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LE ERBE SPONTANEE E LA LORO TRASFORMAZIONE GASTRONOMICA


Per l'esperienza campestre alla ricerca di erbe spontanee e della loro trasformazione in ottimi piatti, Silvia Perazzo ha collaboto con i fratelli Cretì. L'azienda, inserita nel borgo, continua la sua tradizione di coltivare i suoi prodotti in modo naturale e di diversificare la sua produzione come si faceva nel vero "Podere" di una volta.
Dopo l'escursione con guida per il castello Belgioioso di San Colombano sul
Lambro, di grande interesse storico e culturale, visita al "Podere Villa Maria" , seguito da una brillante esposizione di Giorgio Creti sulla storia delle erbe spontanee e il loro utilizzo in gastronomia. Antonio Creti ha stupito tutti con un fuoco d'artificio di piatti deliziosi, rigorosamente
ispirati alle piante spontanee, peraltro esposte anche in vaso, con tanto di descrizione botanica, per una migliore comprensione della ... materia prima.

Ecco uno stralcio dell'esposizione di Giorgio Creti:

"Le erbe non piacciono soltanto ai vegetariani

In una società agricola com'era la nostra, molte piante della flora spontanea erano nemiche delle colture selezionate e per secoli l'uomo le ha combattute con la sarchiatura. Fino ad una cinquantina di anni fa, squadre di donne e ragazzi erano impegnate a primavera inoltrata in una lotta a tappeto contro il papavero, il fiordaliso, la camomilla, la visnaga e tante
altre erbe, che estirpavano per evitare che soffocassero il grano o gli altri cereali, i legumi o qualsiasi altra coltura. Per non parlare della lotta al giavone e alle altre infestanti delle risaie, che dovevano essere estirpate con i piedi nell'acqua da mattina a sera, sotto la sferza dei tafani e delle zanzare.

Negli ultimi decenni, con l'introduzione di una nuova scienza agraria, la fitosociologia, le cose sono cambiate. Partendo dal concetto che le erbe non coltivate sono malerbe e quindi dannose e da combattere, e disponendo di mezzi chimici per la loro distruzione, sono stati studiati gli aggruppamenti di specie, cioé le comunità di malerbe. Fatto questo, si è fissato un punto
di riferimento preciso per interventi erbicidi sulle colture, in modo da ottenere una più alta selezione del pro­dotto agricolo ed una sempre maggiore resa per unità di terreno coltivato.
Peraltro, alcune piante che di solito sono considerate malerbe, in
circostanze particolari possono diventare colture da difendere, da diserbare. La Brassica nigra, per fare un esempio, se da una parte è schedata come dicotiledone infestante e viene combattuta con prodotti chimici, dall'altra è coltivata selettivamente ed è una delle tante voci attive dì certe produzioni agricole. In Canada si parla di quasi 100.000 ettari destinati a questa crucifera e lo stesso discorso si può fare con gli USA, dove la preduzione di Brassica, Sinapis e Raphanus, è di poco
inferiore. Da questi semi si ricava olio alimentare e la salsa piccante conosciuta con il nome di senape.

Le erbe hanno sempre avuto una grande importanza in cucina, in quanto sin dai tempi di Apicio (1° sec. d.C.), ed anche prima, sappiamo che esse sono state impiegate nella preparazione degli alimenti umani. Se, però, la letteratura gastronomica ha tenuto conto delle erbe aromatiche, non altrettanto ha fatto per quelle che la tradizione ha sempre sfruttato come alimento base vero e proprio, in altre parole come massa alimentare per
riempire lo stomaco.

Infatti, ciò che ora sappiamo sull'impiego delle erbe come alimento, e non come aromatizzanti, è dovuto solo alla tradizione popolare, che muta molto lentamente, e non alle cronache gastronomiche; queste ultime sono sempre state scritte dai maestri della cucina, i quali avevano tutto l'interesse e la giustificata ambizione di far conoscere le proprie scoperte, il frutto delle proprie ricerche - e non ciò che già era di dominio del popolo - per
realizzare una cucina elaborata, spesso scenografica e, per certi aspetti, artistica. Ci è stata tramandata per iscritto solo la cucina dotta delle corti, non quella del popolo, anche se da quest'ultima la prima ha, segretamente, spesso tratto ispirazione. Né i ricettari dei conventi, dove pure le risorse dovevano spesso scarseggiare, sono più illuminanti.

Anche se non abbiamo ricettari scritti che ci attestino il modo di cucinarla, sappiamo che nel Medioevo a Napoli la "foglia" era sovrana, coltivata o spontanea e che i napoletani prima ancora di essere conosciuti come "mangiamaccheroni", lo erano come "mangiafoglia". Ce ne siamo dimenticati.

Dato il regime alimentare odierno si può essere indotti a pensare che in Lombardia, e non soltanto, la gente abbia sempre vissuto nell'opulenza e non abbia mai avuto problemi di nutrimento. Ciò non è vero, la Lombardia, come le altre regioni italiane, ha conosciuto anche periodi di miseria nera ed è stato proprio in tali circostanze che la gente ha imparato a sfruttare al
massimo e al meglio le risorse naturali, a volte entrando in competizione con gli animali. Nei panni del padre Cristoforo, Alessandro Manzoni, mentre attraversa i campi nei pressi del Lago di Lecco osserva e scruta la realtà storica in cui si muove il grande personaggio: paesaggio bellissmo e clima sereno; ma in piena carestia, i movimenti delle comparse fanno chiaramente presagire la grande tragedia della peste che sta per arrivare. Una pastorella fa dire al narratore: "La fanciulla scarna, tenendo per la corda al pascolo la vaccherella magra stecchita, guardava innanzi, e si chinava in fretta, a rubarle, per cibo della famiglia, qualche erba, di cui la fame aveva insegnato che anche gli uomini potevan vivere."

Ecco, probabilmente, come sono nati tanti piatti rustici, proprio dalla necessità di sopravvivere. La fantasia poi ha fatto il resto e noi oggi ci troviamo a beneficiare di un utilissismo patrimonio culturale accumulato col tempo e tramandato oralmente.

Non è il caso di parlare qui dell'utilità delle verdure nella dieta di tutti i giorni, ce lo racconta il nostro medico e ce lo illustrano le numerose rubriche di dietetica sia televisive che della carta stampata. Chiariamo, invece, che le erbe, le verdure, non sono cibo di esclusivo consumo dei vegetariani."


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