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Carta d’identità del miele a Montalcino
Nel 2009 in Italia aumenta del 150% il consumo di miele e parte da Montalcino, per la prima volta in Italia, la mappatura dei pollini tipici del territorio attraverso l’analisi del dna: l’obiettivo e’ la creazione di una vera e  propria “carta d’identitá” del miele. Il progetto è un importante punto di partenza per un cammino di valorizzazione del miele italiano, attraverso una possibile richiesta di marchio di qualità e origine (Dop)
 
Campagna che vai, miele che trovi: ogni angolo del Belpaese è contraddistinto da un particolare tipo di miele, un prodotto particolarmente legato al proprio territorio di produzione, in quanto le sue caratteristiche organolettiche e di composizione derivano principalmente dal tipo di fiori bottinati dalle api per produrlo. A Montalcino, per la prima volta in Italia, sta partendo un progetto di ricerca, promosso dalla Provincia di Siena insieme al Dipartimento di Scienze Ambientali dell’Università di Siena, finalizzato alla mappatura dei pollini tipici del territorio, attraverso avanzatissime tecniche di biologia molecolare: l’obiettivo è la creazione di una vera e propria “carta d’identità” del miele, che possa caratterizzare con certezza l’origine geografica dei vasetti prodotti in una determinata area, e garantirne così l’assoluta tracciabilità. Il progetto sarà presentato alla “Settimana del Miele” di Montalcino (11-13 settembre), uno degli appuntamenti di riferimento del settore.
La ricerca parte dalla constatazione che ogni miele contiene quantità più o meno elevate di granuli pollinici che derivano in gran parte dai fiori stessi sui quali il nettare è stato raccolto. Sulla base del riconoscimento di tali pollini è così possibile risalire all’origine botanica e geografica del miele. “Ad oggi - spiega la dottoressa Diana Persia, promotore del progetto - l’identificazione dei pollini del miele era basata sull’analisi melissopalinologica, ovvero la loro osservazione al microscopio ed il loro riconoscimento visivo, ma si tratta di una metodica che presenta dei limiti dovuti alla sua non oggettività, in quanto influenzata dall’esperienza e dall’abilità dell’operatore. Oggi una possibile alternativa è basata sull’analisi del DNA dei pollini. Il nostro progetto di ricerca prevede l’esame di due specie botaniche tipiche dell’area di Montalcino, la sulla e il castagno: dai campioni di miele e dai pollini dei fiori raccolti nei campi estrarremo il DNA, che verrà isolato e purificato. Su questo effettueremo le analisi genetiche volte all’identificazione di sequenze di DNA specifiche per la specie considerata. A questo punto verificheremo quanto di quel DNA è presente nel campione. Le analisi melissopalinologiche serviranno come guida e confronto dei risultati ottenuti, che saranno resi noti nel giro di un anno”.
“Questo progetto-pilota - afferma Hubert Ciacci, presidente della “Settimana del Miele” di Montalcino e titolare dell’azienda apistica partner della ricerca - può rappresentare un importante punto di partenza per un successivo cammino di valorizzazione del nostro miele, attraverso una possibile richiesta di marchio di qualità e origine (Dop). Inoltre attraverso l’analisi del DNA è possibile individuare, a differenza del metodo melissopalinologico, l’eventuale presenza di Ogm all’interno del miele, un’ulteriore garanzia a difesa dei diritti dei consumatori”.
Attualmente a tutela della tipicità del miele, la direttiva comunitaria prevede che in etichetta debba essere indicata l’origine geografica - nome regionale, territoriale o topografico - solo se il miele proviene totalmente dal luogo indicato. Pertanto la possibilità di determinare con esattezza l’origine del miele rappresenterebbe un importante valore aggiunto per gli apicoltori di un territorio, utile a contrastare le numerose frodi del settore e a puntare sulla qualità per difendersi dalla massiccia importazione di mieli esteri, provenienti soprattutto da Cina e Argentina.
E’ inoltre un buon momento per il miele, il cui consumo nel 2009 in Italia aumenta del 150% e passa da 400 a 600 grammi a testa e mangiamo miele perché siamo solidali con le api: sembra essere questo il grido di battaglia degli italiani, che nel 2009 hanno incrementato in maniera vertiginosa, pari al 150%, i loro consumi di miele, passando da 400 a 600 grammi a testa. Il dato emerge da una ricerca svolta dall’Unione degli Apicoltori Italiani tra i propri associati: sia gli apicoltori che vendono nel circuito diretto, sia gli operatori di maggiori dimensioni che operano nelle varie tipologie di distribuzione, confermano infatti un incremento notevolissimo dei volumi di vendita. “Dalla nostra inchiesta - afferma Francesco Panella, presidente  dall’Unione degli Apicoltori Italiani - è emerso un fenomeno importante, di particolare interesse in questo momento di crisi dei consumi e delle disponibilità economiche delle famiglie, ovvero un incremento significativo di consumo di miele pro-capite, che è schizzato a 600 grammi”. Un buon risultato che comincia ad avvicinarsi a quello di altri Paesi europei, come la Francia (600 grammi), l’Inghilterra (800 grammi) e la Germania (1 kg e mezzo procapite), dove il consumo di miele rappresenta una consolidata tradizione alimentare, per la prima colazione ma anche abbinato ad altri cibi.
Una parte rilevante del miele prodotto in Italia è venduta direttamente dagli stessi produttori, mentre un’altra quota importante del prodotto nazionale è immessa al consumo da alcune aziende leader, sia cooperative che private. “Tutti gli apicoltori - spiega Hubert Ciacci, presidente della “Settimana del Miele” di Montalcino (11-13 settembre) - che hanno consuetudine diretta con i consumatori asseriscono che alla curiosità e all’interesse per la sopravvivenza delle api si accompagna un acquisto di solidarietà per la loro vita”. Come è noto negli ultimi anni si è verificata in tutto il mondo una vera e propria ecatombe di api, la cui causa principale va ricercata nei neonicotinoidi, sostanze killer utilizzate in agricoltura che provocano la morte immediata dei piccoli insetti. Proprio l’allarme suscitato dalla grave moria di api ha innescato tra i consumatori una gara di solidarietà nei confronti del settore apistico, messo in ginocchio dallo spopolamento degli alveari. Nella percezione degli italiani il miele rappresenta sempre più un prodotto “buono, pulito e giusto”: vanta importanti proprietà nutritive, è ricco di zuccheri semplici come fruttosio e glucosio, di vitamine ed oligoelementi, e soprattutto deve tutte le sue caratteristiche alla natura (piante e api), in quanto non subisce alcuna manipolazione da parte dell’uomo per arrivare sulla tavola.
In Italia si contano circa 50.000 apicoltori, di cui 7.500 produttori apistici che svolgono l’attività a fini economici e ne ricavano il loro reddito principale, mentre sono 1.100.000 gli alveari, per un numero approssimativo di 55 miliardi di api.  

Irene Chiari
www.winenews.it