solo le sostanze naturali contenute nel legno, esattamente quello che fa la botte o la barrique. Siamo invece fermamente contrari al considerare il legno come veicolante di altre sostanze non specifiche del legno stesso, assunte con trattamenti fatti allo scopo di apportare furbescamente al vino sostanze, tipo aromatizzanti, estranee al medesimo”.
Ma chi controlla l’onestà del legno? Gli stessi che non si accorgono quando una cantina con un paio di ettari di vigna produce vino in quantità da multinazionale o che ci credono quando sentono dire che “la grandine ha colpito i miei vicini emmè no”? E vogliamo mettere quelli che “il mio vino è lo specchio della mia terra” e magari anche di quella di Abruzzo e Puglia? E quelli che “il mio Nebbiolo è così buono e internazionale che sembra un Bordeaux”?
Sono per la buona fede e l’onestà di tutti, ma anche del parere che i trucioli siano la scorciatoia per mille truffe e non vedo perché chi è già disonesto, debba diventare onesto e probo in questo frangente. Quindi meglio vietare tutto e puntare sull’autentica qualità.

Paolo Marchi
Identità golose del 25/7/2006


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